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Di nuovo in evidenza dopo l'assalto alla Fredom Flotilla
31 maggio 2010 da repubblica.it

08:46    La Difesa israeliana: "Pacifisti hanno opposto resistenza, soldati feriti"

"Durante l'operazione i soldati israeliani hanno fronteggiato dure violenze fisiche - si legge in un comunicato della Difesa israeliana - Alcuni passeggeri hanno utilizzato coltelli e hanno tentato di strappare l'arma a uno dei soldati. Di fronte alla necessità di difendere la propria vita, i soldati hanno impiegato dei mezzi anti-sommossa e hanno aperto il fuoco. Questi scontri hanno provocato diversi morti e feriti tra i passeggeri. Almeno quattro soldati sono stati feriti, di cui uno da un colpo d'arma da fuoco, e sono stati trasferiti in ospedali israeliani"
 


Ultimo inserimento in questa pagina: 22 gennaio 2009
 Raccolta di notizie e commenti dal 26 aprile 2006
 


17 luglio 2006
 
Dopo settimane di carneficine e di bombardamenti a tappeto per radere al suolo obiettivi civili palestinesi e libanesi compiuti dall'esercito israeliano, per il Presidente del Consiglio Prodi c'è un solo modo per avviare la soluzione della crisi: "prima di tutto rimuovere la presenza di Hezbollah armati nel Sud del Libano".
E come se il prima non contasse per giudicare il dopo, per il Ministro degli Interni Amato "Sbaglia chi vede in Hamas, in Hezbollah, pazzi estremisti, fanatici incapaci di intendere e volere. Al contrario è un piano coordinato, davanti a cui noi, il governo e la sinistra, non possiamo non vedere. Tutto è stato calcolato per scatenare la reazione di Israele e isolare le voci moderate in Palestina e in Libano".

Contro quindi l'evidenza, si dà voce al solito "giustificazionismo": Israele è stata provocata e  questa provocazione altro non è che un piano studiato ad arte per distruggere Israele. Per questo motivo, non si può chiedere ad Israele di sospendere quelle che sono delle vere e proprie rappresaglie naziste contro le popolazioni civili  se prima non vengono soddisfatte determinate condizioni.

Condizioni, condizioni e ancora condizioni. Sono anni che per la soluzione palestinese vengono poste condizioni a chi subisce l'occupazione e mai nei confronti dell'occupante.
 
Ma prima che degli Hezbollah nessuna si ricordava più (perché è bene ricordarlo: Israele sta radendo al suolo l'intero Libano come risposta ad un'azione militare compiuta dagli Hezbollah contro obiettivi militari israeliani), qual era la condizione da soddisfare per fermare il massacro dei Palestinesi nella striscia di Gaza?
E prima che la resistenza palestinese catturasse il soldato israeliano (ed è bene ricordare anche questo: la striscia di Gaza è stata posta sotto assedio e rasa al suolo come risposta ad un'azione della resistenza palestinese contro un obiettivo militare israeliano), qual era la condizione da soddisfare per fermare il decennale massacro di un intero popolo, derubato della propria terra e costretto a vivere in stato permanente di occupazione?

A questo punto, ogni pur minima forma di comprensione non può più essere consentita.

La natura dello stato di Israele è razzista e, come tutti i razzismi, è in grado soltanto di produrre frutti avvelenati.
Israele va fermata e va posta di fronte alle proprie responsabilità, perché non può esservi nessuna giustificazione in grado di farci tollerare forme nuove di nazismo.
26 aprile 2006  
25 aprile: il razzismo ipocrita di chi condanna chi brucia la bandiera israeliana
   
    Franco Ragusa  
   
"Da ebreo e israeliano ieri mi sono colmato di vergogna e di rabbia alla vista del barbaro comportamento dei fascisti della sinistra estremista" ha protestato l’ambasciatore israeliano Ehud Gol per le bandiere israeliane bruciate a Milano durante la manifestazione del 25 aprile.  
Ebreo e Israeliano come sinonimi per una stessa identità, quindi, come se non potesse esservi un ebreo che non sia anche israeliano. O meglio: come se non potesse esservi un ebreo che non sia anche sionista.  
Se così fosse, e così sembra che sia visto lo sdegno e le accuse di antisemitismo (Israele=ebrei) che sono arrivate da tutte le parti, da Fini a Bertinotti, siamo di fronte ad una eccezionalità che capovolge tutte le nostre convinzioni.  
C'è infatti un solo Stato al mondo che non subisce sanzioni e neanche la pur minima critica pur avendo a proprio fondamento giuridico l'appartenenza religiosa. E questo anche quando il fondamento giuridico-religioso arriva al punto di negare il sacrosanto diritto al ritorno dei profughi palestinesi, per altro sancito con tanto di risoluzioni dell'Onu che sono lì a testimoniare l'illegalità mai sanata.  
Succedesse una cosa simile in qualsiasi altra parte del mondo potrebbe pure scapparci una "guerra intelligente". Per Israele NO!  

Quando è Israele a trovarsi sul banco degli imputati della comunità internazionale "Occorre ricercare una soluzione sul diritto al ritorno che non sia incompatibile col mantenere a Israele il carattere di uno Stato ebraico, ed è quindi evidente che non potrà esserci il ritorno in massa di milioni di rifugiati palestinesi perché questo stravolgerebbe la composizione demografica dello Stato d'Israele e gli ebrei non lo accetteranno mai" (Piero Fassino, Unità on line 24/05/2005).   
Ecco quindi che l'idea "padana" alla Calderoni o alla Borghezio di uno "stato puro" che non può e non deve essere contaminato con la presenza di elementi "diversi" viene ampiamente tollerata e, anzi, esaltata.  
Il fondamento giuridico-religioso non costituisce più una pericolosa forma di esclusione e di discriminazione, bensì una legittima rivendicazione.  
E se per mantenere "puro" lo Stato ebraico qualche altro diritto verrà calpestato, guai ad usare l'aggettivo "sionista" per definire la politica di esclusione e di occupazione sino ad oggi perseguita da Israele.  
Perché "il sionismo vuol dire semplicemente che gli ebrei chiedono il diritto di avere uno stato ebraico, e dopo tutto quello che hanno passato..." è la risposta data da Gad Lerner ad una ascoltatrice di "Radio anch'io" (puntata del 26/04/2006) che si chiedeva per quale motivo si diventa antisemiti nel criticare l'occupazione "sionista" dei territori.  
Una risposta che non ammette confronto ma che, al tempo stesso, costituisce un'ammissione di colpa.  
La colpa di chi, ipocritamente, non vede nel sionismo il germe del razzismo che dichiarazioni come quelle di Fassino e Lerner confermano esservi.  
La colpa di chi, ipocritamente, usa l'olocausto per giustificare l'affermazione di una cultura dello Stato che separa e discrimina anziché unire.  
La colpa di chi, ipocritamente, a distanza di 60 anni continua ad usare la storia come se fosse una bilancia attraverso la quale autolegittimarsi per poter fare agli altri ciò che si è subito.  
La colpa di chi, ipocritamente, mentre festeggia il 25 aprile e la Resistenza al nazifascismo, pretende di negare lo stesso diritto, la Resistenza, ad popolo, quello palestinese, cacciato dalle proprie terre, sotto stato di occupazione permanente e con l'unica aspirazione di morire da martire piuttosto che di fame o per mano israeliana.

 


La Croce Rossa: a Gaza 100 mila profughi, 400 mila senz'acqua
22 gennaio 2009
http://www.unita.it/...mila_profughi_mila_senzacqua

Grido d'allarme sull'emergenza Gaza da parte dalla Croce Rossa. Al momento 400 mila persone sono senz'acqua nella Striscia di Gaza. Mentre i profughi, successivi all'offensiva israeliana, sono stimati in 70-100 mila. Lo rende noto il commissario straordinario della Croce Rossa Italiana, Francesco Rocca, che si trova sul luogo in missione umanitaria, riferendo le ultime cifre dell'emergenza palestinese.

In queste ore gli organismi umanitari stanno facendo le valutazioni delle emergenze - ha spiegato Rocca - per mettere a punto un piano coordinato. Ad esempio, per quanto riguarda profughi, c'è da capire se si tratta di persone che sono fuggite per paura oppure se hanno le abitazioni distrutte.

La mancanza d'acqua, rilevata su un'area a macchia di leopardo nei territori palestinesi - ha aggiunto - apre problemi igienico sanitari non indifferenti. Ciò che è chiaro è che «c'è bisogno di intervenire senza perdere un minuto ma con razionalità». Non è escluso che la Cri invii potabilizzatori d'acqua e cucine da campo nei prossimi giorni.

La decisione sarà presa solo su richiesta della Mezzaluna Rossa Palestinese e consorella israeliana, la Magen David Adom, che a breve faranno il punto sugli aiuti in un incontro con le agenzie umanitarie dell'Onu.

Rocca - che rientra oggi in Italia, ed ha incontrato in questi giorni i responsabili delle consorelle israeliano-palestinesi per dar vita ad una collaborazione più intensa nella Striscia di Gaza - ha precisato che un punto sugli aiuti «è necessario proprio per evitare che si facciano sforzi inutili. Qui la crisi è severa e le risorse vanno raccordate.

Ho dato la mia disponibilità per i potabilizzatori e le cucine da campo sui quali abbiamo un'importante esperienza e che riteniamo particolarmente utili».

 
Riforme Istituzionali aderisce alla manifestazione del 17 gennaio 2009 a Roma

Fermiamo il massacro dei palestinesi a Gaza
Basta con l'impunità del terrorismo di stato israeliano
Rompere ogni complicità politica, militare, economica tra lo stato italiano e Israele
Le bombe uccidono le persone, l'informazione manipolata uccide le coscienze

Sabato 17 gennaio - Manifestazione nazionale a Roma

Per informazioni: www.forumpalestina.org

 
Colpita una scuola dell'Onu a Gaza:
sei morti, tra cui una donna e un bambino

17 gennaio 2008
http://www.corriere.it/esteri/09_ge...bc.shtml

E' la quarta volta che viene centrata una sede delle Nazioni Unite

L'edificio era pieno di profughi. sono rimaste ferite altre 11 persone e in alcune aule è divampato un incendio

GAZA - Un attacco isareliano ha fatto almeno sei morti in una scuola gestita dall'Onu nel nord della Striscia di Gaza. Tra le vittime ci sono una donna e un bambino. Nell'attacco contro l'edificio di Beit Lahiya, che era pieno di profughi, sono rimaste ferite altre 11 persone e in alcune aule è divampato un incendio. Attorno alla scuola erano in corso combattimenti tra i tank israeliani e i miliziani di Hamas. Un portavoce dell'esercito dello Stato ebraico ha riferito che sta verificando la notizia sul numero delle vittime nella scuola. L'attacco è arrivato a poche ore dalla riunione del gabinetto di sicurezza israeliano che oggi dovrebbe approvare un cessate il fuoco unilaterale dopo l'impegno di Washington e del Cairo a fermare il contrabbando delle armi dal confine egiziano.
È la quarta volta che il fuoco israeliano colpisce una scuola gestita dall'Unrwa, l'agenzia dell'Onu per i profughi palestinesi, nelle tre settimane dell'offensiva Piombo fuso. Il 6 gennaio 43 persone erano rimaste uccise nell'attacco di un tank contro una scuola di Jabaliya, nel nord della Striscia. «È una nuova dimostrazione che della fatto tragico che non ci sono posti sicuri a Gaza», ha commentato un portavoce dell'Unrwa, Christopher Gunness, «neppure una struttura dell'Onu lo è, non c'è un posto per fuggire».

ANCORA 50 RAID NELLA STRISCIA DI GAZA - In altre zone della Striscia di Gaza sono quattro i palestinesi morti negli oltre 50 raid israeliani: tra le vittime anche un bambino di due anni. Presi di mira i tunnel da cui transitano armi, postazioni per il lancio di razzi e luoghi in cui si sospetta vi fossero arsenali nascosti, tra cui una moschea.
Gli obiettivi "mirati" di Israele

Gli obiettivi "mirati" di Israele

Gli obiettivi "mirati" di Israele


Gaza vicina a mille morti. Israele: anche fosforo nelle bombe

di Rachele Gonnelli
12 gennaio 2009
http://www.unita.it/...=75070

«Sono bombe fumogene, ma un pò di fosforo nelle munizioni c'è». È questa la prima ammissione, arrivata lunedì da una fonte israeliana citata dalla Radio svizzera italiana, sull’uso di bombe al fosforo bianco. La fonte non ha fornito informazioni sulla quantità di fosforo bianco presente nelle munizioni usate da Israele.
Il direttore dell'ospedale Dar al-Shifa di Gaza, il dottor Hussein Ashour, ha assicurato che la natura delle ferite riscontrate sui corpi di alcuni morti e feriti che vengono ricoverati nel suo ospedale non sono di tipo "tradizionale". Secondo il dottor Ashour, un suo collega norvegese - Dagfinn Bjorklid - impegnato nello stesso ospedale, e che in precedenza aveva lavorato in Iraq, gli avrebbe confidato che, a suo parere, le ferite riportate dai pazienti ricoverati dimostrerebbero chiarametne come l'esplosivo utilizzato in questi giorni da Israele negli attacchi su Gaza contengano sostanze cancerogene. Bombe "sporche", armi chimiche proibite dalla Convenzione di Ginevra contro la popolazione, come il fosforo bianco.

Domenica anche l'organizzazione umanitaria “Human Rights Watch” ha accusato le forze israeliane di avere fatto uso di munizioni al fosforo bianco. Hrw ha denunciato, nel suo rapporto, che l'uso del fosforo bianco è stato accertato dai suoi ricercatori nel corso dei bombardamenti del 9 e 10 gennaio scorso su alcuni quartieri di Gaza, come il campo profughi di Jabaliya.

La città di Gaza ha vissuto una notte che non ha avuto precedenti neppure in queste due settimane di aggressione israeliana, iniziata il 27 dicembre scorso: i bombardamenti sono stati incessanti, con aerei cacciabombardieri F16, elicotteri d'assalto "Apache", aerei senza pilota – i droni -, artiglieria pesante da campagna e cannoni navali. E domenica nel cielo di Gaza e Jabalya sono tornate anche le strisciate nel cielo delle caratteristiche bombe al fosforo bianco simili a macabri fuochi d’artificio. Le truppe, alle quali sono stati affiancati anche i riservisti da ieri, sembra stiano sferrando l’ultima accelerata per penetrare nel centro di Gaza dove si sono rifugiati gli abitanti in fuga dai quartieri più periferici.

Gli aerei israeliani hanno lanciato migliaia di volantini sulle strade di Gaza City per avvertire che le case devono essere abbandonate perchè potrebbero essere bersagliate dalle bombe, ma gli abitanti non possono fuggire in nessun altro luogo e il centro di Gaza City rischia di diventare una trappola per topi e il bagno di sangue finale.
Secondo il dottor Mouawiya Hassanein, i morti lunedì sono già 905 dopo il decesso di 15 palestinesi in mattinata. Tra le vittime, ha detto il medico, ci sono 277 bambini, 95 donne e 92 anziani. Inoltre gli attacchi israeliani, cominciati il 27 dicembre, hanno provocato il ferimento di 3.950 palestinesi.

Durante la pioggia di bombe di domenica sulla frontiera con la Striscia di Gaza alla ricerca dei tunnel nei quali passano rifornimenti e munizioni per Hamas sono rimasti feriti anche due ufficiali delle forze di sicurezza egiziane che si trovavano presso la linea di confine. I due ufficiali sarebbero rimasti colpiti dalle schegge di alcuni missili impiegato nel bombardamento effettuato dalle forze israeliane lungo il versante palestinese del confine. Il bombardamento ha anche causato il ferimento di due bambini egiziani: una bambina di 5 anni, Fatima Attiya, ed un bimbo di 2, Muhammad Galal: entrambi vivono nella città egiziana di Rafah (tagliata a metà dalla linea di confine, ndr) ed inoltre ha danneggiato numerose abitazioni; gli obiettivi del bombardamento israeliano erano a soli 400 metri dal confine egiziano. Lo riferiscono i giornali egiziani.

L'organizzazione fondamentalista egiziana dei Fratelli Musulmani – semilegale in Egitto e “organizzazione madre” di Hamas - ha chiesto alla Corte penale internazionale di processare il governo israeliano per crimini di guerra. Il movimento radicale ha inoltre invitato i giuristi arabi e islamici e le associazioni internazionali di avvocati a mobilitarsi per far processare Israele per aver violato tutte le convenzioni internazionali sui conflitti e la protezione dei civili.

Ma anche il governo del Marocco ha condannato con fermezza la guerra israeliana nella Striscia di Gaza, in un messaggio indirizzato al Consiglio dei Diritti Umani a Ginevra, durante la sua nona sessione straordinaria sulla situazione a Gaza. Rabat ha denunciato l'uso sproporzionato della forza da parte di Israele e ha espresso la sua solidarietà ai civili di Gaza.

Dopo i razzi partiti dal territorio libanese contro Israele nei giorni scorsi, l'esercito israeliano ha denunciato che le sue truppe dislocate nelle Alture del Golan avrebbero subito ieri il tiro di armi leggere proveniente dalla Siria, ma senza che si registrassero feriti. L'incidente è stato subito riferito al contingente Onu schierato sulla linea dell'armistizio sin dal termine della Guerra del Kippur del 1973.

