Visto, quindi, l’orientamento giurisprudenziale corrente riguardo la
tutelabilità delle posizioni giuridiche soggettive in capo al singolo
elettore, non si vede come questa tutelabilità possa essere negata
nei confronti del decreto d’indizione che accorpa in un’unica data e "sedi
coincidenti o prossime" le operazioni elettorali per le elezioni politiche
nazionali e il referendum consultivo, in quanto, per le ragioni già
esposte nei motivi aggiunti, proprio l’accorpamento è ritenuto dai
ricorrenti l’atto la cui attuazione è in grado di incidere
sulla libertà e sulla segretezza delle scelte degli elettori.
Si presume, ragionevolmente, sedi coincidenti o prossime, visto il
chiaro riferimento nel decreto d’indizione di evidenti ragioni di -
economicità e convenienza, attestate anche dai Presidenti delle
Corti d'Appello consultati, rendono opportuno far coincidere la data delle
elezioni politiche e quella della consultazione referendaria.
A ciò si aggiungano le polemiche risposte del presidente Formigoni
di fronte all’indisponibilità del Governo di far svolgere il referendum
consultivo nei medesimi locali delle elezioni politiche nazionali ed amministrative:
Corriere della sera 8 aprile 2001
- Rinviare il referendum? "Un’ipotesi che non abbiamo neppure preso in
considerazione". Nessuna esitazione, Roberto Formigoni non arretra di un
millimetro. Il presidente del Consiglio Giuliano Amato poche ore prima
aveva fatto sapere che "la legge non consente" l’abbinamento di referendum
ed elezioni politiche presso gli stessi seggi. Dal trentesimo piano del
grattacielo Pirelli, sede della Regione Lombardia, il governatore risponde.
E annuncia che andrà diritto per la sua strada: "I lombardi voteranno
il 13 maggio". E lo faranno "negli stessi locali e luoghi delle elezioni
politiche e amministrative".).
Diversamente, inoltre, che per il caso esaminato nell’ordinanza del
Consiglio di Stato su richiamata, nel caso del referendum indetto per il
13 maggio i ricorrenti non richiedono al giudice d’intervenire con prescrizioni
al di fuori della sua competenza al fine di risolvere le eventuali "difficoltà
organizzative", bensì pongono in evidenza come le difficoltà
organizzative sopraggiunte, al fine di garantire la libertà e la
segretezza del voto, derivino dalla violazione sistematica della normativa
regionale sui referendum che l’atto d’indizione ha preso in essere e che,
pertanto, il giudice debba intervenire avverso tali violazioni.
Riguardo, infine, all’interpretazione data alla l.r. regionale 28 aprile
1983 n. 34 nella memoria difensiva della Regione Lombardia, secondo la
quale non vi sarebbe previsione di quorum, ciò risulta facilmente
confutabile sulla base del combinato disposto del comma 2 art. 26, comma
1 art. 28, comma 6 art. 17:
Sempre relativamente alla tutelabilità delle posizioni giuridiche
soggettive in capo al singolo elettore, i ricorrenti ritengono che la garanzia
al legittimo svolgimento del referendum sia da riferire anche in ordine
al contenuto del quesito.
Come è noto, infatti, vi è ampia giurisprudenza costituzionale
volta a garantire la salvaguardia del principio della partecipazione popolare
che, per essere correttamente attuato, necessità di una chiara ed
univoca definizione dell’oggetto della consultazione (argomenti ampiamente
trattati nel ricorso principale).
Per stessa ammissione della memoria difensiva della regione Lombardia,
il quesito non fa riferimento ad alcun provvedimento concreto: "la regione
– infatti - si propone, nel quadro dell’unità nazionale, di definire
in modo diverso le attribuzioni in alcune materie già di competenza,
concorrente, regionale ai sensi dell’art. 117 Cost. Tale obiettivo può,
ora, essere perseguito sia a Costituzione invariata, sia a Costituzione
variata."
A ciò si aggiunga l’ordinanza 102/2001 della Consulta, la quale
ha ritenuto l’atto impugnato dal Governo, relativamente allo specifico
del conflitto di attribuzione sollevato, non lesivo di ""scelte
fondamentali di livello costituzionale" in presenza delle quali non è
consentita la separata consultazione di frazioni del corpo elettorale",
accogliendo così le ragioni della Regione Lombardia, la quale ha
sostenuto trattarsi "di iniziative legislative ordinarie, o in campo
organizzativo e amministrativo, ma comunque di attività che non
si svolgono sul piano della revisione costituzionale",
L’elettore verrebbe cioè chiamato ad esprimersi per dare il
suo consenso ad iniziative per le quali non è in grado di conoscere
né la natura e né il contenuto. In altre parole, attraverso
la formulazione non definita del quesito, se da un lato potrebbero venire
meno i rilievi in altre occasioni sollevati dalla Corte Costituzionale
ai fini dello specifico esame riguardo al conflitto di attribuzione sollevato
dal Governo, dall’altro lato l’indeterminatezza dei contenuto e dei mezzi
attraverso i quali realizzare quanto genericamente indicato nel quesito
è tale da far ritenere leso all’origine il legittimo svolgimento
del referendum.
