Alcune osservazioni sui rischi di non ammissibilità del referendum
sull'art. 18 dello Statuto dei lavoratori promosso da Rifondazione Comunista
In occasione del giudizio di legittimità costituzionale di una
legge della Regione Marche impugnata dal Governo, sentenza 282/2002,
(commento completo alla pagina: http://www.riforme.net/devolution/certezze1.htm)
la Corte Costituzionale ha avuto modo di pronunziarsi riguardo la "potestà
legislativa concorrente delle Regioni, la quale si esplica nel rispetto
della competenza riservata allo Stato per la “determinazione dei principi
fondamentali”", per arrivare, attraverso questa via, alla dichiarazione
d'illegittimità costituzionale della legge regionale in esame per
il non rispetto, appunto, dei principi fondamentali.
Importante, ai fini generali, il modo di procedere adottato dalla Corte
per l'individuazione di questi principi, che possono trarsi anche
in assenza di "leggi statali nuove, espressamente rivolte a tale scopo.
Specie nella fase della transizione dal vecchio al nuovo sistema di riparto
delle competenze, la legislazione regionale concorrente dovrà svolgersi
nel rispetto dei principi fondamentali comunque risultanti dalla legislazione
statale già in vigore".
Per lo specifico della legge regionale in esame, inoltre: "Non può
ingannare la circostanza che non si rinvengano norme di legge statale esplicitamente
volte a disciplinare l’ammissibilità delle pratiche terapeutiche
in esame, o delle pratiche terapeutiche in generale. Anzi l’assenza di
siffatte statuizioni legislative concorre a definire la portata dei principi
che reggono la materia, e che, nella specie, non possono non ricollegarsi
anzitutto allo stesso sistema costituzionale."
Al di là degli aspetti particolari trattati, è agevole
trarre, da queste considerazioni, una regola di tipo generale:
per l'esercizio delle competenze legislative nell'ambito
delle materie concorrenti non è necessario attendere, nel concreto,
che il Legislatore statale si svegli dal proprio torpore, mettendo finalmente
mano a tutta la materia, potendo le Regioni avere, come riferimento, in
relazione all'individuazione dei principi fondamentali riservati alla competenza
statale, la legislazione statale già in vigore, nonché, ovviamente,
il sistema costituzionale stesso.
Le Regioni sono già da ora, quindi, nella possibiltà di
poter esercitare, appieno, le proprie competenze nell'ambito delle materie
concorrenti.
Da questa semplice considerazione, dovrebbero discendere alcune conseguenze
sul piano istituzionale.
Una questione che sicuramente merita di essere approfondita, è
quella relativa alle influenze che il nuovo Titolo V potrà esercitare
sull'istituto del Referendum Abrogativo, essendo questo uno degli strumenti
a disposizione per intervenire sulla legislazione statale.
Come si orienterà, ad esempio, la Consulta, quando dovrà
decidere dell'ammissibilità del quesito referendario presentato
da Rifondazione Comunista per la modifica dell'art. 18 dello statuto dei
lavoratori?
Sulla materia, "tutela e sicurezza del lavoro", a partire dall'ottobre
2001 le competenze statali sono limitate e circoscritte alla sola determinazione
dei principi fondamentali; alle Regioni, quindi, la scelta dei mezzi più
idonei per la realizzazione di questi principi. Al riguardo, è forse
bene ricordare un passaggio chiave della sentenza (prima dell'approvazione
del nuovo Titolo V) di ammissibilità del referendum abrogativo dell'art.
18 dello statuto dei lavoratori:
(sentenza 46/2000) ... è da escludere,
tuttavia, che la disposizione che si intende sottoporre a consultazione,
per quanto espressiva di esigenze ricollegabili ai menzionati principi
costituzionali, concreti l'unico possibile paradigma attuativo dei principi
medesimi.
Pertanto, l'eventuale abrogazione della c.d. tutela reale avrebbe il solo effetto di espungere uno dei modi per realizzare la garanzia del diritto al lavoro, che risulta ricondotta, nelle discipline che attualmente vigono sia per la tutela reale che per quella obbligatoria, al criterio di fondo della necessaria giustificazione del licenziamento. Né, una volta rimosso l'art. 18 della legge n. 300 del 1970, verrebbe meno ogni tutela in materia di licenziamenti illegittimi, in quanto resterebbe, comunque, operante nell'ordinamento, anche alla luce dei principi desumibili dalla Carta sociale europea, ratificata e resa esecutiva con legge 9 febbraio 1999, n. 30, la tutela obbligatoria prevista dalla legge 15 luglio 1966, n. 604, come modificata dalla legge 11 maggio 1990, n. 108, la cui tendenziale generalità deve essere qui sottolineata. |