L'uccisione di civili e di bambini, è la convinzione di Massimo D'Alema in una intervista di lunedì a Redtv, «avrà un enorme peso politico perchè quello che sta accadendo a Gaza dal punto di vista del fondamentalismo è uno straordinario incoraggiamento ad una campagna di reclutamento in una logica di un guerra santa all'Occidente». L'ex vice premier ribadisce la sua «avversione contro il fondamentalismo di Hamas» ma «il problema non è Hamas perchè noi non siamo alleati di Hamas. Il problema è cosa fa l'Europa, gli Stati Uniti e Israele per non fare il gioco del fondamentalismo che uscirà rafforzato mentre saranno indebolite le leadership moderate».
«Guerra contro Hamas è un'espressione partigiana dell'esercito israeliano – ha detto l’ex ministro degli esteri italiano - Si tratta di una vera e propria spedizione punitiva dove sono stati uccisi già circa 300 bambini. Come si combatte il fondamentalismo? Con il massacro di bambini il fondamentalismo si rafforza».

Lunedì in Egitto prosegue la mediazione triangolare tra Hamas e Israele con per intermediario Omar Suleiman, capo dei servizi segreti egiziani.
Il governo egiziano ritiene che sianoi stati compiuti progressi nei colloqui con Hamas, secondo quanto riferito dall'agenzia ufficiale Mena. In particolare viene definito «positivo» l'incontro tra il capo dei servizi segreti egiziani, Omar Suleiman, e la delegazione di Hamas al Cairo. L’agenzia Mena cita fonti del governo. Suleiman nell'incontro di ieri ha ribadito i punti chiave della
proposta avanzata dal presidente egiziano Hosny Mubarak: immediato cessate il fuoco, nuova tregua con Israele e riconciliazione tra Hamas e Fatah, il movimento del presidente di Anp Mahmoud Abbas. Dovrebbero proseguire oggi i colloqui al Cairo tra Suleiman e la delegazione di Hamas guidata da Emad al-Alami e da Mohammed Nasr.



In 110 ammassati in una casa e bombardati
l'Onu denuncia il massacro di 30 civili
9 gennaio 2009
http://www.repubblica.it/2009/01/.../strage-casa.html

Tra le vittime nel sud della Striscia intere famiglie, molti bambini - "Ci avevano detto di restare chiusi dentro per la nostra sicurezza"
Il racconto di un ragazzo sopravvissuto, che ha perso madre e fratelli. Nel quartiere almeno 50 morti, si scava tra le macerie

GAZA - "Abu Salah è morto, sua moglie è morta. Abu Tawfiq è morto, suo figlio è morto e anche sua moglie. Mohammed Ibrahim è morto, e sua madre è morta. Ishaq e Nasar sono morti. Tanta gente è morta". Ahmed Ibrahim Samouni ha tredici anni è quel che gli tocca raccontare è un massacro, la distruzione di gran parte della sua stessa famiglia e di altre decine di persone che come lui sono rimasti 24 ore chiusi in una casa che doveva essere il loro rifugio ed è diventata una trappola.
Ammassati in casa e poi bombardati. Sono morti così almeno una trentina di palestinesi in un'unica casa a Zeitoun, quartiere a sud di Gaza City. "Uno dei più gravi episodi dall'inizio delle operazioni", denunciano le Nazioni Unite. Le vittime del bombardamento del quartiere arriverebbero almeno a cinquanta. Tra le macerie si cercano ancora decine di dispersi, secondo i soccorritori il bilancio è destinato a salire.

Il 4 gennaio scorso, raccontano testimoni oculari citati dal Coordinamento degli Affari umanitari dell'Onu (Ocha), centodieci persone, oltre la metà bambini, sono stati radunati in un edificio a un piano dai militari dell'esercito israeliano.
Da un giorno l'esercito era penetrato via terra, e sono stati proprio i soldati a raccomandare ai civili di restare chiusi dentro "per la loro stessa sicurezza". Il giorno dopo, la casa è stata sottoposta a un violento bombardamento. Tra le vittime, sedici membri della famiglia Samouni, sette donne, tre bambini e tre uomini. Sono stati i sopravvissuti della famiglia a ricostruire l'accaduto con le agenzie dell'Onu e i volontari di B'Tselem, l'organizzazione per la difesa dei diritti umani israeliana.
Due membri della famiglia hanno raccontato che domenica mattina, dopo i pesanti bombardamenti della notte, decine di loro parenti erano stati riuniti dai militari e gli era stato ordinato di rimanere chiusi in casa mentre erano in corso perquisizioni porta a porta. Ahamad Talal Samouni, 23 anni, ha raccontato che la famiglia era stata riunita dai soldati armati nella casa di cemento appartenente a uno dei membri del clan. "I soldati ci hanno detto di non uscire. Avevamo fame. Non c'era latte per i bambini, medicine per i piccoli che stavano male".

Poco prima dell'alba di lunedì, tre uomini della famiglia hanno deciso di lasciare la casa per andare a prendere altri parenti e portarli dentro, ha raccontato Meysa Samouni, 19 anni, a B'Tselem. Mentre stavano per uscire un colpo d'artiglieria ha centrato l'ingresso, uccidendo uno di loro. Subito dopo una grande esplosione ha devastato il tetto e fatto tremare tutto l'edificio. Lei è caduta a terra, coprendo sua figlia con il corpo. "Tutto era coperto di polvere e fumo. Sentivo gridare e piangere. Quando il fumo si è diradato ho visto decine di corpi, almeno trenta, e una ventina di feriti". Sua figlia aveva perso tre dita di una mano. Lei e sua figlia sono state soccorse dai soldati, medicate e fatte uscire di casa. Ma mentre usciva ha visto che i soldati avevano già occupato la casa e avevano bendato e legato una trentina di uomini.

Wael Samouni, che nel bombardamento ha perso tre figli piccoli, ha raccontato ai funzionari dell'Onu la dinamica dell'episodio. Con i giornalisti della Reuters ha parlato suo figlio tredicenne, Ahmed Ibrahim, dal letto di ospedale dove è ricoverato per le ferite. Un racconto chiaro e agghiacciante, che esce con voce flebile, e comincia dal giorno prima, da quel che successe in casa loro. "Dormivamo tutti in una stanza", ricorda. "Eravamo tutti addormentati quando i carri armati e gli aeroplani hanno cominciato a colpire. Un proiettile ha raggiunto la nostra casa, grazie a dio non siamo rimasti feriti. Siamo corsi fuori e c'erano quindici uomini... Atterravano dagli elicotteri sui tetti delle case". I soldati, racconta Ahmed, percuotevano le persone e le costringevano a entrare tutti in una casa.
Il giorno dopo la casa è stata bombardata, la madre di Ahmed è morta, con tre suoi fratelli. Ahmed ha cercato di tenere in vita i suoi tre fratellini più piccoli e di aiutare i feriti che giacevano in mezzo ai cadaveri. "Non c'era acqua, non c'era pane, niente da mangiare", ricorda il bambino. "Mi sono alzato, avevo bendato la mia ferita e mi sono trascinato fuori per prendere l'acqua cercando di ripararmi dai tiri dei carriarmati e degli aeroplani. Sono andato dai vicini e ho cominciato a chiamarli finché non sono quasi svenuto. Ho portato indietro cinque litri d'acqua".

Quando gli operatori della Mezzaluna Rossa e della Croce Rossa hanno finalmente ottenuto il permesso di accedere alla zona hanno trovato bambini ancora abbracciati alle madri morte, troppo deboli per mettersi in piedi, e feriti tra i corpi. Alcuni dei cadaveri riportavano anche colpi d'arma da fuoco oltre alle ferite del bombardamento, indicazione di un possibile intervento ravvicinato o successivo dei soldati.
"Abbiamo cominciato a chiamare: 'C'è nessuno vivo in questa casa? - racconta un medico palestinese che era tra i soccorritori - e abbiamo sentito le voci dei bambini". I piccolo stavano morendo di fame, aggiunge.

Il quartiere di Zeitoun avevano già subito distruzioni considerevoli tra il primo e il 3 gennaio, e l'esercito aveva negato alla Croce Rossa l'accesso alla zona per evacuare i feriti dopo il bombardamento della casa.
I soccorritori della Croce rossa avevano ricevuto richieste d'aiuto fin da sabato ma non hanno avuto accesso alla zona fino a ieri. "Ci sono ancora persone tra le macerie - ha detto al Washington Post Khaled Abuzaid, autista di ambulanza della Croce Rossa - Ma senza acqua o elettricità sono sicuro che moriranno".
Abuzaid conferma che, oltre a bloccare loro l'accesso, i soldati israeliani li avevano preavvertiti che non avrebbero potuto portare sul luogo del bombardamento macchine fotografiche, radio o telefonini - tutte attrezzature standard per le squadre di soccorso.
I blocchi di terra costruiti dai bulldozer israeliani hanno impedito il passaggio delle ambulanze. I feriti più gravi sono stati caricati sui carretti trainati dagli asini. Chi ha potuto muoversi a piedi ha raggiunto il centro abitato più vicino, a due chilometri di distanza, e da lì i feriti sono stati trasportati in veicoli civili agli ospedali della zona. Tre bambini, il più piccolo aveva cinque mesi, sono morti al loro arrivo all'ospedale.
L'accesso al quartiere rimane ristretto. La Croce Rossa e la Mezzaluna rossa sono tornate oggi durante la tregua di tre ore e hanno soccorso 103 persone che erano rimaste intrappolate senza cibo né acqua in tre case nello stesso isolato dell'abitazione dei Samouni.

L'Ocha non accusa l'esercito israeliano di aver agito deliberatamente, ma ha chiesto l'apertura di un'inchiesta. La Croce Rossa internazionale ha accusato l'esercito israeliano di "non rispettare gli obblighi imposti dalla legge umanitaria internazionale circa le garanzie di soccorso e cura dei feriti". "I militari erano consapevoli della situazione - aggiunge Allegre Pacheco, vice-direttore dell'Ocha - ma non hanno assistito i feriti. Né hanno permesso a noi o alla Mezzaluna rossa di soccorrerli.

In una risposta scritta, l'esercito israeliano afferma di lavorare in coordinamento con le organizzazioni di aiuto umanitario "per garantire assistenza ai civili" e che "in alcun modo ha colpito intenzionalmente dei civili".

Gaza assediata

Gaza assediata

Gaza assediata

Gaza assediata

Gaza assediata

Gaza assediata



8 gennaio 2009

Estratto da repubblica.it

18:35 Ban ki-moon: Israele ha violato la tregua umanitaria

Il segretario generale dell'Onu Ban Ki-moon ha condannato oggi il mancato rispetto della tregua da parte delle forze armate israeliane, che hanno aperto il fuoco durante la "finestra" umanitaria di tre ore contro un convoglio delle Nazioni Unite a Gaza, uccidendo due impiegati dell'agenzia umanitaria dell'Onu, l'Unrwa.

19:39 La Cri: soccorsi ostacolati dai soldati israeliani

Durissime accuse della Croce Rossa Internazionale contro Israele. I soccorsi all'interno della striscia di Gaza, si legge in un comunicato dell'ICRC, sarebbero stati deliberatamente ostacolati dai soldati israeliani e viene riferito di episodi particolarmente agghiaccianti avvenuti nel quartiere di Zeitun, a Gaza City: quattro bambini, troppo deboli per rimanere in piedi, che giacevano abbracciati al cadavere della loro madre, un uomo ancora vivo sdraiato lungo la strada, nelle case e per le vie decine di cadaveri abbandonati. I soccorritori della Croce Rossa sono riusciti ad evacuare 18 feriti ed altre 12 persone in condizioni fisiche estremamente fragili, malgrado ''i soldati israeliani che si trovavano ad una postazione militare a soli 80 metri di distanza'' abbiano intimato loro di andarsene.

16:09 Croce Rossa: Israele ha violato il diritto umanitario internazionale

La Croce Rossa internazionale (Cicr) ha oggi accusato le forze israeliane a di avere ritardato l'accesso ai feriti in un quartiere di Gaza, tra cui quattro bambini che per quattro giorni sono rimasti in casa senza cibo e acqua accanto al cadavere della madre. Il Cicr sostiene che le forze israeliane rallentano i soccorsi e impediscono alle ambulanze di evacuare i feriti dalle zone colpite. "Quanto è accaduto è semplicemente scioccante", ha detto il responsabile del Cicr in Israele, Pierre Wettach. Le aumbulanze, ha aggiunto, sono state autorizzate a intervenire solo mercoledi, ossia quattro giorni dopo l'inizio dell'offensiva terrestre. "I militari israeliani dovevano sapere bene qual era la situazione ma non hanno fatto niente per soccorrere i feriti", ha proseguito Wettach. In un duro comunicato diffuso oggi a Ginevra, il Cicr sostiene che "in questa circostanza gli israeliani non hanno fatto fronte ai loro obblighi in base al diritto umanitario internazionale".
 
Croce Rossa a Gaza: crisi umanitaria "totale". Distrutti 3 ospedali mobili

6 gennaio 2009
http://www.rainews24.rai.it/notizi...=90270

E' in continua crescita il numero di civili uccisi nella striscia di Gaza, zona che si trova in una crisi umanitaria "totale" mentre va avanti l'offensiva israeliana.

E' questa la denuncia fatta oggi dal Comitato internazionale della Croce Rossa (CICR).

"Non ho parole per dire quanto a questo punto, al CICR, siamo preoccupati e ansiosi per la crisi a Gaza", ha detto ai giornalisti Pierre Kraehenbuehl, il capo delle operazioni della organizzazione umanitaria con sede a Ginevra.

"Siamo estremamente preoccupati - ha aggiunto - per il numero crescente di civili morti e feriti, e per il numero crescente di infrastrutture civili, tra cui ospedali, colpite dalle operazioni militari israeliane". Secondo Kraehenbuehl, "la situazione per la popolazione di Gaza è traumatizzante e ha raggiunto un punto estremo, dopo dieci giorni di combattimenti ininterrotti".

Lo staff del CICR a Gaza ha descritto la notte scorsa, tra lunedì e martedì, come "la più spaventosa fino ad adesso".  La Croce Rossa Internazionale denuncia inoltre che se  l'accesso al territorio è stato agevolato,  non riescono a fare arrivare i soccorsi fino alle vittime a causa dell'intensità dei combattimenti. "Attualmente - ha detto Kraehenbuehl- la cosa più difficile è poter spostarsi nella striscia di Gaza".

E proprio la scorsa notte i bombardamenti israeliani hanno distrutto 3 ospedali mobili dell'organizzazione umanitaria danese "DanChurchAid" diretti a Gaza City: non ci sono state vittime ma il responsabile dell'organizzazione umanitaria oggi si è detto profondamente scioccato da questo episodio che considera un attacco diretto agli aiuti umanitari poichè i tre camion portavano chiaramente l'indicazione dei mezzi di soccorso. "E' una violazione della Convenzione di Ginevra" ha aggiunto.
Israele assedia Gaza. Colpita una scuola Onu, 40 morti

6 gennaio 2009
http://www.rainews24.rai.it/notizia.asp?newsid=90247

Un attacco israeliano ha colpito oggi pomeriggio una scuola Onu nel nord della Striscia di Gaza, dove centinaia di persone si erano rifugiate nel tentativo di sfuggire ai combattimenti in corso nell'area. Ci sarebbero almeno 40 morti.
L'offensiva di terra si allarga a Khan Yunis, roccaforte di Hamas nella parte meridionale della Striscia di Gaza, mentre tre soldati israeliani della divisione Golani sono morti colpiti dal fuoco amico di un tank, che ha ferito altri 24 militari, di cui tre in modo grave.
In totale finora sono 4 le vittime riconosciute dall'esercito israeliano mentre Hamas rivendica di aver ucciso decine di soldati. Le vittime palestinesi riferite da fonti mediche locali ammonterebbero a 635, di cui il 25% civili, e 2.700 feriti: solo ieri sono stati uccisi 13 bambini.

Colonne di fumo si innalzano verso il cielo sopra la città di Gaza. Si spara per le strade.  Un portavoce militare ha detto alla televisione israeliana che le operazioni procedono secondo i piani: l'esercito è impegnato nella caccia agli estremisti di Hamas e continua a colpire le postazioni di lancio dei razzi palestinesi, i nascondigli delle armi e tutte le strutture logistiche a disposizione del movimento islamico.

Razzi palestinesi su Israele
Hamas ha fatto ricorso per la prima volta a razzi di gittata maggiore: alcuni hanno raggiunto la citta' di Ghedera, ad appena 40 km da Tel Aviv.
Diversi razzi Grad sono stati sparati verso le città israeliane di Ashdod e Ghedera. A quanto pare sono esplosi in zone disabitate e non hanno provocato vittime. Sirene di allarme sono risuonate anche nelle località di Yavne e Beer Sheva. Altri razzi sono esplosi negli insediamenti agricoli ebraici vicini alla striscia di Gaza. Anche questi attacchi non hanno provocato vittime.

