Riforme Istituzionali
 
Note alla memoria difensiva della regione Lombardia avverso il ricorso al TAR (Ass. Progetto Diritti ed altri).
 
Circa l’inammissibilità della domanda per carenza di legittimazione ed interesse in capo ai ricorrenti Sergio Mauri e Franco Ragusa, in quanto la qualità di cittadini elettori sostanzierebbe una "posizione generica ed indifferenziata inidonea a legittimare l’impugnazione di atti deliberativi di un organo pubblico", è evidente come la difesa della Regione Lombardia non abbia tenuto conto degli ultimi orientamenti giurisprudenziali del Consiglio di Stato. Orientamenti espressi chiaramente nell’ordinanza "Consiglio di Stato, sez. VI – 19 maggio 2000 n. 2413" nei confronti dell’ordinanza del TAR del Lazio con la quale si dichiarava l’inammissibilità della originaria domanda cautelare per difetto di giurisdizione e per carenza di legittimazione attiva:
… contrariamente a quanto è stato rilevato nell’ordinanza impugnata, la controversia in esame rientra nell’ambito della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, poiché:
     a. - per il principio della tutelabilità delle posizioni giuridiche soggettive (sancito dagli articoli 24, 103 e 113 della Costituzione), si deve ritenere che l’elettore possa chiedere ad un giudice che siano emanate misure tali da garantire il legittimo svolgimento del procedimento referendario, qualora risulti che l’autorità amministrativa abbia dato agli uffici alcune istruzioni la cui attuazione possa incidere sulla libertà e sulla segretezza delle scelte degli elettori;
     b. - tranne che per lo svolgimento delle operazioni di voto per l’elezione dei Deputati e dei Senatori (per cui si applica l’art. 66 della Costituzione, che esclude la tutela giurisdizionale delle posizioni sottoposte alle valutazioni delle Camere), per tutte le altre operazioni elettorali l’ordinamento prevede la giurisdizione amministrativa (anche in relazione al procedimento concernente l’elezione dei rappresentanti dell’Italia al Parlamento della Unione Europea);
     c. - l’art. 50 della legge n. 352 del 1970 (che per il procedimento referendario rinvia, per quanto non previsto, alle disposizioni del D.P.R. n. 361 del 1957, sulla elezione dei Deputati, in quanto "compatibili") non limita l’ambito della tutela giurisdizionale delle posizioni soggettive, poiché riguarda la sola disciplina sulle operazioni di voto;
Considerato che sussiste quanto meno la legittimazione di uno degli originaria ricorrenti, poiché il singolo elettore può chiedere in sede giurisdizionale che non abbiano attuazione misure disposte da organi amministrativi, che possano incidere sulla libertà e sulla segretezza delle scelte degli elettori;

Visto, quindi, l’orientamento giurisprudenziale corrente riguardo la tutelabilità delle posizioni giuridiche soggettive in capo al singolo elettore, non si vede come questa tutelabilità possa essere negata nei confronti del decreto d’indizione che accorpa in un’unica data e "sedi coincidenti o prossime" le operazioni elettorali per le elezioni politiche nazionali e il referendum consultivo, in quanto, per le ragioni già esposte nei motivi aggiunti, proprio l’accorpamento è ritenuto dai ricorrenti l’atto la cui attuazione è in grado di incidere sulla libertà e sulla segretezza delle scelte degli elettori.
Si presume, ragionevolmente, sedi coincidenti o prossime, visto il chiaro riferimento nel decreto d’indizione di evidenti ragioni di - economicità e convenienza, attestate anche dai Presidenti delle Corti d'Appello consultati, rendono opportuno far coincidere la data delle elezioni politiche e quella della consultazione referendaria.
A ciò si aggiungano le polemiche risposte del presidente Formigoni di fronte all’indisponibilità del Governo di far svolgere il referendum consultivo nei medesimi locali delle elezioni politiche nazionali ed amministrative:
     Corriere della sera 8 aprile 2001 - Rinviare il referendum? "Un’ipotesi che non abbiamo neppure preso in considerazione". Nessuna esitazione, Roberto Formigoni non arretra di un millimetro. Il presidente del Consiglio Giuliano Amato poche ore prima aveva fatto sapere che "la legge non consente" l’abbinamento di referendum ed elezioni politiche presso gli stessi seggi. Dal trentesimo piano del grattacielo Pirelli, sede della Regione Lombardia, il governatore risponde. E annuncia che andrà diritto per la sua strada: "I lombardi voteranno il 13 maggio". E lo faranno "negli stessi locali e luoghi delle elezioni politiche e amministrative".).

