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Prime considerazioni sulla delibera del Consiglio della Regione Lombardia sul referendum per la devolution.

La deliberazione da parte del Consiglio regionale della Lombardia d’indizione di un referendum consultivo sui cosiddetti temi della devolution, al di là delle considerazioni di ordine politico, apre inquietanti scenari giuridici.

In primo luogo è bene sottolineare che per il “provvedimento” in esame non ci troviamo di fronte ad un “atto legislativo regionale”, bensì siamo in presenza di un mero atto amministrativo.
La differenza non è di poco conto.
Le leggi delle regioni, a differenza degli atti amministrativi, sono soggette al controllo preventivo del Governo che può rinviarle al Consiglio regionale e, in caso di nuova approvazione senza modifiche, sollevare la questione di legittimità costituzionale davanti la Corte Costituzionale (art.127 Cost.).
L’art. 125 Cost. prevede, invece, per gli atti amministrativi, dei controlli di legittimità da parte di un organo dello Stato, nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi della Repubblica, al fine di promuovere il riesame della deliberazione da parte del Consiglio regionale. A seguito della riforma Bassanini, questi controlli, nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi della Repubblica, non esistono più.

Da questo primo quadro emerge l’annosa questione del come garantire il corretto esercizio delle tutele costituzionali.
Paradossalmente, infatti, attraverso l’atto non legislativo può essere possibile, per le regioni, evitare forme di rinvio e di controllo preventivo su provvedimenti che, per gli effetti concreti in grado di produrre sull’ordinamento generale, meriterebbero invece maggiore attenzione.
In altre parole, mentre per un analogo provvedimento di indizione di referendum consultivo, emanato dalla Regione Veneto attraverso la forma della legge regionale, è stato a suo tempo possibile, per il Governo, dapprima rinviare la legge per un nuovo esame e, vista la riapprovazione della stessa, sollevare la questione di legittimità costituzionale davanti la Consulta che l’ha poi dichiarata anticostituzionale (S. 470/92), nei confronti della delibera del Consiglio lombardo, un mero atto amministrativo, non potranno essere esercitate le iniziative di controllo e rinvio previste dalla Costituzione per gli atti di grado superiore.

Si tratta quindi di verificare, in primo luogo, se non vi siano limiti di tipo costituzionale tali da impedire che determinate questioni possano essere affrontate con semplice atto amministrativo piuttosto che con un atto legislativo.
Per l’importanza dei temi trattati, l’oggettiva intersecazione degli interessi regionali con quelli nazionali, ma soprattutto la sentenza 470/92 della Corte Costituzionale su una questione analoga, la prima impressione è che non possa essere concesso aggirare forme di controllo costituzionalmente previste evitando di compiere il dovuto atto legislativo.

Oltre ai rilievi riguardanti la natura dell’atto, la delibera consiliare d’indizione del referendum consultivo appare non conforme con lo spirito dello Statuto regionale e la Legge Regionale 28 aprile 1983 n. 34.
Secondo l’art. 65 delle Statuto, “Il Consiglio Regionale può deliberare l'indizione di referendum consultivi su provvedimenti interessanti popolazioni determinate, o su questioni di interesse regionale interessanti l'intero corpo elettorale regionale”.
Al primo comma dell’Art. 25 della L.R. 28 aprile 1983 n. 34 si precisa inoltre:
Il Consiglio regionale prima di procedere all’emanazione di provvedimenti di sua competenza, può deliberare l’indizione di referendum consultivi delle popolazioni interessate ai provvedimenti stessi.