Centrata una scuola dell'Unrwa: tre morti
Tre palestinesi sono rimasti uccisi stamani nel corso di un raid aereo dell'aviazione militare israeliana che nella Striscia di Gaza ha centrato con un razzo una scuola dell'Unrwa, l'agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi. Lo hanno riferito fonti dell'Onu a Gaza City, secondo le quali le scuole sono piene di gente che vi cerca rifugio dai bombardamenti e dai violenti scontri armati in corso tra miliziani di Hamas e militari israeliani

Bombardamento uccide famiglia a Gaza City: almeno 12 morti
Almeno 12 membri di una stessa famiglia tra i quali sette bambini di eta' da uno a 12 anni, sono stati uccisi da un bombardamento israeliano che ha distrutto la casa in cui abitavano a Gaza City. Lo hanno riferito fonti mediche e altri testimoni.

Hamas: kamikaze contro i soldati
"All'alba di oggi un nostro kamikaze si è fatto saltare in aria nel nord della striscia di Gaza per fermare un carro armato israeliano, e ce ne sono diverse centinaia che attendono di fare lo stesso": è quanto annunciano le brigate Ezzedin al-Qassam, braccio armato di Hamas, in un comunicato ripreso dall'agenzia di stampa palestinese Maan. Secondo un bilancio dato dalla milizia islamica (ma che non trova conferma nelle cifre fornite da Tsahal) i suoi uomini avrebbero ucciso 21 soldati israeliani e ne avrebbero feriti 79 dall'inizio dell'invasione di terra a Gaza. Lo stesso gruppo afferma inoltre di aver ucciso il vice comandante delle brigate israeliane Golan e sostiene di aver sventato un tentativo di sbarco sulle spiagge della Striscia di Gaza nella zona di Dir Balah.

Telegraph. Hamas conta su almeno 20mila combattenti
Il movimento islamico palestinese Hamas e' una forza bene organizzata che può contare sul sostegno di almeno 20mila  combattenti. E' quanto si legge oggi sul quotidiano britannico 'The Telegraph', mentre l'offensiva israeliana nella Striscia di Gaza e' entrata nel suo undicesimo giorno.
I combattenti di Hamas, in particolare, sarebbero divisi principalmente in due grandi gruppi: gli uomini del braccio armato Ezzedine al Qassam e la polizia paramilitare, conosciuta come Forza Esecutiva. Non sono pochi, comunque, i giovani assoldati per combattere contro Israele: si tratta per lo piu' di sedicenni addestrati superficialmente all'uso di vecchi missili anticarro Phagot 9k-111, di produzione russa.


Diario da Gaza, un giorno in ambulanza
http://www.ilmanifesto.it/archivi/...=535e18dfd6
5 gennaio 2009
Vitorio Arrigoni

«Alla gente innocente di Gaza: la nostra guerra non è contro di voi ma contro Hamas, se non la smettono di lanciare razzi voi vi troverete in pericolo».
E' la trascrizione di una registrazione che è possibile ascoltare rispondendo al telefono queste ore a Gaza. L'esercito israeliano la sta diffondendo illudendosi che i palestinesi non abbiano occhi e orecchi. Occhi per vedere che le bombe colpiscono quasi esclusivamente obiettivi civili, come moschee (15, l'ultima quella di Omar Bin Abd Al Azeez di Beit Hanoun) scuole, università, mercati, ospedali. Orecchie per non udire le urla di dolore e terrore dei bambini, vittime innocenti e eppure predestinate di ogni bombardamento. Secondo fonti ospedaliere, nel momento in cui sto scrivendo sono 120 i minori rimasti uccisi sotto le bombe, su un totale di 548 morti, più di 2700 feriti, decine e decine di dispersi.

Due giorni fa all'ospedale della mezzaluna rossa nel campo profughi di Jabalia, la notte non è mai calata. Dal cielo gli elicotteri Apache hanno lanciato ordigni illuminanti in continuazione, tanto da non farci accorgere di una qualche differenza tra giorno e notte. Il cannoneggiare ripetuto di un tank posto a meno di un chilometro dall'ospedale ha crepato seriamente le mura dell'edificio, ma abbiamo resistito fino alla mattina. Verso le 10 circa, bombe sul campo incolto adiacente all'edificio, fuoco di mitragliatrice tutt'attorno: per i medici della mezzaluna rossa quello era un messaggio dell'esercito rivolto a noi -evacuazione immediata, pena la vita. Abbiamo trasferito i feriti in altre strutture ospedaliere e ora la base operativa delle ambulanze è sulla strada di Al Nady, il personale medico sta seduto sui marciapiedi in attesa delle chiamate, che si susseguono febbrilmente.
Per la prima volta dall'inizio dell’attacco israeliano ho visto negli ospedali dei cadaveri di membri della resistenza palestinese. Un numero piccolo, di fronte alle centinaia di vittime civili, che dopo l'invasione di terra si sono moltiplicate esponenzialmente. Dopo l'attacco alla moschea di Jabalia (coinciso con l'entrata dei tank) che ha causato 11 morti e una cinquantina di feriti, per tutta la notte di sabato scortando le ambulanze ci siamo resi conto della tremenda potenza distruttiva dei proiettili sparati dagli israeliani. A Bet Hanoun una famiglia che si stava scaldando nella propria casa dinnanzi ad un fornellino a legna è stata colpita da uno di questi micidiali colpi di cannone. Abbiamo raccolto 15 feriti, 4 casi disperati. Poi verso le 3 del mattino abbiamo risposto ad una chiamata d'emergenza: troppo tardi, davanti alla porta di un'abitazione tre donne in lacrime ci hanno messo in braccio una bambina di quattro anni avvolta da un lenzuolo bianco, il suo sudario, era già gelida. Ancora una famiglia colpita in pieno, questa volta dall'aviazione, a Jabalia, due adulti con in corpo schegge di esplosivo. I due figli hanno riportato ferite lievi, ma da come strillavano era evidente il trauma psicologico che stavano vivendo, qualcosa che li segnerà indelebilmente per tutta la vita più di uno sfregio su una guancia. Anche se nessuno si ricorda di citarli, sono migliaia i bambini afflitti da gravi turbe mentali procurate dal terrore dei continui bombardamenti, o peggio dalla vista dei genitori e dei fratellini dilaniati dalle esplosioni.
I crimini di cui si sta macchiando Israele in queste ore vanno oltre i confini dell'immaginabile. I soldati non ci permettono di andare a soccorrere i superstiti di questa immensa catastrofe innaturale. Quando i feriti si trovano in prossimità dei mezzi blindati israeliani che li hanno attaccati, a noi sulle ambulanze della mezzaluna rossa non è concesso avvicinarci, i soldati ci bersagliano di colpi. Avremmo bisogno della scorta di almeno un'ambulanza della croce rossa, in coordinamento con i comandi militari israeliani, per poter correre a cercare di salvare vite: provate a immaginare quanto tempo porterebbe via una procedura del genere, una condanna a morte certa per dei feriti in attesa di trasfusioni o di trattamenti di emergenza. Tanto più che la croce rossa ha i suoi di feriti a cui pensare, non potrebbe in nessun modo rendersi disponibile ad ogni nostra chiamata. Ci tocca allora stazionare in una zona «protetta», eufemismo qui a Gaza, e attendere che i parenti ci portino i congiunti moribondi, spesso in spalla.
Così è andata verso le 5.30 di stamane, abbiamo arrestato col motore acceso l'ambulanza al centro di un incrocio e indicato tramite telefono la nostra posizione ad uno dei parenti dei feriti. Dopo una decina di minuti di snervante attesa, quando aveva già deciso di ingranare la marcia ed evacuare l'area per andare a rispondere ad un'altra chiamata, abbiamo visto girare l'angolo e dirigersi verso di noi, lentamente, un carretto carico di persone sospinto da un mulo. Una coppia con i suoi due figlioletti. La migliore rappresentazione possibile di questa non-guerra.
Questa non è una guerra perché non ci sono due eserciti che si danno battaglia su un fronte; è un assedio unilaterale condotto da forze armate (aviazione, marina, ed esercito) fra le più potenti del mondo, sicuramente le più avanzate in fatto di equipaggiamento militare tecnologico, che hanno attaccato una misera striscia di terra di 360 kmq, dove la popolazione si muove ancora sui muli e dove c'è una resistenza male armata la cui unica forza è quella di essere pronta al martirio.
Quando il carretto si è fatto abbastanza vicino gli siamo andati incontro, e con orrore abbiamo scoperto il suo macabro carico. Un bimbo stava sdraiato con il cranio fracassato, gli occhi letteralmente saltati fuori dalle orbite, lo abbiamo raccolto che ancora respirava. Il suo fratellino invece presentava il torace sventrato, gli si potevano distintamente contare le costole bianche oltre i brandelli di carne lacera. La madre teneva poggiate le mani sul quel petto scoperchiato, come se cercasse di aggiustare qualcosa.
Un ulteriore crimine, e nostro ennesimo personale lutto.
L'esercito israeliano continua a prendere di mira le ambulanze. Dopo il dottore e l'infermiere morti a Jabalia 4 giorni fa, ieri è toccato ad un nostro amico, Arafa Abed Al Dayem, 35 anni, che lascia 4 figli. Verso le otto e mezza di ieri mattina abbiamo ricevuto una chiamata da Gaza city, due civili falciati dalla mitragliatrice di un tank; una delle nostre ambulanze della mezzaluna rossa è accorsa sul posto. Arafa e un infermiere hanno caricato i due ferti sull'ambulanza, hanno chiuso gli sportelli pronti a correre verso l'ospedale, quando sono stati centrati in pieno da un proiettile sparato da un carro armato. Il colpo ha decapitato uno dei feriti e ha ucciso anche il nostro amico; l’infermiere se l'è cavata ma è ora ricoverato nello stesso ospedale dove lavora. Arafa, maestro elementare, si offriva come volontario paramedico quando c'era carenza di personale. Siamo sotto una pioggia di bombe, nessuno se l'era sentita di chiamarlo in una situazione di così alto rischio.
Arafa si era presentato da solo, e lavorava conscio dei pericoli, convinto che oltre la sua famiglia c'erano anche altri essere umani da difendere, da soccorrere. Ci mancano le sue burle, il suo irresistibile e contagioso sense of huomor che rallegrava l'intero ospedale Al Auda di Jabalia anche nelle sue ore più cupe e drammatiche, quando sono più i morti e i feriti che confluiscono, e ci sente quasi colpevoli, inutili per non aver potuto fare qualcosa per salvarli, schiacciati come siamo da una forza micidiale inesorabile, la macchina di morte dell'esercito israeliano. Qualcuno deve arrestare questa carneficina, ho visto cose in questi giorni, udito fragori, annusato miasmi pestiferi, che se avessi mai un giorno una mia progenia, non avrò mai il coraggio di tramandare.
C'è qualcuno là fuori? la desolazione del sentirsi isolati nell'abbandono è pari alla veduta di un quartiere di Gaza dopo
un'abbondante campagna di raid aerei. Sabato sera mi hanno passato al telefono la piazza di Milano in protesta, ho passato a mia volta il cellulare agli eroici dottori e infermieri con cui stiamo lavorando, li ho visto rincuorarsi per un breve attimo. Le manifestazioni in tutto il mondo dimostrano che esiste ancora qualcuno in cui credere, ma le manifestazioni non sono ancora abbastanza partecipate per esercitare quella pressione necessarie affinché i governi occidentali costringano Israele in un angolo, ad assumersi le sue responsabilità come criminale di guerra e contro l'umanità. Moltissime le donne gravide terrorizzate che in queste ore stanno dando alla luce figli frutti di parti prematuri. Ne ho accompagnate personalmente tre a partorire. Una di queste, Samira, al settimo mese, ha dato alla luce uno splendido minuscolo bimbo di nome Ahmed. Correndo con lei a bordo verso l'ospedale di Auda e lasciandoci dietro negli specchietti retrovisori lo scenario di morte e distruzione dove poco prima stavamo raccogliendo cadaveri, ho
pensato per un attimo che questa vita in procinto di fiorire potesse essere il beneaugurio per un futuro di pace e speranza. L'illusione si è dissolta col primo razzo che è crollato a fianco della nostra ambulanza tornando da Auda al centro di Jabalia. Queste madri coraggio mettono tristemente al mondo creature le quali assorbono come prima luce nei
loro occhi, nient'altro oltre il verde militare dei tanks e delle jeeps e i lampi intermittenti che precedono le esplosioni. Quali prospettive di vita attendono bimbi che fin dal primo istante della loro nascita avvertono sofferenza e urla di disgrazia?
restiamo umani.


3 gennaio 2009

A Gaza non si muore solo di bombe

la testimonianza di un giornalista

Safwat al-Kahlout, dell'agenzia ANSA, racconta quanto ha vissuto in prima persona
Si dorme con le finestre aperte per ridurre gli effetti dei bombardamenti
Le malattie all'apparato respiratorio sono all'ordine del giorno
pochi vanno in ospedale e chi ci va trova una situazione disastrosa

http://www.repubblica.it/2009/01/s.../gaza-polmonite.html

GAZA - "Nella Striscia di Gaza è facile morire sotto un bombardamento israeliano ma lo è ancor di più prendendosi una polmonite. E' quanto stava per succedere a me dopo che, come tutti i miei familiari, ormai da otto notti dormivamo con le finestre aperte e temperature esterne vicine allo zero. Siamo costretti a tenere le finestre aperte perché, in caso di bombardamento, l'onda d'urto delle esplosioni manderebbe in frantumi i vetri, ferendoci tutti". Questa è la testimonianza di Safwat al-Kahlout, giornalista dell'ANSA che vive a Gaza.

E il racconto continua: "Dopo una settimana di sonni al gelo ieri mattina avevo una tosse fortissima e in serata non riuscivo più neanche a respirare. Impossibile andare in farmacia: sono quasi tutte chiuse e le uniche due ancora aperte non hanno più medicine. Inoltre è pericoloso spostarsi in città a causa delle bombe che possono piovere da un momento all'altro. Per fortuna un amico s'è offerto di accompagnarmi in ospedale. Arrivato lì ho trovato una situazione terribile: tutti i letti, compresi i pochissimi ancora liberi, avevano le lenzuola insanguinate. Un medico mi ha spiegato che non c'è tempo per lavarle perché come un paziente va via - vivo o morto - il suo posto viene occupato da un altro. E qualora il tempo ci fosse, non ci sono l'elettricità nè l'acqua necessarie alla lavanderia".

"Incurante del sangue, ho steso la mia giacca sul lenzuolo e mi sono messo a letto. Poco dopo mi hanno inserito una flebo nel braccio ma, mi ha detto sempre il medico, dentro c'era solo una medicina per farmi respirare meglio. Poco dopo è tornato con una fialetta di antibiotico che ha aggiunto al liquido della flebo. Ma l'antibiotico - mi ha spiegato il dottore - ha dovuto in pratica 'rubarlo', perché tutti i farmaci più preziosi vengono tenuti sotto chiave in attesa di utilizzarli in caso di una temuta e sempre possibile offensiva terrestre degli israeliani".

"Nelle mie stesse condizioni - con bronchite, polmonite e anche peggio - ci sono migliaia di persone a Gaza, mi ha detto il medico, ma non vengono in ospedale perché hanno paura di uscire di casa per via dei bombardamenti oppure si vergognano a farsi ricoverare ed occupare così un letto che ritengono più necessario per chi è rimasto ferito sotto le bombe".

"Oggi, come lui stesso mi ha raccontato, il direttore dell'ospedale, dott. Hassan Halas, ha presieduto una riunione d'emergenza dei sanitari per valutare le condizioni del nosocomio in caso gli israeliani decidano di attaccare Gaza via terra. La situazione è disperata: l'ospedale, ha detto Halas, non è assolutamente pronto a ricevere e curare le migliaia di feriti che un'offensiva terrestre di sicuro provocherebbe".

"Ma la situazione non è certo migliore nell'unico ospedale pediatrico di Gaza, il 'Naser' (Vittoria): una bomba israeliana caduta lì vicino ha distrutto i vetri di tutte le finestre del reparto maternità e della camerata dove nelle incubatrici c'erano 30 neonati prematuri. Sono stati tutti evacuati, insieme con le madri, nei locali del pronto soccorso, che non sono i più adatti alle loro precarie condizioni. Nel reparto oncologia dello stesso ospedale, inoltre, per mancanza di farmaci specifici per la cura della leucemia e di altri tipi di tumori, sono stati sospesi i trattamenti dei pazienti, che per il momento possono essere sottoposti soltanto ad analisi cliniche".
3 gennaio 2009

Da uno dei tantissimi manifestanti di Roma, una risposta indiretta anche a chi ancora s'indigna per le bandiere israeliane bruciate mentre i morti palestinesi si contano a centinaia

Manifestazione contro il genocidio a Gaza a Roma
(visualizza immagine per ingrandire)



2 gennaio 2009

m.o.: 430 le vittime a gaza, morti oggi 3 bambini

Gaza, 2 gen. (Adnkronos/Dpa)- Il bilancio delle vittime dell'operazione militare israeliana a Gaza e' salito a 430 palestinesi morti e 2.200 feriti. I morti di oggi sono otto, fra cui tre bambini. Lo ha reso noto Mo'aweya Hassanein, responsabile della medicina d'urgenza nella Striscia di Gaza.