Diversamente, inoltre, che per il caso esaminato nell’ordinanza del Consiglio di Stato su richiamata, nel caso del referendum indetto per il 13 maggio i ricorrenti non richiedono al giudice d’intervenire con prescrizioni al di fuori della sua competenza al fine di risolvere le eventuali "difficoltà organizzative", bensì pongono in evidenza come le difficoltà organizzative sopraggiunte, al fine di garantire la libertà e la segretezza del voto, derivino dalla violazione sistematica della normativa regionale sui referendum che l’atto d’indizione ha preso in essere e che, pertanto, il giudice debba intervenire avverso tali violazioni.
Riguardo, infine, all’interpretazione data alla l.r. regionale 28 aprile 1983 n. 34 nella memoria difensiva della Regione Lombardia, secondo la quale non vi sarebbe previsione di quorum, ciò risulta facilmente confutabile sulla base del combinato disposto del comma 2 art. 26, comma 1 art. 28, comma 6 art. 17:

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Sempre relativamente alla tutelabilità delle posizioni giuridiche soggettive in capo al singolo elettore, i ricorrenti ritengono che la garanzia al legittimo svolgimento del referendum sia da riferire anche in ordine al contenuto del quesito.
Come è noto, infatti, vi è ampia giurisprudenza costituzionale volta a garantire la salvaguardia del principio della partecipazione popolare che, per essere correttamente attuato, necessità di una chiara ed univoca definizione dell’oggetto della consultazione (argomenti ampiamente trattati nel ricorso principale).
Per stessa ammissione della memoria difensiva della regione Lombardia, il quesito non fa riferimento ad alcun provvedimento concreto: "la regione – infatti - si propone, nel quadro dell’unità nazionale, di definire in modo diverso le attribuzioni in alcune materie già di competenza, concorrente, regionale ai sensi dell’art. 117 Cost. Tale obiettivo può, ora, essere perseguito sia a Costituzione invariata, sia a Costituzione variata."
A ciò si aggiunga l’ordinanza 102/2001 della Consulta, la quale ha ritenuto l’atto impugnato dal Governo, relativamente allo specifico del conflitto di attribuzione sollevato, non lesivo di ""scelte fondamentali di livello costituzionale" in presenza delle quali non è consentita la separata consultazione di frazioni del corpo elettorale", accogliendo così le ragioni della Regione Lombardia, la quale ha sostenuto trattarsi "di iniziative legislative ordinarie, o in campo organizzativo e amministrativo, ma comunque di attività che non si svolgono sul piano della revisione costituzionale",
L’elettore verrebbe cioè chiamato ad esprimersi per dare il suo consenso ad iniziative per le quali non è in grado di conoscere né la natura e né il contenuto. In altre parole, attraverso la formulazione non definita del quesito, se da un lato potrebbero venire meno i rilievi in altre occasioni sollevati dalla Corte Costituzionale ai fini dello specifico esame riguardo al conflitto di attribuzione sollevato dal Governo, dall’altro lato l’indeterminatezza dei contenuto e dei mezzi attraverso i quali realizzare quanto genericamente indicato nel quesito è tale da far ritenere leso all’origine il legittimo svolgimento del referendum.
L’elettore, infatti, non è nelle condizioni di poter esprimere il contenuto reale del proprio consenso alle iniziative che la regione potrebbe intraprendere, successivamente e a sua completa discrezione in forza dell’eventuale vittoria dei sì. L’indeterminatezza e genericità del quesito, altresì, costituisce fragrante violazione della legislazione regionale:

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Riguardo al legittimo interesse a ricorrere del Sig. Franco Ragusa, residente in altra regione, appare pacifico come l’interesse del singolo elettore al legittimo svolgimento del referendum non possa essere circoscritto ai soli elettori che, con gli atti ritenuti illegittimi dai ricorrenti, la regione Lombardia intende consultare in via esclusiva. E’ proprio la natura circoscritta della consultazione referendaria su temi che riguardano l’intero corpo elettorale, infatti, a costituire la lesione della posizione giuridica soggettiva in capo al singolo elettore. In tal senso, la giurisprudenza è in grado di offrire validi precedenti con l’ordinanza emessa il 23 marzo 1995 dal T.A.R. del Lazio sui ricorsi riuniti proposti da Vinciguerra Franco ed altri contro il Prefetto della Provincia di Roma ed altri, iscritta al n. 391 del registro ordinanze 1995 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 24, prima serie speciale, dell'anno 1995, e seguente sentenza di illegittimità costituzionale 433/1995 (illegittimità costituzionale dell'art. 1, secondo comma, lett. a), della legge della Regione Lazio 8 aprile 1980, n. 19 (Norme sul referendum consultivo per l'istituzione di nuovi Comuni, e modificazione delle circoscrizioni e denominazioni comunali, in attuazione dell'art. 133, secondo comma, della Costituzione), come modificato dalla legge della Regione Lazio 20 agosto 1987, n. 49; …).

