Messaggio di fine anno del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano
"Buona sera a voi che siete in ascolto.
Nel rivolgervi, mentre sta per concludersi il 2009, il più
cordiale e affettuoso augurio, vorrei provarmi a condividere con voi
qualche riflessione sul difficile periodo che abbiamo vissuto e su quel
che ci attende. Un anno fa, molto forte era la nostra preoccupazione
per la crisi finanziaria ed economica da cui tutto il mondo era stato
investito. La questione non riguardava solo l'Italia, ma avevamo motivi
particolari di inquietudine per il nostro paese.
Oggi, a un anno di distanza, possiamo dire che un grande sforzo
è stato compiuto e che risultati importanti sono stati raggiunti
al livello mondiale: non era mai accaduto nel passato, in situazioni
simili, che i rappresentanti degli Stati più importanti, di
tutti i continenti, si incontrassero così di frequente,
discutessero e lavorassero insieme per cercare delle vie d'uscita nel
comune interesse, e per concordare le decisioni necessarie. Proprio
questo è invece accaduto nel corso dell'ultimo anno. L'Italia -
sempre restando ancorata all'Europa - ha dato il suo apprezzato
contributo, con il grande incontro del luglio scorso a L'Aquila, e ha
per suo conto compiuto un serio sforzo.
Dico questo, vedete, guardando a quel che si è mosso nel
profondo del nostro paese. Perché, lo so bene, abbiamo vissuto
mesi molto agitati sul piano politico, ma ciò non deve impedirci
di vedere come si sia operato in concreto da parte di tutte le
istituzioni, realizzandosi, nonostante i forti contrasti, anche momenti
di impegno comune e di positiva convergenza. Nello stesso tempo, nel
tessuto più ampio e profondo della società si è
reagito alla crisi con intelligenza, duttilità, senso di
responsabilità, da parte delle imprese, delle famiglie, del
mondo del lavoro.
Perciò guardiamo con fiducia, con più fiducia del 31 dicembre scorso, al nuovo anno.
Non posso tuttavia fare a meno di parlare del prezzo che da noi, in
Italia, si è pagato alla crisi e di quello che ancora si rischia
di pagare, specialmente in termini sociali e umani.C'è stata una
pesante caduta della produzione e dei consumi ; ce ne stiamo
sollevando; si è confermata la vocazione e intraprendenza
industriale dell'Italia; ma ci sono state aziende, soprattutto piccole
e medie imprese, che hanno subito colpi non lievi; e a rischio, nel
2010, è soprattutto l'occupazione. Si è fatto non poco
per salvaguardare il capitale umano, per mantenere al lavoro forze
preziose anche nelle aziende in difficoltà, e si è
allargata la rete delle misure di protezione e di sostegno; ma hanno
pagato, in centinaia di migliaia, i lavoratori a tempo determinato i
cui contratti non sono stati rinnovati e le cui tutele sono rimaste
deboli o inesistenti; e indubbia è oggi la tendenza a un aumento
della disoccupazione, soprattutto di quella giovanile.
Vengono così in primo piano antiche contraddizioni,
caratteristiche dell'economia e della società italiana. Dissi da
questi schermi un anno fa: affrontiamo la crisi come grande prova e
occasione per aprire al Paese nuove prospettive di sviluppo, facendo i
conti con le insufficienze e i problemi che ci portiamo dietro da
troppo tempo - dalla crisi deve e può uscire un'Italia
più giusta. Ebbene, questo è il discorso che resta ancora
interamente aperto, questo è l'impegno di fondo che dobbiamo
assumere insieme noi italiani.
Ma come riuscirvi? Guardando con coraggio alla realtà nei suoi
aspetti più critici, ponendo mano a quelle riforme e a quelle
scelte che non possono più essere rinviate, e facendoci guidare
da grandi valori: solidarietà umana, coesione sociale,
unità nazionale.
Parto dalla realtà delle famiglie che hanno avuto maggiori
problemi: le coppie con più figli minori, le famiglie con
anziani, le famiglie in cui solo una persona è occupata ed
è un operaio. Le indagini condotte anche in Parlamento ci dicono
che nel confronto internazionale elevato è in Italia il livello
della disuguaglianza e della povertà. Le retribuzioni dei
lavoratori dipendenti hanno continuato ad essere penalizzate da un'alta
pressione fiscale e contributiva; più basso è il reddito
delle famiglie in cui ci sono occupati in impieghi "atipici", comunque
temporanei.
Le condizioni più critiche si riscontrano nel Mezzogiorno e tra
i giovani. Sono queste le questioni che richiedono di essere poste al
centro dell'attenzione politica e sociale, e quindi dell'azione
pubblica. L'economia italiana deve crescere di più e meglio che
negli ultimi quindici anni: ecco il nostro obbiettivo fondamentale. E
perché cresca in modo più sostenuto l'Italia, deve
crescere il Mezzogiorno, molto più fortemente il Mezzogiorno.