The war in Gaza – vicious folly of a bankrupt government
http://zope.gush-shalom.org/.../press_releases/1230491211/
29/12/08

The war in Gaza, the bloodshed, killing, destruction and suffering on both sides of the border, are the vicious folly of a bankrupt government. A government which let itself be dragged by adventurous officers and cheap nationalist demagoguery, dragged into a destructive and unnecessary war which will bring no solution to any problem – neither to the communities of southern Israel under the rain of missiles nor to the terrible poverty and suffering of besieged Gaza. On the day after the war the same problems will remain – with the addition of many bereaved families, wounded people crippled for life, and piles of rubble and destruction.

The escalation towards war could and should have been avoided. It was the State of Israel which broke the truce, in the 'ticking tunnel' raid on the night of the US elections two months ago. Since then the army went on stoking the fires of escalation with calculated raids and killings, whenever the shooting of missiles on Israel decreased.

The cycle of bloodshed could and should be broken. The ceasefire can be restored immediately, and on firmer foundations. It is the right of Israel to demand a complete end to shooting on its territory and citizens – but it must stop all attacks from its side, end completely the siege and starvation of Gaza's million and half inhabitants, and stop interfering with the Palestinians' right to choose their own leaders.

Ehud Barak's declaration that he is stopping the elections campaign in order to concentrate on the Gaza offensive is a joke. The war in Gaza is itself Barak's elections campaign, a cynical attempt to buy votes with the blood and suffering in Netivot and Sderot, Gaza and Beit Hanun. Also so-called peace seekers such as Amos Oz, who give this offensive their support and encouragement, could not afterwards shrug off responsibility.

Contact: Gush Shalom Spokesperson Adam Keller, adam@gush-shalom.org

Note: Amos Oz changed his position and came out against the war, three days after publication of this press release.

Traduzione estratta dalla pagina:
http://www.confinionline.it/ShowRassegna.aspx?Prog=11476

La guerra a Gaza, lo spargimento di sangue, le uccisioni, la distruzione e la sofferenza su entrambi i lati del confine sono la perversa follia di un governo in fallimento. Un governo che si è lasciato trascinare da militari avventurieri e da una rozza demagogia nazionalista in una guerra distruttiva e inutile che non darà soluzione ad alcun problema - né per le comunità del sud di Israele sotto una pioggia di missili né per le terribili povertà e sofferenze di Gaza assediata. Il giorno dopo la guerra, rimarranno gli stessi problemi - con l'aggiunta di molte famiglie in lutto, persone ferite e invalide per tutta la vita e di mucchi di macerie e distruzione.

L'escalation verso la guerra poteva e doveva essere evitata. A rompere la tregua è stata Israele con l’incursione compiuta in un tunnel nella notte delle elezioni americane due mesi fa. Da allora è stato l'esercito ad accumulare fiamme di escalation con incursioni e uccisioni mirate, ogni volta che il lancio di missili su Israele diminuiva.

Il ciclo del massacro potrebbe e dovrebbe essere rotto. Il cessate il fuoco può essere ristabilito immediatamente e su basi più solide. È diritto di Israele chiedere la fine totale del lancio di razzi sul suo territorio e i suoi cittadini, ma deve por fine a tutti i suoi attacchi e alla morte per fame del milione e mezzo di abitanti di Gaza, smettendo anche di interferire con il diritto dei palestinesi di scegliersi i loro capi.

La dichiarazione di Ehud Barak secondo cui avrebbe sospeso la campagna elettorale per concentrarsi sull'offensiva di Gaza è una barzelletta. La guerra a Gaza è di per sé la campagna elettorale di Barak, un tentativo cinico di comprare i voti con il sangue e le sofferenze di Netivot e Sderot, Gaza e Beit Hanun.



Dopo la sanguinosa giornata di ieri, Israele non si ferma
Mentre i miliziani di Hamas continuano i lanci di missili

Gaza, pronto l'attacco da terra
L'Onu chiede la fine delle violenze

L'Anp annuncia fine dei negoziati, a Hebron manifestazioni di protesta
Nei bombardamenti altri morti dopo le sessanta vittime di ieri

2 marzo 2008
http://www.repubblica.it/2008/01/sezioni/esteri/...

TEL AVIV - Dopo la cruenta giornata di ieri - in cui sono rimasti uccisi 60 palestinesi in un attacco dell'esercito dello stato ebraico contro la Striscia di Gaza - c'è da temere un ulteriore inasprimento dei combattimenti. Lo ha detto il ministro della Difesa Ehud Barak e lo ha ribadito il premier Ehud Olmert annunciando che "Israele non ha alcuna intenzione di sospendere la lotta al terrorismo". Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha chiesto a Israele e i militanti palestinesi di mettere fine a tutte le violenze. Ma non si fermano i raid e i bombardamenti che intanto hanno fatto nuove vittime nella Striscia di Gaza.

Una giornata di sangue. La giornata di ieri è stata la più sanguinosa dall'inizio dell'Intifada nel 2000: 60 palestinesi uccisi, tra cui nove adolescenti e tre donne, e da parte israeliana due soldati morti e sei feriti e cinque civili feriti, tra cui due bambini. In Cisgiordania c'è una atmosfera di cordoglio per l'entità delle vittime e a Hebron sono segnalate dimostrazioni popolari di protesta. Nei titoli dei giornali vengono denunciati i "massacri israeliani" mentre la leadership dell'Anp ha annunciato la sospensione dei negoziati di pace con Israele.

Olmert: i raid continueranno. Aprendo la seduta del Consiglio dei ministri il premier israeliano Ehud Olmert ha respinto le critiche alle operazioni nella Striscia di Gaza e ha annunciato che lo Stato ebraico "non ha alcuna intenzione di sospendere" i raid contro le postazioni dei miliziani, che continueranno a essere colpiti "inesorabilmente". Olmert ha anche respinto le critiche del segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-Moon che ha denunciato "l'uso eccessivo della forza" da parte di Israele. "Dobbiamo ricordare che Israele sta proteggendo i propri cittadini nel sud del paese e niente ci impedirà di continuare a fare il nostro dovere. Nessuno ha il diritto morale di fare la predica a Israele sul suo diritto all'autodifesa", ha concluso Olmert.

Barak: dobbiamo prepararci a escalation. "Noi continueremo la nostra azione con tutta la forza e dobbiamo prepararci a una escalation" aveva dichiarato poco prima alla radio il ministro della Difesa Barak, secondo cui una vasta operazione terrestre israeliana a Gaza "è reale e tangibile". In precedenza Barak aveva spiegato che Israele "non anela" a una operazione del genere e che ci sono considerazioni diverse sui tempi della sua realizzazione.

Onu chiede fine violenze. Intanto al termine di una riunione di emergenza durata cinque ore, il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha chiesto a Israele e i militanti palestinesi di mettere fine a tutte le violenze a Gaza. "I membri del Consiglio di sicurezza sono profondamente preoccupati per la perdita di vite umane nella parte meridionale di Israele e a Gaza e condannano l'escalation di violenze", si legge nel comunicato reso noto dall'ambasciatore russo alle Nazioni Unite Vitaly Ciurkin, attuale presidente di turno. "Questi eventi - prosegue il testo - sottolineano la necessità che tutte le parti cessino immediatamente tutti gli atti di violenza".

Ban Ki-moon: uso eccessivo della forza di Israele. Nel suo intervento il segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon ha condannato sia il lancio di razzi da parte dei palestinesi, sia la risposta israeliana. "Pur riconoscendo il diritto di Israele a difendersi, condanno l'uso sproporzionato ed eccessivo della forza che ha ucciso e ferito così tanti civili, tra cui bambini", ha detto Ban Ki-Moon aggiungendo "Chiedo a Israele di cessare tali attacchi". Il segretario generale ha poi parlato di 26 attacchi compiuti con razzi dai palestinesi nella sola giornata di ieri aggiungendo:"Condanno gli attacchi palestinesi con razzi e chiedo l'immediata cessazione di questi atti di terrorismo".

Ripresi raid israeliani a Gaza. Nuovi attacchi e bombardamenti israeliani sono ripresi nella notte a Gaza. Tre persone, tra cui un civile e un militante di Hamas, sono stati uccisi in due distinte azioni congiunte dell'aeronautica e per il secondo giorno consecutivo dell'esercito dello Stato ebraico. Altre due palestinesi sono state colpite a morte a nei pressi di Jabaliya. Fonti militari a Tel Aviv precisano che i soldati hanno ordine di perlustrare la zona, alla ricerca di magazzini di armi e di lanciarazzi. Nella notte un velivolo israeliano è riuscito a colpire un camion palestinese al cui interno, secondo le fonti, c'erano 160 razzi Qassam pronti per essere lanciati. Altri bombardamenti nella notte hanno preso di mira gli uffici governativi di Hamas a Gaza, distrutti da missili aria-terra che hanno causato diversi feriti tra gli abitanti delle case vicine.
UNA SHOAH PIU’ GRANDE…

di Germano Monti

Da molti anni abbiamo dovuto fare l’abitudine alla sistematica disinformazione esistente in Italia sulla questione palestinese, intossicazione direttamente dipendente dalla subordinazione bipartisan della politica italiana a quella dello Stato ebraico. Basti dire che l’inviato più fazioso e manipolatore che la RAI abbia mai avuto in Medio Oriente – quel Claudio Pagliara idolo delle lobby sioniste – fu piazzato lì da Berlusconi all’inizio del suo mandato e lì è rimasto per tutta la durata del governo Prodi.
Ultimamente, si è passato ogni limite, compreso quello della decenza: mentre autorevoli (si fa per dire) esponenti della politica, della cultura e dell’informazione si mobilitano come un sol’uomo contro il boicottaggio della Fiera del Libro di Torino, in cui lo Stato di Israele sarà l’ospite d’onore, i morti palestinesi sotto le bombe, i missili, le cannonate e i rastrellamenti israeliani non meritano mai l’onore della prima pagina e quasi mai quello di un trafiletto. Il fatto che da quasi un anno e mezzo l’intera popolazione della Striscia di Gaza sia sottoposta ad un embargo internazionale (voluto dallo Stato ebraico e dagli Stati Uniti, cui si è prontamente accodata l’Unione Europea, compresa l’Italia di Berlusconi e di Prodi) e che questo stia comportando la riduzione alla fame di un milione e mezzo di esseri umani, non mobilita i nostri intellettuali, i nostri opinionisti, i nostri politici.
La complicità con i crimini israeliani ha raggiunto il livello dell’oscenità: trentaquattro persone assassinate in due giorni, fra cui molti bambini colpevoli di giocare a pallone su campetti improvvisati, non ha prodotto un solo soprassalto di indignazione fra i tanti che, particolarmente a “sinistra”, si disperano perché qualcuno ha manifestato l’intenzione di disturbare la celebrazione della nascita di uno Stato – canaglia, anzi, dello Stato – canaglia per eccellenza, visto che detiene il record assoluto delle violazioni delle Risoluzioni delle Nazioni Unite, non ha mai sottoscritto i più importanti trattati internazionali (da quello sulla non proliferazione nucleare a quello sullo sfruttamento delle risorse idriche, tanto per citarne un paio) ed è retto da una legislazione razzista e discriminatoria che non ha nulla da invidiare a quella dell’Italia del 1938 o a quella del Sudafrica dell’Apartheid.
Ieri sera, guardavo su Al Jazeera le immagini strazianti del bambino di cinque mesi quasi fatto a pezzi da un missile israeliano: il nome di quel bambino me lo sono dovuto andare a cercare su siti non italiani, perché qui da noi le vittime palestinesi non hanno mai un nome, meno che mai un volto. Mohammed Al Bourai, si chiamava quel bambino. Quel nome non lo sentiremo, ovviamente, mai nelle corrispondenze di Claudio Pagliara, ma non lo leggeremo mai in un editoriale di Valentino Parlato, così come non uscirà mai dalla bocca di fausto bertinotti, entrambi, invece, straordinariamente loquaci nel condannare il boicottaggio della Fiera del Libro dedicata allo Stato di Israele.
Ora, sono curioso di vedere se e come Parlato, bertinotti e tanti altri commenteranno le parole di un certo Matan Vilnai, un nome che ai più non dice nulla, ma che in Israele è qualcuno, poiché è stato più volte Ministro ed attualmente è il Vice Ministro (laburista) della Difesa.  Questo signore sa di cosa parla: è stato un ufficiale dell’unità speciale Sayeret Matkal, di cui è stato comandante l’attuale Ministro della Difesa israeliano, Ehud Barak, unità formata sul modello della S.A.S. britannica, con cui ha in comune anche il simpatico motto “Chi osa vince”.
Orbene, il Vice Ministro (nonché commilitone del Ministro), secondo quanto riportato dal quotidiano israeliano Haaretz, ha dichiarato alla radio dell’esercito israeliano che il lancio di razzi contro le città israeliane varrà ai Palestinesi “una Shoah più grande, useremo tutti i mezzi a nostra disposizione per difenderci”. Ha detto proprio così, “una Shoah più grande”. Un suo portavoce si è poi premurato di precisare che “il Vice ministro della Difesa ha usato il termine nel senso di catastrofe", e che "egli non voleva fare alcuna allusione al genocidio". Ma le parole hanno un senso, e certe parole sono inequivocabili, specie se pronunciate da chi sa benissimo di cosa sta parlando.
Dunque, un esponente del governo israeliano dichiara pubblicamente che i Palestinesi devono aspettarsi qualcosa di peggio di quello che i nazisti hanno commesso nei confronti degli Ebrei. Domande che si affollano nella mia mente: il sig. Vilnai sarà estromesso dal governo israeliano? Parlato e bertinotti si indigneranno? I vertici della Fiera del Libro chiederanno che almeno il signor Vilnai non si presenti ai festeggiamenti in onore dello Stato di cui è al governo? Le associazioni di ex deportati e dei sopravvissuti alla Shoah (quella più piccola, secondo il sig. Vilnai) faranno sentire la loro voce? Aspetto risposte. Non riuscendo a cancellare il pensiero che il nome di Mohammed Al Bourai non commuoverà intere generazioni, come ha fatto quello di Anna Frank, perché a lui non hanno lasciato nemmeno il tempo di imparare a scrivere.


La terra di Israele solo agli ebrei. Ma questo non è razzismo?

20 luglio 2007
Da Liberazione di Luisa Morgantini

Il Parlamento israeliano ha approvato ieri in prima lettura una legge che autorizza la vendita delle terre demaniali solo agli ebrei. Israele in questo modo ferisce una volta di più la democrazia, all'insegna della discriminazione e dell'Apartheid. Il progetto di legge approvato dalla Knesset, sostenuta dalla destra israeliana , da Kadima e dal Likud, vieta l'assegnazione delle terre del JNF (Jewish National Fund), il 13% delle terre di tutto lo Stato d'Israele, ai cittadini non ebrei.
La legge è stata approvata con una maggioranza schiacciante, 64 deputati a favore e con soli 16 voti contrari. Non ha avuto alcun effetto la discussione preliminare al voto nella Presidenza della stessa Knesset dove varie voci si erano levate contro tale provvedimento e ne aveva chiesto l'annullamento. Richesta respinta dal servizio legale del Parlamento con la giustificazione che "non c'è un esplicito riferimento razzista nella legge".
Come chiamare allora l'esclusione per i cittadini arabo-israeliani dai bandi per l'assegnazione delle terre? Come altro chiamare, se non razzista, questa legge definita proprio da alcuni deputati della Knesset come "abominevole", che serve solo ad istituzionalizzare la discriminazione nei confronti dei non-ebrei e legittima una democrazia su base etnica? Questa legge è solo una delle tante espressioni di razzismo e discriminazione in atto in Israele, che continua a demolire le case dei suoi cittadini arabi, a espropriare illegalmente le loro terre, a sradicare i loro alberi. Glui unici ad opporsi al provvedimento sono stati i rappresentanti di Meretz-Yachad, il partito di sinistra impegnato sul fronte della giustizia sociale. «Quanto approvato ieri dalla Knesset mostra il vero volto del Governo - hanno dichiarato - e getta su Israele lo spettro di uno stato di Apartheid». I partiti arabi Balad e Raam-Taal e di Hadash, arabi e ebrei di sinistra, denunciano il rischio di legalizzare "il furto di terre che dal 1948 è tuttora in corso ai danni degli arabo-israeliani". Il vero volto del Parlamento Israeliano non può essere quello di Uri Ariel, il radicale dei coloni primo sostenitore di questa legge, se non si vuole che l'aumento del livello di razzismo e la conseguente diminuzione del livello di democrazia, portino ad una seria accelerazione verso l'istituzionalizzazione dell'Apartheid e la cancellazione di ogni diritto.