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Nel merito della questione che costituisce motivo di legittimazione del Sig. Franco Ragusa, deve osservarsi che con la sopravvenuta ordinanza 102/2001 la Consulta, pur non accogliendo l’istanza di sospensione avanzata dal Governo, si è tuttavia riservata di decidere nel merito il 5 giugno 2001.
Altresì, l’ordinanza 102/2001 della Consulta non può ritenersi esaustiva delle questioni sollevate, viste le diverse competenze che spettano ai diversi organi di giustizia e alla luce degli atti e comportamenti concreti non previsti o prevedibili al momento dell’esame della specifica questione astrattamente considerata. Atti e comportamenti che hanno preso chiaramente corpo dopo l’ordinanza 102/2001 Corte Cost., rivelando appieno i rischi per l’equilibrata vita delle Istituzioni.
Il sig. Franco Ragusa ha infatti motivo per ritenersi maggiormente allarmato proprio alla luce delle dichiarazioni dei principali sostenitori "politici" del referendum consultivo lombardo, tra cui anche il presidente Formigoni, susseguenti l’ordinanza di rigetto della sospensiva richiesta dal Governo.
Contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa della regione Lombardia (come sopra accennato) in sede di Corte Costituzionale e TAR della Lombardia, il Presidente Formigoni ed i sostenitori del referendum hanno diversamente chiarito i reali passaggi istituzionali successivi alla consultazione (vedi rassegna stampa allegata), passaggi per i quali la Consulta ha già avuto modo di dichiarare illegittime analoghe iniziative referendarie.
Nel merito, quindi, si tratta di stabilire se e come la genericità e indeterminatezza del quesito sia tale da escludere che le iniziative istituzionali che la regione potrebbe intraprendere, in forza dell’eventuale sì al referendum, non possano essere indirizzate anche verso la proposizione di modifiche costituzionali.
Sulla base, infatti, della possibilità di un uso siffatto del risultato referendario, la Consulta potrebbe ben esprimersi per l’illegittimità costituzionale della normativa regionale, nell’ipotesi che il giudice amministrativo ritenga che la delibera non costituisca violazione di norma, nella parte che non precisa il tipo di iniziative istituzionali che la regione può proporre attraverso i quesiti consultivi, nulla ostando quanto da essa già pronunciato sulla specifica richiesta di sospensiva avanzata dal Governo (sulla "non onnicomprensività" dei pronunciamenti della Consulta si veda la sentenza 433/1995 Corte Cost.: "Quanto poi alla eccepita violazione di un non meglio definito principio di onnicomprensività della pronuncia (riferito alla precedente sentenza n. 468 del 1994 di questa Corte), che determinerebbe "la definizione del dedotto e del deducibile in ordine al rapporto con essa definito", è sufficiente osservare che la precedente decisione di inammissibilità della questione per difetto di rilevanza, in quanto puramente processuale, non pregiudica affatto la riproposizione della questione stessa, una volta eliminato dal giudice a quo il vizio che ne precludeva l'esame del merito.").