Solo così, crescendo tutta insieme l'Italia, si può dare
una risposta ai giovani che s'interrogano sul loro futuro.
C'è una cosa che non ci possiamo permettere: correre il rischio
che i giovani si scoraggino, non vedano la possibilità di
realizzarsi, di avere un'occupazione e una vita degna nel loro, nel
nostro paese. Ci sono nelle nuove generazioni riserve magnifiche di
energia, di talento, di volontà : ci credo non retoricamente, ma
perché ho visto di persona come si manifestino in concreto
quando se ne creino le condizioni.
Ho visto la motivazione, ho visto la passione di giovani, tra i quali
molte donne, che quest'anno mi è accaduto di incontrare nei
laboratori di ricerca; la motivazione e l'orgoglio dei giovani
specializzati che sono il punto di forza di aziende di alta tecnologia
; la passione e l'impegno che si esprimono nelle giovani orchestre
concepite e guidate da generosi maestri. E penso alla motivazione e
alla qualità dei giovani che si preparano alle selezioni
più difficili per entrare in carriere pubbliche come la
magistratura. Certo, sono queste le energie giovanili che hanno potuto
prendere le strade migliori ; e tante sono purtroppo quelle che ancora
si dibattono in una ricerca vana. Ma ho fiducia nell'insieme delle
nuove generazioni che stanno crescendo ; a tutti i giovani la
società e i poteri pubblici debbono dare delle occasioni, e in
primo luogo debbono garantire l'opportunità decisiva di formarsi
grazie a un sistema di istruzione più moderno ed efficiente,
capace di far emergere i talenti e di premiare il merito.
Più crescita, più sviluppo nel Mezzogiorno, più
futuro per i giovani, più equità sociale. Sappiamo che a
tal fine ci sono riforme e scelte da non rinviare : proprio negli
scorsi giorni il governo ne ha annunciato due su temi molto
impegnativi, la riforma degli ammortizzatori sociali e la riforma
fiscale. La prima è chiamata in particolare a dare finalmente
risposte di sicurezza e tutela a coloro che lavorano in condizioni di
estrema flessibilità e precarietà. La riforma annunciata
per il fisco, è poi assolutamente cruciale; in quel campo,
è vero, non si può più procedere con "rattoppi",
vanno presentate e dibattute un'analisi e una proposta d'insieme. E in
quel dibattito si misurerà anche una rinnovata presa di
coscienza del problema durissimo del debito dello Stato. Intanto, il
Parlamento si è impegnato a riordinare la finanza pubblica con
la legge sul federalismo fiscale e a regolarla con un nuovo sistema di
leggi e procedure di bilancio. Due riforme già votate, su cui il
Parlamento è stato largamente unito.
E vengo alle riforme istituzionali, e alla riforma della giustizia,
delle quali tanto si parla. Ho detto più volte quale sia il mio
pensiero; sulla base di valutazioni ispirate solo all'interesse
generale, ho sostenuto che anche queste riforme non possono essere
ancora tenute in sospeso, perché da esse dipende un più
efficace funzionamento dello Stato al servizio dei cittadini e dello
sviluppo del paese. Esse dunque non sono seconde alle riforme
economiche e sociali e non possono essere bloccate da un clima di
sospetto tra le forze politiche, e da opposte pregiudiziali. La
Costituzione può essere rivista - come d'altronde si propone da
diverse sponde politiche - nella sua Seconda Parte. Può essere
modificata, secondo le procedure che essa stessa prevede. L'essenziale
è che - in un rinnovato ancoraggio a quei principi che sono la
base del nostro stare insieme come nazione - siano sempre garantiti
equilibri fondamentali tra governo e Parlamento, tra potere esecutivo,
potere legislativo e istituzioni di garanzia, e che ci siano regole in
cui debbano riconoscersi gli schieramenti sia di governo sia di
opposizione.
Ho consigliato misura, realismo e ricerca dell'intesa, per giungere a
una condivisione quanto più larga possibile, come ha di recente
e concordemente suggerito anche il Senato. Voglio esprimere fiducia che
in questo senso si andrà avanti, che non ci si bloccherà
in sterili recriminazioni e contrapposizioni.
Il nuovo slancio di cui ha bisogno l'Italia, per andare oltre la crisi,
verso un futuro più sicuro, richiede riforme, richiede
convinzione e partecipazione diffuse in tutte le sfere sociali,
richiede recupero di valori condivisi. Valori di solidarietà: e
il paese, in effetti, se ne è mostrato ricco in quest'anno
segnato da eventi tragici e dolorosi, da ultimo sconvolgenti alluvioni.
Se ne è mostrato ricco stringendosi con animo fraterno alle
popolazioni dell'Aquila e dell'Abruzzo colpite dal terremoto, o
raccogliendosi commosso attorno alle famiglie dei caduti in Afganistan,
e come sempre impegnandosi generosamente in molte buone cause, quelle
del volontariato, della fattiva e affettuosa vicinanza ai portatori di
handicap, ai più poveri, agli anziani soli, e del sostegno alla
lotta contro le malattie più insidiose di cui soffrono anche
tanti bambini.