Rapporto Onu: per i palestinesi leggi da apartheid

24 febbraio 2007
http://www.unita.it/view.asp?IDcontent=63883

«Le leggi e le prassi di Israele certamente somigliano ad aspetti dell’apartheid» a denunciarlo l’ultimo dossie per l’Onu del “rapporteur” per i diritti umani e docente di diritto internazionale sudafricano John Dugard. Nel documento (24 pagine divise in 12 capitoli e 63 punti, datate 29 gennaio 2007) il funzionario delle Nazioni Unite scrive: «È difficile evitare la conclusione che molte delle leggi e delle prassi d’Israele violano, soprattutto nella limitazione dei movimenti dei palestinesi, la convenzione internazionale del 1973 per la soppressione e la punizione del crimine dell'apartheid… Le demolizioni di case in Cisgiordania e a Gerusalemme est vengono attuate in un modo che discrimina contro i palestinesi… Nell’intera Cisgiordania, e in particolare a Hebron, ai coloni è concesso trattamento preferenziale sui palestinesi per quel che riguarda il movimento (le strade principali sono riservate ai coloni), i diritti di costruzione, la protezione dell’esercito e le leggi per la riunificazione familiare».

Vengono poi definiti « strangolamento controllato» i duri controlli israeliani attuati sul flusso di persone e di beni verso la Striscia di Gaza che, come già denunciato nel 2003 da un altro ‘special rapporteur’, lo svizzero Jean Ziegler, contribuiscono all’aggravarsi della povertà e della disoccupazione di un territorio segnato dalla disperazione.

Dugard sottolinea inoltre che «il riscorso indiscriminato alla forza militare contro i civili e obbiettivi civili ha dato luogo a veri e propri crimini di guerra». Nel settembre 2003, sui Territori Palestinesi Ziegler già scriveva: «L’economia è quasi collassata e il numero dei poverissimi è triplicato. Il 60% circa dei palestinesi vive ora in estrema povertà (il 75% a Gaza, il 50% in Cisgiordania). Il prodotto interno lordo pro-capite è precipitato di quasi la metà rispetto a due anni fa. Anche quando il cibo è disponibile, molti non sono in grado di comprarlo. Più del 50% è stato costretto a indebitarsi per nutrirsi e molti altri, in preda alla disperazione, vendono tutto quel che possiedono. Oltre il 50% dei palestinesi è ora completamente dipendente dagli aiuti umanitari».

Le conclusioni cui giungono questi esperti non riflettono necessariamente la posizione delle Nazioni Unite. E Israele ha già detto che considera troppo parziale il rapporto del relatore Onu. Mark Regev, un portavoce del ministero degli esteri, lo ha definito un classico prodotto della «faziosità politica» già dimostrata dell'apparato dell'Onu che si occupa dei diritti umani.

  

Editoriale riforme.net
25 gennaio 2007
 

Se anche il Presidente Napolitano nega l'Olocausto ...

19 novembre 2006  
Ai giornalisti distratti
Franco Ragusa  
 
Mi permetto di segnalare, ai tanti giornalisti presenti alla manifestazione di ieri a Roma (18-11-2006), che mentre loro erano impegnanti a riprendere 3 manichini che bruciavano lontano dal palco, c'erano circa 20.000 persone impegnate ad approfondire le ragioni per le quali avevano scelto di manifestare a Roma piuttosto che a Milano.
Tra le questioni approfondite e delle quali i giornalisti si sono ben guardati dall'informare, ovviamente, l'accordo militare Italia-Israele sottoscritto dal Governo Berlusconi: http://www.italgiure.giustizia.it/nir/lexs/2005/lexs_410692.html
  
Per altro, la manifestazione è stata anche l'occasione per parlare, indirettamente, di legge finanziaria e di tagli ai servizi, ricordando che mentre in Italia si mettono i ticket per il pronto soccorso e mentre Israele impegna gran parte delle sue risorse economiche per sviluppare ed usare nuove armi contro il popolo palestinese (senza dimenticare la carneficina della dura estate libanese, che ancora prosegue in conseguenza delle bombe a grappolo ampiamente utilizzate dall'esercito israeliano), la Regione lazio "coopera" con Israele con uno stanziamento previsto di 500.000 Euro: http://www.regione.lazio.it/web2/contents/giusti/dettaglio.php?vmf=1
 
Gerusalemme, 7 giu. (Adnkronos/Ign) - Attivare una cooperazione tra le imprese del Lazio e di Israele e stimolare l'innovazione e la ricerca. Questo lo scopo del progetto 'Lisite' presentato ieri a Gerusalemme dal presidente della Regione Lazio Piero Marrazzo al direttore generale di Matimop, l'organizzazione pubblica no profit del ministero dell'Economia israeliano costituita per promuovere lo sviluppo industriale. Il protocollo,che riguarda innovazione e ricerca in settori come quello chimico-farmaceutico, dell'energia, aerospaziale ed elettronico verra'firmato a Roma il 10 e l'11 luglio. 
Tra gli obiettivi del progetto quello di creare un fondo ad hoc, per il quale la Regione ha previsto uno stanziamento di 500mila euro.

18 novembre 2006  
Stampa di regime per la manifestazione di Roma?
Franco Ragusa  

Sono stato alla manifestazione di Roma organizzata dal Forum Palestina.   
Tornato a casa, dalle cronache dei TG RAI ho scoperto di essere stato da un'altra parte.   
Oltre 20.000 persone, oltre 4 ore d'intensa presenza politica (tra Piazza Esedra, corteo e comizio finale a Piazza Venezia), sono divenuti una decina di manifestanti e pochi fotogrammi tutti incentrati sul rogo di 3 manichini.   

Ma anche in rete non va meglio: l'unico sito che ha menzionato che dal palco è stata bruciata una bandiera nazista, come gesto di caratterizzazione della manifestazione da parte dei promotori, è stato Repubblica.it.  

Il torto della manifestazione, evidentemente, è stato quello di avere avuto parole d'ordine chiare sulle quali è bene far scendere un muro di silenzio:  
- L'Italia non deve essere complice del massacro dei palestinesi e dell’occupazione israeliana  
- Abrogare l'accordo militare Italia-Israele  

Grazie, cari giornalisti, per l'ennesima dimostrazione che in questo paese la libertà di stampa non esiste; o forse, perché no? sono in molti a non meritarla visto che è raro, nel panorama giornalistico italiano, trovare giornalisti che fanno il proprio lavoro in libertà e coscienza.  

   
PS.: Per quanto riguarda i politici di centrosinistra ed il Governo Prodi, manifestazione di Roma o no, cosa hanno da dire circa l'accordo militare Italia-Israele?  
Quanto meno, che si dimostrino equidistanti come dicono togliendo tutti gli aiuti, militari e finanziari (anche da parte delle Regioni), all'unica delle due parti in causa sino ad oggi di fatto ampiamente sostenuta.  
dal sito web del quotidiano israeliano Haaretz
(http://www.haaretz.com/hasen/spages/783711.html)
 
6 novembre 2006
 

 
Ascoltate il maggiore Stern  di Gideon Levy (levy@haaretz.co.il)
 
Relativamente ad una azione in cui è in corso un bagno di sangue a Beit Hanun, le Forze di Difesa Israeliane (IDF) infieriscono con violenza, uccidendo almeno 37 persone in quattro giorni e l'opinione pubblica israeliana sbadiglia, indifferente. Un comandante di brigata dice ai suoi soldati, che hanno ucciso 12 persone in un giorno: "Avete vinto 12 a 0", i soldati rispondono con uno smagliante sorriso. Questo il nadir morale da noi raggiunto, dopo una lunga e scivolosa discesa: la vita umana ora non vale alcunché. Ne abbiamo avuto la prova alla fine della settimana, per bocca di un chiacchierone che talvolta dice il vero, il maggiore Elazar Stern, comandante del Comitato Direttivo del Personale dell'IDF. "L'eccessivo preoccuparsi per la vita umana, proprio dell'IDF, ha portato ad alcuni dei fallimenti della guerra nel Libano: questo non dovrebbe accadere", ha commentato Stern a Canale 7. Andrebbe lodato per essere stato schietto: chi ha l'intollerabile leggerezza di imbarcarsi in una futile guerra di sua scelta non può permettersi il lusso di mostrare preoccupazione per la vita dei soldati. In guerra i soldati non solo uccidono, ma sono pure uccisi. Questo avrebbe dovuto essere dichiarato in anticipo. Ma le osservazioni del generale sono pure corrotte dall'ipocrisia: chi uccide in pochi mesi più di 1.000 libanesi e di 300 palestinesi, per dubbi motivi, non ha il diritto di parlare di preoccupazione per la vita umana. Il fatto che la protesta pubblica contro la guerra non sia decollata dimostra che, dopo aver smesso di preoccuparci per la vita degli altri, stiamo anche gradualmente smettendo di preoccuparci per quella dei nostri figli, inutilmente uccisi. Il disprezzo per la vita umana inizia da quella degli arabi, e finisce con quella degli ebrei. Che lunga strada abbiamo percorso da quando, per quanto con ipocrisia, parlavamo di "purezza delle armi".
Questo concetto è stato totalmente cancellato dal vocabolario. Che lunga strada abbiamo percorso da quando eravamo orgogliosi del fatto che, diversamente dagli arabi, cercavamo di non uccidere civili innocenti. E adesso siamo arrivati allo choc della realtà della seconda guerra nel Libano. Per esempio, il numero di persone uccise da Israele non solo è 10 volte superiore a quelle uccise da Hezbollah, ma il numero di soldati uccisi da Hezbollah è tre volte superiore a quello dei civili, mentre il numero di civili libanesi uccisi da Israele è circa tre volte superiore al numero di combattenti di Hezbollah. Allora, quali armi sono più pure? Un giornalista di The Guardian, attualmente in Israele, è rimasto scosso nell'udire che questi numeri non sono stati oggetto di discussione pubblica, qui. Lo stadio attuale di declino etico è iniziato con gli assassinii mirati nei territori. Quando sono cominciati, si discuteva ancora se fossero legali e giusti. Chi ricorda che gli assassinii erano un tempo limitati (per lo meno a parole), alle bombe ad orologeria?
L'Alta Corte di Giustizia, nella sua codardia, ha evitato per anni di prendere posizione sul problema, malgrado le petizioni che le erano presentate. E il progetto di assassinii è cresciuto e si è dilatato, fino a raggiungere dimensioni mostruose. Negli ultimi mesi, quasi nessun giorno è trascorso senza che si uccidessero palestinesi a Gaza. Invece di chiedercene il motivo, abbiamo un primo ministro che si vanta, al Comitato Parlamentare per gli Affari Esteri e la Difesa, di circa 300 terroristi morti in quattro mesi come se le uccisioni fossero in sè un grandioso risultato. Questo quanto apprendiamo da Ehud Olmert: qualcosa di incommensurabilmente più grave di tutta la corruzione che gli si attribuisce.
Nessuno ha chiesto chi erano le vittime, se tutti meritavano di morire, quale beneficio ottenga Israele da tutte queste uccisioni all'ingrosso. Oltre allo spaventoso numero di civili ammazzati, fra cui decine di donne e bambini, dovremmo anche domandare se ogni persona armata a Gaza (ve ne sono decine di migliaia) meriti di essere condannata a morte, senza processo.
Il giorno in cui l'IDF ha dato inizio agli assassinii mirati, ha condannato a scomparire le nostre preoccupazioni per la vita umana. L'IDF opera nella cittadina di Beit Hanun ormai da diversi giorni. L'Operazione Nubi d'Autunno ha apparentemente lo scopo di mirare a chi lancia razzi Qassam, ma nel frattempo ha solo portato più missili su Sderot oltre alle morti, alla distruzione ed al terrore che si impianta nel cuore dei 30.000 abitanti della cittadina. Di recente, sono stato due volte nella casa della famiglia di Abu Ouda, a Beit Hanun: la prima quando una bomba ha distrutto la loro abitazione; la seconda quando dei soldati hanno ucciso padre, figlio e figlia, innocenti di ogni delitto. E questo era prima dell'Operazione Nubi d'Autunno. E come presenta la stampa israeliana Nubi d'Autunno? Su Maariv, martedì, c'era bisogno di una lente d'ingrandimento per trovare una nota estemporanea sull'uccisione di 10 palestinesi in un solo giorno; lo stesso vale per Yediot Ahronot. I due giornali più diffusi del Paese mostrano un livello di disumanizzazione disgustoso. Che il commentatore militare di Yediot Ahronot, Alex Fishman, asserisca che uno degli scopi di Nubi d'Autunno è di far esercitare le truppe per "la grande operazione" non evoca alcuna protesta. Se l'IDF s'imbarca in esercitazioni in una zona densamente popolata, seminando morte e distruzione, non dimostra forse uno spaventoso disprezzo per la vita umana?
Le uccisioni quotidiane a Gaza sono menzionate a malapena. Operazioni futili, che hanno lo scopo di restituire all'IDF l'onore perduto, non evocano alcun dibattito circa lo scopo, l'eticità, le probabilità di successo. Nessuno si meraviglia del rapporto fra il danno causato dai Qassam e quello delle morti e delle distruzioni fra cui il bombardamento della centrale elettrica a Gaza, dove un milione e mezzo di persone sono in gabbia, in miseria ed alla fame. Queste futili operazioni non fermeranno i Qassam, che hanno lo scopo di far ricordare con dolore, a noi e al resto del mondo, la pena degli abitanti di Gaza, in prigione e boicottati: nessuno la noterebbe, se non fosse per i missili. Il sistema per combattere i Qassam è quello di por fine al boicottaggio, di sedersi al tavolo dei negoziati e di raggiungere un accordo. Altrimenti continueremo a scivolare nel baratro, diventando indifferenti alle loro morti, e presto anche alle nostre. Ascoltate il maggiore Stern.

 
(traduzione di Paola Canarutto) 
 

Libano, con gli sminatori di cluster bomb
"Ne abbiamo già trovate 45 mila"
La guerra è finita, ma la strage continuerà ancora a lungo
2 novembre 2006 
http://www.repubblica.it/2006/10/sezioni/esteri/libano/cluster-bomb/cluster-bomb.html
  
REPORTAGE / Secondo l'Onu sono oltre un milione gli ordigni inesplosi 
La bonifica dovrebbe finire entro il 2007. Ma intanto è impossibile coltivare i campi 
  
Gianluca Ursini 
  
TIRO (LIBANO) - L'eredità lasciata dalla guerra di quest'estate non osserva vacanze. Anche ieri un libanese è morto, e un altro gravemente ferito, per aver raccolto da terra una bomba a grappolo, o cluster bomb, lasciata dalle incursioni israeliane interrotte dalla tregua del 14 agosto.  
Secondo calcoli Onu, dovrebbero esssere un milione 100mila gli ordigni inesplosi dall'ultima guerra, più 300mila dalle guerre precedenti. In Kosovo gli sminatori delle Nazioni Unite impiegarono 2 anni per bonificare 20mila bombe in un'area piu vasta.  

Hafez Khalil Hassan era un bidello della scuola 'Abbas Mussauì di Baalbek, nord della valle della Bekaa; aveva trovato un oggetto sospetto per terra e voleva mostrarlo al suo preside, quando l'oggetto è esploso, uccidendolo sul colpo e mandando il direttore Fashed Yaghi in terapia intensiva.  
Dalla fine dei 34 giorni di guerra sono già 160 i colpiti da queste mine particolarmente insidiose, come informa lo UnMacc, agenzia Onu incaricata dello sminamento. La metà minorenni, un terzo sotto i 12 anni. Ventuno i morti, come il cugino di Ali Jawad, 15 anni, una gamba ferita dalle schegge della cluster esplosa tra lui e il 18enne Hamal. Ad Ali è andata bene, era dietro Hamal che reggeva il bastone con cui stavano smuovendo un oggetto interrato, poco fuori il loro villaggio di Hallowsiye nel Sud. Ali è rimasto ricoverato una settimana all'ospedale Jabal Amel di Tiro.  

Se gli chiedete cosa vede nel futuro dei libanesi del Sud, vi guarderà con un barlume di disprezzo negli occhi e replicherà duro "Tu cosa pensi ci aspettiamo in queste condizioni?" A questo punto sarebbe meglio non chiedere cosa pensi degli israeliani, ma la risposta viene inaspettatamente pacata: "L'unica cosa che vorrei dire loro è di non usare ordigni tra i civili. I bambini non combattono le guerre".  

Le cluster bomb, o ordigni a grappolo, lanciati da Israele nel corso dell'offensiva estiva, si disperdono sul terreno dall'ogiva con cui vengono sganciate e possono uccidere anche ad anni di distanza. Esplodono per una semplice scossa. ''I nostri esperti in Kosovo ci hanno riferito di aver impiegato 2 anni per disattivarne 20mila. Noi pensiamo di farcela per fine 2007; intanto limoni, arance e olive marciscono sugli alberi perché i contadini non si possono avvicinare - spiega Dalya Farran dell'UnMacc - ma siamo ottimisti. Abbiamo molti più sminatori rispetto a Kosovo 2000'.  