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Riguardo alla legittimazione delle associazioni Progetto Diritti e CRED, i ricorrenti ricordano l’ormai consolidata giurisprudenza costituzionale in materia di referendum.
Anzi, vista proprio la particolare natura delle consultazioni referendarie, sia qui permesso stigmatizzare la difesa della regione Lombardia che da un lato dichiara di voler dare voce ai cittadini, ma dall’altro si oppone a che singoli elettori e/o associazioni possano in qualche modo chiedere che venga verificata la correttezza gli atti della pubblica amministrazione ai fini di garantire il legittimo svolgimento del referendum.
Con ordine, si ricorda come, relativamente all’attribuzione di spazi di comunicazione, la sentenza 49/1998 della Consulta abbia riconosciuto anche ad organizzazioni costituite in vista della consultazione referendaria la possibilità di partecipare all’informazione e alla formazione dell’opinione pubblica.
A questa forma di riconoscimento, per altro fatta propria anche dalla Legge 22 Febbraio 2000 n. 28, da sola in grado di attribuire ai soggetti anche soltanto occasionalmente costituiti legittimazione di fronte al giudice amministrativo di fronte agli atti della pubblica amministrazione, deve altresì aggiungersi l’audizione, in sede di esame di ammissibilità per i referendum abrogativi del 2000 da parte della Consulta, nella fase cioè precedente all’indizione dei referendum, di memorie di soggetti diversi dal Comitato promotore e il Governo (tra i quali anche l’Associazione Progetto Diritti e il CRED).
Sulla base del massimo accoglimento, quindi, da parte dell’ordinamento come della giurisprudenza costituzionale, dell’interesse a garantire, in tutte le fasi, la partecipazione ad un numero quanto più ampio possibile di soggetti in occasione delle consultazioni referendarie, è da ritenere fondato l’interesse specifico delle associazioni al legittimo svolgimento del referendum.

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Si conclude, infine, rilevando come la memoria difensiva della regione non affronti minimamente la questione, sottoposta nei motivi aggiunti, circa l’impossibilità materiale di far svolgere nei medesimi uffici elettorali la scadenza referendaria alle elezioni politiche in quanto tale possibilità è esclusa dai vincoli derivanti dalla normativa regionale sullo svolgimento dei referendum e in ogni caso condizionata dal consenso del Governo nazionale.
A conferma di ciò, si ricorda la puntuale previsione, nella legislazione regionale, di tutte le operazioni materiali necessarie ad accorpare referendum nazionali di tipo abrogativo e referendum regionali.
A giudizio dei ricorrenti, inoltre, la sopraggiunta legge regionale 27 marzo 2001 n. 14 (Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 28 aprile 1983, n. 34 "Nuove norme sul referendum abrogativo della Regione Lombardia"), i cui tempi di pubblicazione sono tra l’altro condizionati dal parere favorevole del Governo, è da ritenere insufficiente ai fini dell’accorpamento.

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Rassegna stampa allegata

Lombardia Notizie: ag. di stampa e d’informazione della giunta (sito web) – 5 aprile 2001
''Fuori da ogni retorica - prosegue Formigoni - possiamo dire che oggi è una giornata storica: perché è stata affermata la centralità del cittadino e perché si apre la possibilità di referendum differenziati regione per regione''

La Stampa – 6 aprile 2001:
Domanda: Sul piano politico quali saranno le conseguenze di una vittoria del "sì" in Lombardia? …
Formigoni: "E’ chiaro che il futuro governo ne dovrà tenere conto, qualunque esso sia … ".

AdnKronos – 6 aprile 2001
''Io dico ai cittadini lombardi -ha proseguito Formigoni- che questa è l'occasione per fare sentire alta e chiara la nostra voce al prossimo governo nazionale, qualunque sia, perché la politica della Regione Lombardia non cambia''.
(Tog/Lr-Rs/Adnkronos)
06-APR-01 13:23

Corriere della sera – 7 aprile 2001:
Devolution, ma che significa? Che cosa delle competenze statali dovrebbe essere, secondo il Pirellone, trasferito alla Lombardia? L’iter possibile della devolution lo ha spiegato il segretario della Lega Roberto Calderoli: "La Regione proporrà un disegno di legge al Capo dello Stato e al presidente del Consiglio. Sarà molto difficile per chiunque opporsi a una richiesta supportata da un esito referendario positivo".

La Stampa – 7 aprile 2001:
Maroni (Lega): "Non ci interessa l’effetto traino sulle politiche, ma tenere alta la tensione sul prossimo Parlamento. Qui è in ballo il libero esercizio di un diritto costituzionale che loro vogliono cancellare con una manovra di palazzo. Per questo ci appelliamo al presidente Ciampi. Il governo si assumerebbe la responsabilità di un atto di imperio in puro stile centralista. Sarebbe gravissimo".
In che senso il referendum sulla devolution tiene alta la tensione sul prossimo Parlamento?
"I deputati eletti in Lombardia nello stesso giorno in cui si vota il referendum, riceverebbero un mandato ben preciso. Tra questi anche Berlusconi. Tutti dovranno tener fede a questo mandato e mi auguro che il numero dei "sì" sia superiori ai voti che riceverà in Lombardia la Casa delle libertà. Emergerebbe fortissima la priorità di una riforma autenticamente federale".

Franco Ragusa - 9 aprile 2001



 
Indice "Normativa di riferimento"