E' necessario essere vicini a tutte le realtà in cui si soffre
anche perché ci si sente privati di diritti elementari : penso
ai detenuti in carceri terribilmente sovraffollate, nelle quali non si
vive decentemente, si è esposti ad abusi e rischi, e di certo
non ci si rieduca.
Solidarietà significa anche comprensione e accoglienza verso gli
stranieri che vengono in Italia, nei modi e nei limiti stabiliti, per
svolgere un onesto lavoro o per trovare rifugio da guerre e da
persecuzioni: le politiche volte ad affermare la legalità, e a
garantire la sicurezza, pur nella loro severità, non possono far
abbassare la guardia contro razzismo e xenofobia, non possono essere
fraintese e prese a pretesto da chi nega ogni spirito di accoglienza
con odiose preclusioni. Anche su questo versante va tutelata la
coesione, e la qualità civile, della società italiana.
Qualità civile, qualità della vita: aspetti, questi, da
considerare essenziali per valutare la condizione di una
società, il benessere e il progresso umano. Contano sempre di
più fattori non solo di ordine materiale ma di ordine morale,
che danno senso alla vita delle persone e della collettività e
ne costituiscono il tessuto connettivo.
E' necessario che si riscoprano e si riaffermino valori troppo
largamente ignorati e negati negli ultimi tempi. Più rispetto
dei propri doveri verso la comunità, più sobrietà
negli stili di vita, più attenzione e fraternità nei
rapporti con gli altri, rifiuto intransigente della violenza e di ogni
altra suggestione fatale che si insinua tra i giovani.
Considero importante il fatto che nel richiamo alla solidarietà
e ai valori morali incontriamo la voce e l'impegno di religiosi e di
laici, della Chiesa e del mondo cattolico. Così come nel
discorso su una nuova concezione dello sviluppo - che tenga conto delle
lezioni della crisi recente e dell'allarme per il clima e per
l'ambiente - ritroviamo l'ispirazione e il pensiero del Pontefice. Vedo
egualmente sentita da quel mondo l'esigenza dell'unità della
nazione italiana.
In realtà, non è vero che il nostro paese sia diviso su
tutto : esso è più unito di quanto appaia se si guarda
solo alle tensioni della politica. Tensioni che è mio dovere
sforzarmi di attenuare. E' uno sforzo che mi auguro possa dare dei
frutti, come è sembrato dinanzi a un episodio grave, quello
dell'aggressione al Presidente del Consiglio: si dovrebbero ormai, da
parte di tutti, contenere anche nel linguaggio pericolose esasperazioni
polemiche, si dovrebbe contribuire a un ritorno di lucidità e di
misura nel confronto politico.
Io posso assicurarvi che sono deciso a perseverare nel mio impegno per
una maggiore unità della nazione: un impegno che richiede ancora
tempo e pazienza, ma da cui non desisterò.
Anche perché nulla è per me come Presidente di tutti gli
italiani più confortante che contribuire alla serenità di
tutti voi. Mi hanno toccato le parole del comandante di un contingente
dei nostri cari militari impegnati in missioni all'estero. Mi ha detto
- dieci giorni fa in videoconferenza per gli auguri di Natale - che lui
e i suoi "ragazzi" traggono serenità dai miei messaggi quando
gli giungono attraverso la televisione.
Sì, hanno bisogno di maggiore serenità tutti i cittadini
in tempi difficili come quelli attuali, lavoratori, disoccupati,
giovani alle prese con problemi assillanti, quanti sono all'opera per
rilanciare la nostra economia, e quanti servono con scrupolo lo Stato,
in particolare le forze armate chiamate a tutelare la pace e la
stabilità internazionale, o le forze dell'ordine che combattono
con crescente successo le organizzazioni criminali.
E a questo bisogno debbono corrispondere tutti coloro che hanno
responsabilità elevate nella politica e nella società.
Serenità e speranza sento di potervi trasmettere oggi. Speranza
guardando all'Italia che ha mostrato di volere e saper reagire alle
difficoltà. Speranza guardando al mondo, per quanto turbato e
sconvolto da conflitti e minacce, tra le quali si rinnova, sempre
inquietante, quella del terrorismo. Speranza perché nuove luci
per il nostro comune futuro sono venute dall'America e dal suo giovane
Presidente, sono venute da tutti i paesi che si sono impegnati in un
grande processo di cooperazione e riconciliazione, sono venute dalla
nostra Europa, che ha scelto di rafforzare, con nuove istituzioni, la
sua unità e rilanciare il suo ruolo, offrendo l'esempio della
nostra pace nella libertà.
Questo è il mio messaggio e il mio augurio per il 2010, a voi
italiane e italiani di ogni generazione e provenienza che salutate il
nuovo anno con coloro che vi sono cari o lo salutate lontano
dall'Italia ma con l'Italia nel cuore.
Ancora buon anno a tutti".