Al momento non si ha ancora una mappa dettagliata dei luoghi in cui Israele ha sganciato questi ordigni. Israele ha promesso più volte mappe aggiornate, ma dalla UnMacc sostengono di aver ricevuto solo quelle relative ai campi minati nel 2000.  
La United Nation Mines Action Coordination agency coordina 5 società specializzate (Mag, Bactec, Srca, Npa, Ag). L'inglese Mag è attiva da oltre 15 anni e adotta un metodo semplice: fare istruire gli sminatori da altri professionisti che hanno già ripulito il proprio Paese. In Kosovo arrivarono i cambogiani; i kosovari hanno addestrato i curdi iracheni e 19 Curdi sono venuti quest'estate in Libano.  
Salam, team manager che coordina due gruppi da 15 persone, spiega come si bonificano i terreni assegnati. "Si procede in linea, due alla volta, assai lentamente. Schiena curva, si guarda palmo a palmo scostando cespugli e foglie sul terreno. In 9 giorni abbiamo completato dieci riquadri da 800 metri quadri l'uno sulla mappa, scoprendo 222 M77 di produzione israeliana, le più insidiose.  

"In due mesi abbiamo tra tutti i team rimosso 45mila mine, da record. Ne rimangono circa un milione 100mila, sganciate con 790 raid aerei e da 1800 missili, calcolando 650 cluster per missile e 644 in ogni aereo. Finora abbiamo contato 780 siti colpiti ma continuiamo a scoprirne di nuovi''.  

Chalak, sminatore caposquadra istruito dagli iracheni, mostra come si fa esplodere un ordigno, in una buca circondata da sacchi di sabbia. Le cluster sembrano scatole delle conserve alimentari. L'agrumeto in cui ci troviamo ha un odore forte di arance marce, che nessuno può raccogliere: un pasto per i vermi. Il terreno è pieno di paletti giallorossi che indicano dove le cluster sono state neutralizzate. Molta prudenza con i paletti rossi, che indicano a un metro un ordigno inesploso.  

Un agricoltore guida un furgoncino carico di casse di limoni. ''Almeno il limoneto è stato bonificato. Le arance invece sono destinate a marcire sui rami..". "Per giorni interi lo sminamento sarà bloccato dalle prime piogge - spiega Chalak - e in più molte bombe stanno finendo sotto il fango".  
Il Ministero dell'Interno libanese ha comunicato lunedì che alcuni agricoltori in zone lungo il confine come Abbassiye, Marjayun o Bent Jbeil, entrano a proprio rischio negli uliveti per non perdere l'annata, prima dell'arrivo dei Suv con gli adesivi colorati di BacTec, o Srsa, o Mag. Anche se il lavoro degli sminatori dovesse essere completato per il 2007, per alcuni sarebbe troppo tardi per sopravvivere. 

 

24 ottobre 2006 - www.ilmanifesto.it
Domenico Gallo: «Armi al fosforo vietate dalle Convenzioni di Ginevra»
  
23 ottobre 2006 
http://www.unita.it/view.asp?IDcontent=60517
  
Maura Gualco 
  
Israele ha ammesso di aver usato il fosforo bianco durante la guerra in Libano, nonostante già da tempo media internazionali,organizzazioni umanitarie e il governo libanese, ne avessero documentato il suo utilizzo. L´esecutivo israeliano si giustifica affermando di non aver nessun divieto in merito in quanto non avrebbe mai sottoscritto il Terzo Protocollo della Convenzione di Ginevra che ne vieta l´uso. Non è, tuttavia, soltanto il Terzo Protocollo che proibisce l´uso di fosforo bianco. Ne parliamo con Domenico Gallo, magistrato esperto in diritto internazionale ed ex senatore.  

Come sono considerate dal diritto internazionale le armi al fosforo? 
«Non sono contemplate espressamente dalle norme internazionali. Salvo il fatto che il fosforo è un precursore delle armi chimiche e quindi bandito come tutte le armi chimiche. Ciò, non vuol dire, tuttavia, che l´uso delle armi al fosforo sia libero e il diritto internazionale sia indifferente al suo uso. In realtà c´è un principio consuetudinario che è stato ribadito nel Primo Protocollo allegato alle Convenzioni di Ginevra. E che stabilisce l´impiego di armi o sostanze o metodi di guerra capaci di causare mali superflui o sofferenze inutili. Così come sono vietati gli attacchi indiscriminati e l´uso di quelle armi nei confronti di civili e di forze militari nemiche. Il fosforo bianco per le sue conseguenze è una sostanza chimica che viene usata come sostanza incendiaria ma essendo chimica produce sofferenze particolari. Questo metodo di guerra, contemplato nell´articolo 35 del primo Protocollo, è inaccettabile perché produce mali superflui. E riflette un principio consuetudinario a cui sono vincolati anche gli Stati che non hanno firmato il Primo Protocollo».  
  
Distinzione normativa nell´uso del fosforo bianco tra obiettivi civili e militari? 
«C´è una Convenzione del 1980 che vieta uso di armi che causano sofferenze superflue o indiscriminate. A questa Convenzione è stato aggiunto un Protocollo, il Terzo, che vieta l´uso di armi incendiarie nei confronti della popolazione civile. Quindi ne autorizza l´uso nei confronti dei militari. Ma il fosforo bianco non è una semplice arma incendiaria. La bottiglia molotov è una semplice arma incendiaria. Ma è anche un´arma chimica che produce effetti ulteriori. Dunque la disciplina ricade nel Primo Protocollo e non nel Terzo».  

Israele ha ammesso di aver usato il fosforo bianco. Ha ha violato il diritto internazionale?  
«Sì, ha usato un´arma inammissibile dal punto di vista del diritto bellico e che pone dei limiti all´uso della violenza».  

Gerusalemme si giustifica sostenendo di non aver sottoscritto il Terzo Protocollo.  
«Questi protocolli sia il Primo che la Convenzione dell´80 ribadiscono principi già vigenti del diritto internazionale quindi principi che appartengono al diritto internazionale generale non a quello pattizio e che nasce dai trattati». 
  
In molti casi Stati Uniti, Israele, Russia e altri Paesi giustificano comportamenti contrari al diritto internazionale con il fatto che non hanno sottoscritto determinati trattati. Che strumenti hanno le Nazioni Unite davanti a certi comportamenti che considera illegittimi?  
«Questi comportamenti dovrebbero essere censurati dall´opinione pubblica e considerati illegitimi dai governi e dalle classi dirigenti». 

 

Razzo Hezbollah uccide 12 riservisti in Galilea. Tre morti ad Haifa
In 26 giorni sotto le bombe di Gerusalemme oltre 900 vittime
Israele-Libano, distruzioni e sangue
Sui due fronti si continua a morire
6 agosto 2006 
http://www.repubblica.it/2006/08.../strage-galilea.html
 
In Israele e in Libano in attesa di una tregua si continua a morire. Lo Stato ebraico ha vissuto oggi una delle giornate più pesanti dall'inizio del conflitto con Hezbollah. Nel giro di poche ore 12 militari sono stati uccisi da un razzo esploso in una zona aperta della Galilea e alcune ore dopo Haifa è stata colpita da un pesante bombardamento che ha provocato la morte di almeno tre persone e una sessantina di feriti, alcuni dei quali versano in condizioni gravi. In serata alcuni analisti militari israeliani hanno ipotizzato che eventi del genere non possano passare senza una reazione militare pesante, malgrado gli sforzi diplomatici per raggiungere un cessate il fuoco. E sulla stessa capitale libanese, oggi, in pieno giorno, sono di nuovo cadute le bombe, mentre nel Sud del Paese raid aerei e fuoco d'artiglieria hanno causato ancora decine di vittime, portando il bilancio dei civili uccisi in 26 giorni di combattimenti ben oltre quota 900.  

La strage in Galilea. La vicenda della strage in Galilea, avvenuta presso il kibbutz di Kfar Ghiladi, a sud di Kiryat Shmona, ha avuto un prologo. Ieri infatti un commando israeliano era riuscito ad operare nella zona di Tiro, dove aveva distrutto bunker e arsenali degli Hezbollah. Al ritorno in Israele forze speciali avevano avvertito che oggi, alle 12 in punto, gli Hezbollah avrebbero scatenato un durissimo bombardamento. In quell'ora gli abitanti di Kiryat Shmona sono entrati a precipizio nei loro rifugi, mentre sulla loro città piovevano in rapida successione decine di razzi che hanno distrutto la sinagoga centrale e il centro commerciale.  

Razzo sul cimitero. Mentre i razzi ancora esplodevano nel centro abitato, dal vicino kibbutz di Kfar Ghiladi si è appreso che la esplosione di un razzo in una zona aperta, il cimitero, aveva provocato almeno una decina di morti e feriti. Malgrado il pericolo personale per gli equipaggi, numerose ambulanze si sono dirette a sirene spiegate verso il luogo del disastro dove hanno effettivamente trovato una scena raccapricciante. I morti, dilaniati dalle esplosioni, giacevano riversi sulle tombe, in ordine sparso. In seguito si è appreso che il razzo li aveva centrati mentre erano immersi nella preghiera di 'mincha', della tarda mattinata.  

La morte dei riservisti. Si trattava di riservisti, arruolati oggi con un ordine di richiamo immediato, arruolati in unità diverse fra cui paracadutisti e genio. Secondo alcune informazioni, si stavano organizzando per entrare in Libano. Attorno a loro c'erano camion con munizioni. Altri riservisti che trovavano nelle vicinanze hanno provveduto a prestare loro soccorso e ad organizzare le operazioni di salvataggio per i feriti, alcuni dei quali versavano in condizioni disperate. Due degli evacuati sono morti dopo il ricovero nell'ospedale Ziv di Safed. Altri feriti sono stati trasportati nell'ospedale Rambam di Haifa.  

Festeggiamenti in Cisgiordania e Gaza. Per molte ore i mezzi di comunicazione non hanno potuto riferire che le vittime erano soldati della riserva, in ossequio alle restrizioni della censura militare secondo cui informazioni del genere possono essere divulgate solo quanto i congiunti diretti delle vittime siano stati informati personalmente. Le notizie della esplosione di Kfar Ghiladi hanno destato scene immediate di entusiasmo fra i palestinesi della Cisgiordania e di Gaza che sono scesi nelle strade per inneggiare a Hassan Nasrallah e per distribuire dolciumi ai passanti. A Nablus è stata notata in particolare la presenza dei miliziani delle Brigate di al-Aqsa (al Fatah) che in segno di gioia hanno sparato in aria raffiche di arma automatica.  

La strage di Haifa. Poche ore dopo è stata la volta di Haifa, la terza città del paese, a trovarsi esposta, dopo dieci giorni di tranquillità, ad un durissimo attacco lanciato da Tiro. Alle ore 20 locali, proprio quando i telegiornali israeliani iniziavano i loro programmi, Haifa è stata investita da un pesantissimo bombardamento. I razzi sono caduti in sei zone diverse della città, fra cui in un rione arabo. In serata una salva di katiuscia ha colpito ancora Haifa, la terza città del paese, dove fa l'altro è crollato un edificio. Il bilancio, ancora provvisorio, parla di tre vittime. Il numero dei feriti e delle persone in stato di shock che hanno avuto bisogno di cure mediche è stimato ora in una sessantina, secondo i media locali.  

Bombardamenti in Libano. Anche oggi ci sono stati duri scontri fra soldati israeliani e miliziani Hezbollah nel Libano meridionale, dove Israele sta consolidando una fascia di sicurezza di 7-8 km circa di profondità in territorio libanese. Nel villaggio di Ras Bayada, a sud di Tiro, due soldati sono stati feriti, uno è in condizioni gravi. Scontri a fuoco sono segnalati anche nei villaggi di a-Tiri, Beit Lif e Rajamin dove le forze israeliane avrebbero ucciso alcuni miliziani Hezbollah. Nella notte, secondo la radio militare, forze speciali israeliane hanno di nuovo colpito a sud di Tiro obiettivi Hezbollah distruggendo un bunker, tre lanciarazzi e tre magazzini di armamenti. Alcuni miliziani sono stati uccisi. E' il secondo raid nella stessa zona in due giorni.  

Almeno sei persone sono rimaste uccise e cinque ferite in un raid aereo israeliano condotto contro il villaggio di Ansar. Tre donne sono state sepolte sotto le macerie della loro casa centrata da una bomba nel villaggio di Jibin e tre civili sono rimasti uccisi ed uno ferito in un bombardamento contro il villaggio frontaliero di Naqura, nei pressi del quartier generale della forza dell'Onu dispiegata al confine tra Libano e Israele (Unfil). Nella stessa zona, sulla strada tra Naqura e Tiro, sono rimasti uccisi anche tre soldati libanesi, il cui posto di blocco è stato centrato da un razzo sparato da un caccia israeliano. E ancora, a poca distanza, tre militari cinesi dell'Unifil sono rimasti feriti quando un razzo, probabilmente sparato da miliziani Hezbollah, si è abbattuto sul deposito munizioni della loro postazione a Mansouri, poco a Nord del confine.  

Meno fortunati sono stati invece due civili che viaggiavano davanti ad un convoglio umanitario dell'Onu diretto verso Sud: un razzo sparato da un caccia israeliano ha centrato in pieno il loro furgone, uccidendoli sul colpo. "Trasportavano pane, erano diretti a Tiro", ha detto all'Ansa Robin Lodge, portavoce del Programma alimentare mondiale delle Nazioni Unite. 

7 agosto 2006

La RAI non metta da parte Pagliara, ma che lo paghi il governo israeliano

Franco Ragusa

No, non si faccia come ha fatto Berlusconi, però c'è un limite a tutto.
I servizi da Israele di Claudio Pagliara sono sempre più scandalosi e sempre più orientati ad "orientare" chi lo ascolta.
In ogni servizio ci almeno due o tre riferimenti a sostegno delle iniziative militari e diplomatiche del governo israeliano.
Il tutto condito da una coreografia tesa a drammatizzare gli eventi: dal giubbetto antiproiettile (forse sbaglio, ma credo sia l'unico inviato a presentarsi così conciato) all'eccitazione nel descrivere i danni provocati dai razzi lanciati dagli Hezzbollah, che per inciso possono sì e no costituire l'1% dei danni causati giornalmente da Israele a danno di palestinesi e libanesi.
Nella totale assenza, quindi, di un pur minimo riscontro con la realtà del dramma vissuto da libanesi e palestinesi, Claudio Pagliara ci parla di attacchi missilistici che si susseguono dall'alba al tramonto: "10, 20 razzi alla volta nello spazio di pochi minuti". Ma considerato che si tratta, nelle giornate più dure, di non più di 150-200 razzi al giorno (numeri forniti dallo stesso Pagliara), per lo più in zone disabitate, va da sé che le cose in Israele vanno certamente molto meglio che in Libano o nella striscia di Gaza. Ma Claudio Pagliara, questo, si guarda bene dal commentarlo, preoccupandosi invece di trovare le parole giuste per motivare l'escalation militare da parte del governo israeliano.

Claudio Pagliara vive in un mondo tutto suo, dove se arrivano 100-200 razzi in Israele non è perché in queste ultime settimane la rappresaglia militare scatenata dal governo israeliano in risposta al rapimento di due soldati ha già provocato oltre mille morti tra la popolazione libanese, di cui gran parte bambini ed un milione di sfollati; la distruzione di interi quartieri e delle maggiori infrastrutture, comprese tutte le vie di comunicazione con conseguente impossibilità di far arrivare gli aiuti umanitari alla popolazione libanese.
No, per il nostro inviato-politologo i razzi su Israele di queste ultime ore vanno letti come la risposta degli Hezzbollah agli sforzi di pace della diplomazia internazionale.
I bombardamenti su tutto il Libano da parte di Israele, invece, vanno letti come la chiave di volta per consentire alla comunità internazionale di trovare il terreno giusto per dispiegare l'iniziativa di pace.
Parafrasando un grande libro di Primo Levi che dovrebbe essere inserito nei programmi scolastici, pensando a Claudio Pagliara viene purtroppo da commentare: "Se questo è un giornalista".

 

Raid israeliano a Qaa contro un gruppo di contadini, 33 morti
Distrutte le infrastrutture della capitale, bloccate le vie di fuga
Strage nella Beka, razzi sulla Galilea
Beirut è isolata, bloccati gli aiuti
L'esercito dello Stato ebraico registra la perdita di 3 militari
Esercitazioni a Tel Aviv dopo le minacce di un attacco alla città
4 agosto 2006 
http://www.repubblica.it/.../strage-bekaa.html
  
Razzi sulla Galilea, bombe su Beirut e sulla Valle della Bekaa, combattimenti furiosi. Il conflitto fra Israele e Libano registra, oggi, una giornata di stragi. Almeno 33 persone sono morte in seguito a un attacco messo a segno dall'aviazione israeliana contro un parcheggio utilizzato per il carico di frutta e verdura, alla frontiera fra Libano e Siria. Un altro attacco israeliano ha fatto 17 morti nella città meridionale di Taiba, vicino alla frontiera con Israele. Numerose le infrastrutture distrutte, fra cui i collegamenti con l'unico passo di frontiera con la Siria ancora aperto. L'esercito israeliano, che registra la perdita di 3 militari, sta "ripulendo" una fascia di sicurezza di 6-8 chilometri lungo il confine, in previsione di un cessate il fuoco che potrebbe intervenire la prossima settimana, e dell'arrivo di una forza di pace multinazionale.  