Si tratta allora di stabilire le materie che possono essere sottoposte a referendum consultivo, e ciò non tanto al fine di fissare del limiti di contenuto, quanto al fine di determinare il concreto esistere dell'eventuale provvedimento di competenza della Regione da sottoporre al vaglio degi cittadini.
In tal senso, con la S. 470/92, la Corte Costituzionale, nel rigettare l’obiezione del Governo con la quale venivano individuati limiti di contenuto per il provvedimento in esame, ha affermato:
Né argomenti decisivi a favore della tesi restrittiva si potrebbero, d'altro canto, trarre dal carattere di "determinatezza" che la norma statutaria ha inteso riferire ai provvedimenti da sottoporre alla consultazione referendaria, dal momento che il richiamo a tale carattere, nella dizione statutaria, si presenta orientato a esprimere, più che a una limitazione di ordine territoriale, l'esigenza che il quesito referendario, proprio ai fini della sua chiarezza e percepibilità, sia tale da investire oggetti definiti e agevolmente identificabili da parte dell'elettore.

Il carattere di “determinatezza” individuato dalla Corte per la regione Veneto, se da un lato attribuisce all’interesse regionale “anche connotazioni più late, che superano gli stretti confini delle materie e del territorio regionale, fino ad intrecciarsi, in certi casi, con la dimensione nazionale”, dall’altro impone criteri di chiarezza del quesito referendario che deve “investire oggetti definiti e agevolmente identificabili da parte dell'elettore”.

Nonostante le differenze di formulazione tra gli statuti della Lombardia e del Veneto, vista la giurisprudenza della Corte Costituzionale in tema di referendum, non c’è motivo di dubitare che analoghi requisiti di determinatezza vengano richiesti per ogni ordine di quesito e tipologia di referendum, quale che sia la regione emanante l’atto.
Ma la lettura del quesito deliberato dal consiglio regionale della Lombardia il 15 settembre 2000 evidenzia proprio la mancanza di questi requisiti.
Ci troviamo infatti di fronte ad un quesito che non fa riferimento a provvedimenti specifici, definiti e determinati negli effetti, rinviando il tutto ad una generica iniziativa da intraprendere a seguito dell’esito positivo del referendum:
Volete voi che la Regione Lombardia nel quadro dell’unità nazionale intraprenda le iniziative istituzionali necessarie alla promozione del trasferimento delle funzioni statali in materia di sanità, istruzione anche professionale, nonché di polizia locale, alle Regioni?

Si è cioè in assenza dei requisiti di chiarezza laddove vi è indeterminatezza sul contenuto delle iniziative istituzionali da intraprendere (di competenza della Regione).
A tal proposito è bene ricordare che l’art. 121 della Cost. conferisce ai Consigli regionali il potere di fare proposte di legge alle Camere. Il provvedimento in questione, quindi, relativamente alle iniziative istituzionali da intraprendere, altro non potrebbe essere che il progetto di legge da proporre alle Camere. La mancata indicazione, nel quesito, del testo del progetto di legge o dell’indicazione del medesimo, rende di fatto vuoto di contenuto il presunto provvedimento che si dice di voler sottoporre agli elettori.

Il perché non esista un provvedimento definito da sottoporre agli elettori lombardi è sin troppo chiaro: la maggioranza Polo-Lega che ha votato la delibera per l’indizione del referendum consultivo non è in grado di raggiungere l’accordo politico, a livello locale e nazionale, necessario per elaborare un progetto comune sui temi della devoluzione.
Siamo quindi in presenza di un uso distorto degli strumenti istituzionali di consultazione popolare, il tutto con il chiaro fine di ricomporre i problemi interni all’alleanza Polo-Lega in vista delle prossime elezioni politiche.
Un uso del referendum lesivo dei diritti dei cittadini, ai quali da un lato si dice di voler dare voce, ma dall’altro ci si guarda bene dal farli esprimere su progetti veri, scritti nero su bianco, ma soprattutto rispettosi dei diritti di tutti e non solo di alcuni.
Le materie in oggetto non riguardano, infatti, ambiti territoriali ristretti, bensì gl'interessi dell'intero corpo elettorale della nazione.
Di qui l'esigenza della chiarezza dei contenuti, delle competenze delle singole realtà e delle procedure democratiche di ricomposizione delle eventuali vertenze politiche previste nell'ordinamento, come del resto già affermato dalla già citata sentenza 470/92 della Corte Costituzionale.
 
   17 settembre 2000,  Franco Ragusa



 
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