L'attacco nella Bekaa. Il raid israeliano contro il camion di frutta è stato compiuto in pieno giorno nella località di Qaa, a circa 50 chilometri dall'antica città romana di Baalbeck, nel cuore della Valle della Bekaa, fra i principali bastioni di Hezbollah. Secondo testimoni, l'aviazione israeliana ha centrato un gruppo di circa 25 contadini siriani e curdi. Decine i feriti: circa 15 sono stati portati negli ospedali siriani. Anche la zona cristiana nel nord del Libano, finora risparmiata, è stata per la prima volta sottoposta ai raid: una strategia finalizzata, a quel che sembra, a diffondere il terrore fra la popolazione.  

Beirut isolata a nord. Gli attacchi israeliani hanno abbattuto quattro ponti che collegavano la capitale con le strade settentrionali del Paese e con l'unico passo di frontiera ancora aperto con la Siria. Gli aerei israeliani hanno distrutto anche parte dell'autostrada che unisce Beirut a Tripoli e la frontiera nord con la Siria, unica via rimasta aperta fra il Libano e l'esterno.  

Bloccati i convogli umanitari. La distruzione delle infrastrutture ha compromesso il lavoro delle organizzazioni umanitarie, costrette a modificare i piani di invio di aiuti di emergenza nel Paese, in particolare da e per Beirut. "Per oggi era previsto un convoglio non solo di aiuti ma anche di personale, ma in queste condizioni non potrà partire" ha detto la portavoce del Pam, il Programma alimentare mondiale, Christiane Berthiaume.  

Tre soldati uccisi. Tre militari israeliani sono stati uccisi nei combattimenti. Secondo Israele, si tratta di due soldati e un ufficiale. L'emittente satellitare araba Al Arabiya ha parlato di 6 militari israeliani uccisi. Secondo la radio militare israeliana, almeno 13 miliziani sarebbero morti nei combattimenti, e altri sarebbero stati catturati e portati in Israele.  

Pioggia di razzi sulla Galilea. Il nord di Israele è stato sottoposto a una pioggia di circa 200 razzi Katiusha lanciati dagli hezbollah, che anche oggi hanno fatto 3 vittime, tutti civili arabo-israeliani, e decine di feriti. I razzi da alcuni giorni non colpiscono più Haifa (probabilmente perché l'offensiva militare in Libano ha allontanato i lanciarazzi dal confine) ma cadono in numero crescente sui centri abitati arabi del nord. Razzi anche sulle alture del Golan popolate da drusi siriani e perfino in territorio siriano. Ieri 160 razzi avevano colpito la Galilea uccidendo 8 civili.  

Tel Aviv si prepara. La città in allerta in previsione di possibili attacchi missilistici, dopo le nuove minacce agitate ieri dal leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah. Il municipio ha predisposto piani di emergenza aprendo e controllando i rifugi pubblici della città e con alcune simulazioni di allarme. La popolazione di Tel Aviv resta per il momento calma, affollati i centri commerciali e i caffè. Migliaia di israeliani si sono riversati oggi, primo giorno del weekend ebraico, sulle spiagge della città.

Strage di Cana Strage di Cana
Strage di Cana
Raid aereo nel villaggio meridionale libanese di Cana
Israele colpisce palazzo: 55 vittime civili. Tra i morti anche 22 bambini.
L'attacco è stato compiuto attorno l'una di notte, ma i bombardamenti sono proseguiti fino al mattino
30 luglio 2006 
http://www.corriere.it/...//07_Luglio/30/strage.shtml
  
Sono almeno 55 i morti nel bombardamento di una palazzina nel villaggio meridionale libanese di Cana, secondo quanto riferisce l'emitteNte Tv araba Al Jazira. Tra le vittime ci sono 22 bambini. L'attacco, ha detto un testimone, è stato compiuto attorno l'una di notte, ma non è stato possibile raggiungere il palazzo distrutto fino al mattino a causa del perdurare dei bombardamenti. L'esercito libanese sta intanto cercando di inviare dei bulldozer sul posto per aiutare a scavare tra le macerie, dove i soccorritori sono al lavoro a mani nude.  
I SOCCORSI - L'emittente Tv libanese Lbc continua intanto a mostrare drammatiche immagini dei soccorritori della Croce Rossa che estraggono cadaveri dalle macerie, e diversi sono di bambini. Mostrano anche alcuni civili che portano tra le braccia i corpi senza vita di uomini e donne, e anche quelle di un uomo coperto di polvere che solleva da terra il corpo senza vita di una bimba e urla la sua rabbia alle telecamere.  
VILLAGGIO GIA' COLPITO NEL '96 - Il villaggio di Cana è stato pesantemente segnato dalla guerra tra Israele ed Hezbollah già il 18 aprile del 1996, quando durante l'operazione «Furore» condotta dall'esercito israeliano contro i guerriglieri sciiti venne bombardata dall'artiglieria dello Stato ebraico una vicina base del contingente dell'Onu (Unifil) dove avevano trovato rifugio centinaia di civili. In quel caso i morti furono oltre 100, poi sepolti in una fossa comune al centro del villaggio, dove è stato in seguito eretto anche un monumento. 
IL PREMIER: «ISRAELE CRIMINALE DI GUERRA» - Il primo ministro libanese Fuad Siniora ha chiesto oggi una «tregua immediata e incondizionata» dopo aver appreso del bombardamento di Cana. Siniora ha definito Israele «criminale di guerra» e ha aggiunto che non parteciperà a nessun negoziato se non ci ci sarà un cessate il fuoco. In una conferenza stampa convocata d' urgenza il primo ministro libanese Siniora, accanto al quale era il presidente del parlamento, Nabih Berri, ha detto di voler «lanciare un grido molto forte a tutti i libanesi, tutti gli arabi e tutto il mondo perchè stiano al nostro fianco di fronte ai criminali di guerra israeliani». «La continuazione dell' aggressione israeliana - ha aggiunto Siniora - non spezzerà la nostra fermezza. In questo momento qualsiasi discorso diverso dal cessate il fuoco non è accettabile».  
RAMMARICO DI ISRAELE - Il ministero degli Esteri israeliano ha espresso rammarico per la morte di oltre 50 civili nel bombardamento del villaggio di Cana nel sud del Libano. «Israele esprime il suo rammarico per la morte di civili innocenti. Non vogliamo che dei civili siano coinvolti nella guerra tra Israele e Hezbollah» ha dichiarato il portavoce del ministero, Mark Regev. 
ANNULLATA LA VISITA DELLA RICE - La visita che il segretario di Stato americano Condoleezza Rice aveva in programma di effettuare in Libano è stato cancellata. Ad annunciarlo sono state fonti ufficiali nel paese, precisando che la Rice è stata informata dalle autorità di Beitrut che l'incontro non sarebbe stato possibile prima di un cessate il fuoco che ponga fine all'offensiva israeliana. Le stesse fonti hanno spiegato che alla Rice è stata comunicata la decisione del governo di Beirut dopo l'avvenuto bombardamento israeliano su Cana. 
OLMERT, PER TREGUA NIENTE FRETTA
 
A CANA AVVERTIMMO
  
30 luglio 2006 
  
http://www.repubblica.it/...x
  
Il primo ministro israeliano Ehud Olmert ha ribadito che lo Stato ebraico "non ha alcuna fretta" di proclamare un cessate-il-fuoco in Libano, neppure dopo la strage di Cana, villaggio di confine del sud dove i bombardamenti aerei in mattinata hanno provocato almeno 51 morti, tra cui 22 bambini. Il premier, nel suo primo commento sul peggiore bilancio in termini di vittime nei diciannove giorni di conflitto finora trascorsi, ha puntualizzato inoltre che gli abitanti di Cana erano stati avvertiti di lasciare la zona prima che i raid avessero inizio, e che proprio da quel villaggio i guerriglieri sciiti di Hezbollah avevano lanciato nuovi razzi contro Israele. Dal canto suo Mark Regev, portavoce del ministero degli Esteri, ha espresso il "rammarico" del suo Paese "per la morte di civili innocenti", e ha aggiunto: "Noi non vogliamo che i civili siano coinvolti nella guerra tra Israele ed Hezbollah". 
 
 
 

Uranio impoverito e nafta, in Libano è crisi ambientale
3 agosto 2006 

Gli Usa hanno fornito a Israele almeno 100 bombe Gbu-28 all'uranio impoverito. «Provocheranno una contaminazione tossica» dice Doug Rokke, l'ex capo del team militare americano sull'uranio Colpita la centrale elettrica di Jiyyeh, nei serbatoi in fiamme 15mila tonnellate di nafta: tutte sulla spiaggia 
  
www.ilmanifesto.it - Manlio Dinucci 
  
La guerra in Libano sta provocando danni sanitari e ambientali che vanno ben oltre il drammatico bilancio di vittime e distruzioni e al di là dello stesso territorio libanese. Questo piccolo paese mediterraneo con una superficie di circa 10mila chilometri quadrati, equivalente a quella dell'Abruzzo, viene martellato dalle forze aeree, terrestri e navali israeliane con migliaia di tonnellate di bombe e munizioni di tutti i tipi. Comprese quelle a uranio impoverito (Du).  
«La fornitura a Israele da parte degli Stati uniti di almeno 100 bombe bunker busters Gbu-28 con testate a uranio impoverito, da usare contro obiettivi in Libano, provocherà una ulteriore contaminazione tossica, radioattiva e chimica, con gravi effetti sanitari e ambientali in tutto il Medio Oriente»: a lanciare l'allarme è Doug Rokke, uno dei massimi esperti mondiali di depleted uranium che negli anni '90 ha diretto un team dell'esercito Usa incaricato di studiare gli effetti delle 320 tonnellate di munizioni Du usate nella guerra del Golfo. Per ripulire 24 carrarmati statunitensi contaminati dai proiettili Du che avevano usato, i quali emettevano significativi livelli di radiazioni fino a 50 metri di distanza, ci vollero tre mesi e, una volta riportati negli Stati uniti, ci vollero tre anni per decontaminarli. Nel giro di un decennio, nonostante avessero usato tute e maschere protettive, 30 dei cento membri del team morirono e lo stesso Rokke subì gravi danni ai polmoni e ai reni. Nel 1996 Rokke presentò un rapporto all'esercito, concludendo che «l'uranio impoverito è così pericoloso che deve essere messo immediatamente al bando quale arma da usare in combattimento». Con questo rapporto Rokke concluse anche la sua carriera nell'esercito.  
Oltre alle Gbu-28 e altre bombe aeree a uranio impoverito - denuncia Rokke - le forze israeliane usano in Libano anche proiettili Du per cannoni di carrarmati. Lo ha appurato da alcune foto: una (ignorata dai grandi media) mostra un soldato israeliano che, il 14 luglio 2006 al confine col Libano, carica su un carrarmato uno dei proiettili a testata Du perforante. L'uso di questi proiettili in un territorio così piccolo, sottolinea Rokke, avrà gravi effetti sull'intera popolazione, soprattutto su donne e bambini, e anche sui soldati israeliani. Rokke conclude che «l'uso di armi all'uranio è assolutamente inaccettabile, è un crimine contro l'umanità». Esse hanno gli stessi effetti che potrebbero avere le «bombe sporche» se venissero usate in qualche attentato: usare tali armi equivale a un «atto di terrorismo». 
Ai danni provocati dall'uranio impoverito si aggiungono quelli della marea nera che si sta diffondendo nel Mediterraneo in seguito al bombardamento israeliano della centrale elettrica di Jiyyeh, 30 km a sud di Beirut. Dai serbatoi in fiamme sono fuoriuscite sinora circa 15mila tonnellate di nafta, che hanno contaminato 80 km di coste libanesi minacciando anche quelle siriane. Achim Steiner, sottosegretario generale dell'Onu e direttore esecutivo dell'Unep (Programma delle Nazioni unite per l'ambiente) l'ha definita il 30 luglio «una tragedia ambientale che sta rapidamente assumendo una dimensione non solo nazionale ma regionale». Steiner si è detto anche molto preoccupato degli «impatti umanitari e ambientali provocati dagli attacchi contro altre infrastrutture, come aeroporti e porti, e dall'inquinamento che ne deriva». 
Di fronte al disastro sanitario e ambientale provocato dall'attacco israeliano in Libano, che cosa fa il governo italiano? Praticamente gira la testa dall'altra parte, ignorando i prevedibili effetti a lungo termine del massiccio uso di munizioni a uranio impoverito, che colpiranno la popolazione libanese e chiunque altro si trovi nel paese, compresi i soldati italiani che venissero inviati in Libano nel quadro di una forza internazionale. Che cosa fa il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare? Si preoccupa giustamente che «il Mediterraneo, che è un mare chiuso, sia vittima di leggerezze nel ripulire le stive delle petroliere», concludendo che «è una cosa molto grave, non è tollerabile» (Pecoraro Scanio, 18 luglio). Ma ignora che l'attacco israeliano in Libano ha provocato una immensa marea nera che si sta diffondendo nel Mediterraneo, quella che l'Unep definisce una «tragedia ambientale che sta rapidamente assumendo una dimensione regionale».

 

Programma Alimentare Mondiale:
«Corsa contro il tempo per gli aiuti umanitari»
  
28 luglio 2006 
http://www.unita.it/view.asp?IDcontent=58483
   
Al diciassettesimo giorno dell'offensiva israeliana in Libano, un libanese su cinque non ha più una casa né cibo. È, dunque, una corsa contro il tempo del Programma Alimentare Mondiale (Pam) per portare aiuti umanitari alla popolazione assediata del sud del Paese. L'organizzazione umanitaria, braccio operativo per gli aiuti alimentari delle Nazioni Unite, ha già inviato due convogli in due località a sud con aiuti urgenti. Avviato anche un ponte aereo umanitario per far fronte alle necessità di una popolazione in forte difficoltà. 

«Si tratta di donne e bambini che non solo rischiano ogni giorno di essere bombardati e feriti, ma anche di avere sempre meno cibo e acqua a disposizione. Non c'è tempo da perdere, dobbiamo raggiungerli», ha messo in guardia Amer Daoudi, coordinatore per l'operazione d'emergenza del Pam in Libano. 

Gli aiuti inviati nella mattinata di venerdì 28 luglio sono diretti alle città di Sidone e Jezzine, dove la popolazione è allo sbando. Questi aiuti non basteranno nonostante l'enorme quantità inviata: il convoglio di otto camion per Jezzine trasporta 90 tonnellate di farina di grano, 15 tonnellate di carne in scatola e altri generi di prima necessità come coperte e ripari forniti da "Medici senza Frontiere" (Msf). Quello per Sidone, invece, 18 tonnellate di cibo e comprende sei camion di generi inviati da Unrwa (L´Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l´occupazione dei profughi palestinesi nel Vicino Oriente) per i rifugiati palestinesi nei campi. Nei convogli ci sono anche medicine e attrezzature per ricoveri d'emergenza di diverse associazioni umanitarie come Undp, Unhcr, Unicef e Oms. 

Altri convogli sono previsti nei prossimi giorni. Il Pam sta lavorando il più rapidamente possibile per avere più camion e per trovare gli autisti disposti a viaggiare lungo strade pericolose. Preoccupano anche la scarsa disponibilità di carburante e l'aumento dei prezzi. «La situazione è sempre più drammatica», racconta il personale che ha viaggiato mercoledì 26 nel primo convoglio umanitario diretto a Tiro: «una lunga serie di villaggi deserti e di piccole città affollate all'inverosimile di sfollati, senza denaro per poter comprare cibo e acqua. Le persone in fuga si sono trovate intrappolate nel traffico diretto a nord». La città di Tiro era stata oggetto di pesanti bombardamenti lo scorso mercoledì con ordigni che sono caduti vicino al convoglio Onu appena giunto a destinazione. 

«Si sta preparando una catastrofe ancora peggiore, se non aiuteremo presto queste persone», ha sottolineato Daoudi. Il conflitto ha creato almeno 800mila sfollati tra le macerie di infrastrutture e la scarsità di servizi e beni essenziali. 

Il Pam fornirà assistenza, prima di tutto, alle persone bisognose, compresi 95mila sfollati che hanno trovato riparo nelle scuole e negli edifici pubblici di Beirut, 165mila persone nella zone più duramente colpite nel sud del Libano e 50mila delle circa 140mila persone fuggite in Siria. 

Ma anche l´emergenza umanitaria ha i suoi costi e per far fronte alle necessità del Libano il Pam, nonostante sia la più grande agenzia umanitaria del mondo, necessita di 48 milioni di dollari per logistica e cibo. Il valore della sola operazione per la logistica ammonta a 38 milioni di dollari. Il Pam prevede di consegnare sino a 12mila tonnellate di cibo e generi di prima necessità ogni mese e di gestire la flotta dei camion per conto delle agenzie Onu, le organizzazioni non governative e quelle internazionali.  
  
Luigina D'Emilio

Raid israeliano uccide quattro osservatori Onu 
Annan: «Attacco apparentemente deliberato». La replica: ci spiace, ma non miravamo a loro
 26 luglio 2006  
 www.corriere.it
   
Un missile israeliano ha distrutto una base dell’Onu, nel sud del Libano, uccidendo quattro Caschi blu. Gli osservatori morti provenivano dall’Austria, dal Canada, dalla Cina e dalla Finlandia. Ieri notte due corpi sono già stati recuperati, gli altri erano ancora sotto le macerie.   
Il portavoce dell’Unifil, Milos Strugar, ha confermato l’attacco e ha spiegato che prima del raid altri 14 proiettili erano esplosi attorno alla postazione, vicino alla città di Khyiam. I bombardamenti sono continuati anche durante le operazioni di soccorso, quando le squadre Onu hanno cercato di estrarre i corpi dalle macerie.   
Kofi Annan, a Roma per il vertice di oggi alla Farnesina, ha detto di essere sgomento. «L’aviazione israeliana ha apparentemente preso di mira in modo deliberato la nostra postazione», ha commentato il segretario generale delle Nazioni Unite. E ha chiesto allo Stato maggiore un’inchiesta. «Il bombardamento aereo e d’artiglieria è avvenuto contro una base segnalata e che esisteva da molto tempo. Il premier Ehud Olmert mi aveva assicurato che le postazioni Onu sarebbero state risparmiate nei combattimenti». Fonti del Dipartimento di Stato americano, al seguito di Condoleezza Rice a Roma, hanno invece parlato di un «incidente»: «E’ stata una tragedia terribile». Gli israeliani hanno risposto di «non mirare mai al personale Onu» e hanno annunciato un’indagine. «Siamo profondamente dispiaciuti. Fin dall’inizio del conflitto abbiamo fatto di tutto per garantire la sicurezza dei caschi blu», ha detto Mark Regev, portavoce del ministero degli Esteri.   
La missione dell’Unifil è in Libano dal 1978, dopo la prima grande offensiva israeliana nel sud. Nei giorni scorsi, il proiettile di un tank ha centrato un’altra base, ferendo quattro ghanesi. Il capitano Roberto Punzo è stato invece colpito domenica dal fuoco dei miliziani sciiti. Nel 1996 l’aviazione israeliana aveva distrutto una base dell’Unifil - durante l’operazione Grappoli di furia - uccidendo 106 civili, che avevano cercato rifugio tra i caschi blu.   
Ieri sono ricominciati i bombardamenti al sud di Beirut, dopo una pausa per permettere la visita di Condoleezza Rice, che è passata dalla capitale lunedì, in elicottero da Cipro. Nei raid sui villaggi nel sud, una famiglia di 7 persone è stata sterminata, quando un missile ha distrutto la casa dove vivevano a Nabatyeh.   
Novanta razzi sono stati sparati dagli artiglieri di Hezbollah contro il nord di Israele. Una ragazzina araba israeliana di 15 anni è rimasta uccisa a Maghar, un uomo è morto per un infarto a Haifa, mentre correva verso un rifugio.   

Davide Frattini

 

Il segretario dell'Onu per i diritti umani:
«Israele viola il diritto umanitario internazionale»
   
23 luglio 2006   
http://www.unita.it/...=58334
 
Il segretario generale aggiunto dell´Onu per i diritti umani, Jan Egeland, ha accusato Israele di violare il diritto umanitario per i bombardamenti contro i quartieri civili di Beirut.   

«C´è una distruzione edificio per edificio di parecchie zone residenziali. Si tratta di un uso della forza eccessivo in un´area con tanti abitanti» ha detto Egeland al termine di una visita dei quartieri di Beirut distrutti dai bombardamenti israeliani.   

Il diplomatico norvegese è in Libano per lanciare un appello internazionale perché siano organizzati soccorsi urgenti per il mezzo milione di profughi libanesi,   

Sabato, Egeland – che ha definito la risposta israeliana attacchi Hezbollah «sproporzionata» - aveva dichiarato che in Libano si sta vivendo una crisi umanitaria di enormi proporzioni. 

La condanna dei giuristi:
«Israele colpevole di crimini di guerra»

22 luglio 2006    

http://www.unita.it/view.asp?IDcontent=58310
 
«In base al diritto in tempo di guerra, attacchi internazionali contro la popolazione civile come quelli compiuti finora in Libano, contro civili che non prendono parte al conflitto costituiscono un crimine di guerra. La distruzione dell´aeroporto di Beirut e di aerei civili sono due esempi palesi». Lo afferma una nota ufficiale diffusa dalla Commissione internazionale dei giuristi (Icj) che riunisce sessanta eminenti giuristi di tutto il mondo. Per l´Italia, Antonio Cassese, già presidente del Tribunale internazionale per l'ex Yugoslavia.    

Il documento condanna sia le operazioni militari israeliane sia i bombardamenti degli Hezbollah: «Negli ultimi giorni prosegue la nota le forze aeree israeliane hanno distrutto un numero infinito di edifici civili, di infrastrutture e mezzi di trasporto in operazioni che hanno ucciso almeno trecento persone, la maggior parte delle quali civili, creando il caos nelle città libanesi e portando allo sfollamento di oltre mezzo milione di persone. Esterrefatti dall´impatto di operazioni militari così violente, la Commissione internazionale dei giuristi (Icj) ricorda che Israele ha l´obbligo di rispettare senza alcuna condizione di vita la sicurezza dei civili come stabilito dalla convenzione di Ginevra di cui è firmatario». Nel documento i giuristi chiedono l´intervento urgente delle Nazioni Unite e si dicono stupiti della «inattività e dell´apatia della comunità internazionale» nei confronti delle azioni militari condotte da Israele in Libano o a Gaza, che stanno causando la morte e la sofferenza di molti civili innocenti.     

Includendo i lanci di missili da parte dei miliziani di Hezbollah, i giuristi aggiungono: «Allo stesso modo bombardare città indifese, villaggi e strutture che non sono obiettivi militari costituisce un crimine di guerra per cui alcuni individui potranno essere incriminati come responsabili». Federico Andrei-Guzman, vicesegretario generale dell´Icj ha aggiunto: «Se Israele ha il legittimo diritto di difendersi da rapimenti e dal lancio di missili sul proprio territorio, questo diritto non è illimitato ed è soggetto alle restrizioni del diritto internazionale… Invece, le sproporzionate e indiscriminate reazioni dell´esercito israeliano sono rappresaglie contro la popolazione civile e assomigliano molto a una sorta di punizione collettiva». «Nel diritto internazionale, le punizioni collettive costituiscono un crimine di guerra», ha concluso Andrei-Guzman. 

Unifil, tre postazioni colpite da Israele
    
21 luglio 2006    
http://www.tio.ch/common...2
 
BEIRUT - Tre postazioni dell'Unifil, la forza Onu in Libano, sono state colpite tra ieri sera e oggi dall'artiglieria israeliana, mentre pesanti scambi di fuoco sono continuati lungo la linea blu (di confine) nelle ultime 24 ore. Lo rende noto un comunicato della stessa Unifil, dopo che un portavoce, contattato per telefono da Beirut, aveva escluso la notizia proveniente da fonti israeliane secondo cui un razzo o un missile di Hezbollah aveva raggiunto una postazione.    

Nel comunicato si precisa che tre colpi di artiglieria sono arrivati sull'edificio dentro la base del Gruppo di Osservatori Libano (Ogl) nell'area di Marun Al Ras, provocando danni estesi a veicoli e costruzione, ma nessuna vittima. La stessa postazione era stata colpita ieri da altri quattro colpi di artiglieria. Nella base si trovano 34 civili provenienti dal vicino villaggio.    

Un altro proiettile aveva colpito il compound dell'Unifil a Naqura ieri sera ed uno è caduto sulla base di Marwahin stamattina. Anche in questo caso solo danni materiali, così come veicoli sono stati danneggiati nella postazione ghanese ad At Tiri e nella base di pattuglia dell'area di Khyam, nel settore est.    
   ATS 

 

Beirut: ambasciatore italiano
"Situazione di desolazione e tristezza" 
      
19 luglio 2006      
     
http://www.corriere.it/ult...1%7D    
     
BEIRUT - "Qui c'e' molto dolore. Fino a otto giorni fa Beirut era una citta' florida, piena di turisti, allegra e in piena attivita' e oggi e' tutto fermo, tutto chiuso e distrutto. L'unica strada che rimane ancora percorribile e' Beirut-Tripoli, tutte le altre sono sentieri di campagna su cui possono passare solo le jeep. E' una situazione di desolazione e di tristezza. Stanotte e' stata colpita la fabbrica del latte e di medicinali, quindi non so cosa succedera' nei prossimi giorni. Dato che c'e' il blocco cominceranno a scarseggiare le medicine". E' il racconto dell'ambasciatore italiano a Beirut Franco Mistretta che ha descritto l'atmosfera che si respira in Libano e quanto e' gia' cambiata in pochi giorni di conflitto. (Agr)     
    
 
Libano, mezzo milione di sfollati
Israele: l'offensiva va avanti
     
18 luglio 2006     
     
http://www.unita.it/view.asp?IDcontent=58190
     
Quasi mezzo milione di sfollati per i bombardamenti israeliani. Un ottavo della popolazione libanese, che si aggira intorno ai quattro milioni di abitanti, senza una casa. Per Roberto Laurenti, rappresentante a Beirut dell´Unicef, «la situazione è al tempo stesso allarmante e catastrofica».     

Il bilancio delle vittime dei raid israeliani, secondo calcoli incompleti e, ovviamente, provvisori forniti dal ministro degli esteri Massimo D´Alema, ha superato ormai i duecentoventi morti (il 30 per cento dei quali, aggiunge l´Unicef, sono bambini). Oltre cento i palestinesi uccisi nella striscia di Gaza dall´inizio delle ostilità. Ma quello che preoccupa forse di più ora è la crisi umanitaria che può innestarsi di fronte all´esaurimento delle scorte alimentari e alla progressiva distruzione delle infrastrutture del Paese.     

Israele, dal canto suo, esprime soddisfazione per quelli che definisce successi militari: «Nelle ultime 24 ore gli attacchi in Libano sono continuati con successo – afferma martedì sera il generale Gadi Eisenkot - Fino ad ora sono stati colpiti almeno 1000 obiettivi terroristici, comprese 180 postazioni di lancio dei Katyusha e di altri razzi a lunga gittata».     

Il premier Olmert ha ribadito che l´offensiva «continuerà a colpire obiettivi dei miliziani fino a quando non saranno liberati i due soldati rapiti e non sarà ripristinata la sicurezza dei cittadini israeliani». Il numero due dell´esercito Moshe Kaplinski non esclude «un´invasione massiccia via terra»: «In questo momento non pensiamo di intraprenderla, ma se dovremo farla la faremo» 

Croce Rossa: in Libano 700mila sfollati
«Ma il numero di profughi è destinato a crescere». Per l'Unicef, la situazione è «catastrofica». Proseguono le evacuazioni     
     
18 luglio 2006    
     
http://www.corriere.it/Primo_Piano/...8/unicef.shtml
      
BEIRUT (LIBANO) - Morti e feriti, ma anche uomini, donne e bambini senza più casa. L'offensiva israeliana in Libano ha spinto almeno 500.000 persone alla fuga dal paese dei cedri, dove la situazione umanitaria è «catastrofica». Lo ha detto il rappresentante dell'Unicef a Beirut, Roberto Laurenti. Secondo la Croce Rossa libanese, gli sfollati sarebbero addirittura 700 mila. E il numero è destinato a crescere. Si tratta comunque di numeri impressionanti.    
     
LA FUGA DEGLI STRANIERI - Più fortunati i residenti stranieri in Libano che stanno cercando di lasciare il Paese in questi giorni. Sono infatti una decina i Paesi coinvolti in massicce operazioni di evacuazione dei cittadini stranieri in Libano. Con elicotteri, navi da guerra e traghetti noleggiati, Italia, Francia, Germania, Stati Uniti, Gran Bretagna e persino Australia e Canada si sono mobilitati per riportare a casa decine di migliaia di persone in fuga dai bombardamenti israeliani. A Londra Tony Blair ha detto al parlamento che sei navi britanniche incrociano al largo delle coste del Libano, tra cui l'ammiraglia - la portaerei Illustrious - e la nave da sbarco Bulwark per portare via 22mila persone tra cui 10mila con doppia cittadinanza. All'alba è arrivato a Cipro anche un traghetto francese con a bordo 1.250 sfollati: 800 francesi, 400 di altri Paesi europei e 50 americani. In nottata sono arrivati a Fiumicino 186 italiani che lunedì sera erano sbarcati a Larnaca insieme a 58 libanesi e 49 svedesi portati via da Beirut a bordo di un cacciatorpediniere italiano.     
     
GLI USA MANDANO NAVI MILITARI - Washington ha inviato cinque navi da sbarco e una portaerei con 2.200 marines per aiutare a sgomberare i 25mila cittadini americani in Libano. Mosca è riuscita a trasferire in autobus 270 russi da Beirut alla Siria, dove erano arrivati anche 320 tedeschi trasferiti poi in aereo a Dusseldorf e 113 spagnoli partiti alla volta di Madrid. Nelle chiese cattoliche del Libano hanno trovato rifugio molti dei 30mila filippini che lavorano nel Paese dei cedri e che sono in attesa dei mezzi inviati da Manila per lo sgombero. Canberra è già riuscita a trasferire tre autobus pieni di australiani in Siria, ma conta di noleggiare un traghetto per portar via gli altri 600 che sono rimasti in Libano.
 

La guerra in Libano - Le tappe della crisi 
    
16 luglio 2006     
    
http://www.lagazzettadelmezzogiorno.it/GdM_esteri_NOTIZIA_01.asp?IDCategoria=273&IDNotizia=163108 
    
È esplosa cinque giorni fa la crisi politico-militare tra il Libano e Israele. Ad innescarla, un raid oltre il confine dei guerriglieri Hezbollah, che ha portato tra l’altro alla cattura di due soldati dello Stato ebraico. Ecco, giorno per giorno, i momenti salienti del conflitto.    

• 12 LUGLIO - Miliziani Hezbollah uccidono otto soldati israeliani e ne catturano due. La risposta dello Stato ebraico contro il Libano è durissima: inizia l’offensiva aero-navale «Giusta retribuzione». Il premier israeliano, Ehud Olmert, accusa il governo di Beirut di essere responsabile di «un atto di guerra». Porte chiuse alla trattativa con Hezbollah, che propone uno scambio tra gli ostaggi e prigionieri libanesi.    
    
• 13 LUGLIO - Lo Stato ebraico bombarda l’aeroporto internazionale di Beirut. Raid dell’aviazione colpiscono 21 ponti, l’autostrada Beirut-Damasco, basi della guerriglia sciita e delle forze armate libanesi. I civili morti sono 46. Hezbollah lancia decine di razzi verso il nord di Israele e provoca due morti. Un missile raggiunge la periferia di Haifa, a 40 km dalla frontiera con il Libano. Israele impone un blocco aereo e marittimo al Paese dei Cedri: l’obiettivo è impedire l’arrivo a Hezbollah di aiuti inviati dagli Stati «terroristi» Siria e Iran.    

• 14 LUGLIO - Raid aerei sulla periferia sciita a sud di Beirut, mentre i turisti stranieri tentano di abbandonare il Libano. Olmert detta le condizioni per un cessate il fuoco: il rilascio degli ostaggi e il disarmo di Hezbollah. Il Consiglio di sicurezza dell’Onu non chiede un’interruzione delle operazioni militari israeliane. Sfuggito a un raid contro la sua abitazione, il leader di Hezbollah Hassan Nasrallah proclama «guerra aperta» a Israele. Al largo di Beirut, un razzo colpisce una nave da guerra dello Stato ebraico (quattro marinai morti).    

• 15 LUGLIO - Raid dell’aviazione israeliana raggiungono la frontiera tra il Libano e la Siria, senza colpire però in territorio siriano. Il bilancio complessivo delle vittime di “Giusta retribuzione” in Libano supera i 100 morti. Continuano i lanci di razzi contro il nord di Israele: nel mirino di Hezbollah finisce anche la città di Tiberiade, situata a 35 km dalla frontiera. L’Italia è tra i primi Paesi a procedere al rimpatrio dal Libano dei propri cittadini.    

• 16 LUGLIO - Continuano i raid dell’aviazione israeliana in Libano e i lanci di razzi dal Libano su Israele, con un pesante bilancio di vittime civili. In particolare otto israeliani vengono uccisi nella città di Haifa colpita da numerosi missili lanciati dagli hezbollah, che rivendicano l’attacco; mentre in Libano meridionale 13 persone muoiono in un bombardamento israeliano nel villaggio di Jebshit; dieci in un attacco di elicotteri a Tiro; altri 16 in un raid sul villaggio di Aitarun. Un portavoce militare libanese afferma che gli israeliani usano bombe proibite. Nasrallah, dato per ferito, compare alla televisione ed esorta gli arabi a seguire l’esempio di Hezbollah e avverte: finora abbiamo usato solo poche delle nostre armi. A Beirut arriva l’Alto rappresentante europeo Javier Solana; il premier israeliano Olmert fa avere al presidente libanese Fuad Siniora, tramite il presidente del consiglio Romano Prodi, le condizioni per fermare i bombardamenti: restituzione dei due soldati rapiti dagli hezbollah, ritiro dei miliziani sciiti oltre il fiume Litani, 40 km a nord del confine con Israele. Il G8 riunito a San Pietroburgo dichiara che Israele ha diritto all’autodifesa ma deve usare moderazione; che devono essere restituiti i soldati rapiti e devono cessare i lanci di razzi su Israele. Inoltre propone l’invio di osservatori Onu. 

  
   
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