L’elettore, infatti, non è nelle condizioni di poter esprimere
il contenuto reale del proprio consenso alle iniziative che la regione
potrebbe intraprendere, successivamente e a sua completa discrezione in
forza dell’eventuale vittoria dei sì. L’indeterminatezza e genericità
del quesito, altresì, costituisce fragrante violazione della legislazione
regionale:
Riguardo al legittimo interesse a ricorrere del Sig. Franco Ragusa, residente in altra regione, appare pacifico come l’interesse del singolo elettore al legittimo svolgimento del referendum non possa essere circoscritto ai soli elettori che, con gli atti ritenuti illegittimi dai ricorrenti, la regione Lombardia intende consultare in via esclusiva. E’ proprio la natura circoscritta della consultazione referendaria su temi che riguardano l’intero corpo elettorale, infatti, a costituire la lesione della posizione giuridica soggettiva in capo al singolo elettore. In tal senso, la giurisprudenza è in grado di offrire validi precedenti con l’ordinanza emessa il 23 marzo 1995 dal T.A.R. del Lazio sui ricorsi riuniti proposti da Vinciguerra Franco ed altri contro il Prefetto della Provincia di Roma ed altri, iscritta al n. 391 del registro ordinanze 1995 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 24, prima serie speciale, dell'anno 1995, e seguente sentenza di illegittimità costituzionale 433/1995 (illegittimità costituzionale dell'art. 1, secondo comma, lett. a), della legge della Regione Lazio 8 aprile 1980, n. 19 (Norme sul referendum consultivo per l'istituzione di nuovi Comuni, e modificazione delle circoscrizioni e denominazioni comunali, in attuazione dell'art. 133, secondo comma, della Costituzione), come modificato dalla legge della Regione Lazio 20 agosto 1987, n. 49; …).
Nel merito della questione che costituisce motivo di legittimazione
del Sig. Franco Ragusa, deve osservarsi che con la sopravvenuta ordinanza
102/2001 la Consulta, pur non accogliendo l’istanza di sospensione avanzata
dal Governo, si è tuttavia riservata di decidere nel merito il 5
giugno 2001.
Altresì, l’ordinanza 102/2001 della Consulta non può
ritenersi esaustiva delle questioni sollevate, viste le diverse competenze
che spettano ai diversi organi di giustizia e alla luce degli atti e comportamenti
concreti non previsti o prevedibili al momento dell’esame della specifica
questione astrattamente considerata. Atti e comportamenti che hanno preso
chiaramente corpo dopo l’ordinanza 102/2001 Corte Cost., rivelando appieno
i rischi per l’equilibrata vita delle Istituzioni.
Il sig. Franco Ragusa ha infatti motivo per ritenersi maggiormente
allarmato proprio alla luce delle dichiarazioni dei principali sostenitori
"politici" del referendum consultivo lombardo, tra cui anche il presidente
Formigoni, susseguenti l’ordinanza di rigetto della sospensiva richiesta
dal Governo.
Contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa della regione Lombardia
(come sopra accennato) in sede di Corte Costituzionale e TAR della Lombardia,
il Presidente Formigoni ed i sostenitori del referendum hanno diversamente
chiarito i reali passaggi istituzionali successivi alla consultazione
(vedi rassegna stampa allegata), passaggi per i quali la Consulta ha già
avuto modo di dichiarare illegittime analoghe iniziative referendarie.
Nel merito, quindi, si tratta di stabilire se e come la genericità
e indeterminatezza del quesito sia tale da escludere che le iniziative
istituzionali che la regione potrebbe intraprendere, in forza dell’eventuale
sì al referendum, non possano essere indirizzate anche verso
la proposizione di modifiche costituzionali.
Sulla base, infatti, della possibilità di un uso siffatto del
risultato referendario, la Consulta potrebbe ben esprimersi per l’illegittimità
costituzionale della normativa regionale, nell’ipotesi che il giudice amministrativo
ritenga che la delibera non costituisca violazione di norma, nella parte
che non precisa il tipo di iniziative istituzionali che la regione può
proporre attraverso i quesiti consultivi, nulla ostando quanto da essa
già pronunciato sulla specifica richiesta di sospensiva avanzata
dal Governo (sulla "non onnicomprensività" dei pronunciamenti della
Consulta si veda la sentenza 433/1995 Corte Cost.: "Quanto poi alla
eccepita violazione di un non meglio definito principio di onnicomprensività
della pronuncia (riferito alla precedente sentenza n. 468 del 1994 di questa
Corte), che determinerebbe "la definizione del dedotto e del deducibile
in ordine al rapporto con essa definito", è sufficiente osservare
che la precedente decisione di inammissibilità della questione per
difetto di rilevanza, in quanto puramente processuale, non pregiudica affatto
la riproposizione della questione stessa, una volta eliminato dal giudice
a quo il vizio che ne precludeva l'esame del merito.").
Riguardo alla legittimazione delle associazioni Progetto Diritti e CRED,
i ricorrenti ricordano l’ormai consolidata giurisprudenza costituzionale
in materia di referendum.
Anzi, vista proprio la particolare natura delle consultazioni referendarie,
sia qui permesso stigmatizzare la difesa della regione Lombardia che da
un lato dichiara di voler dare voce ai cittadini, ma dall’altro si oppone
a che singoli elettori e/o associazioni possano in qualche modo chiedere
che venga verificata la correttezza gli atti della pubblica amministrazione
ai fini di garantire il legittimo svolgimento del referendum.
Con ordine, si ricorda come, relativamente all’attribuzione di spazi
di comunicazione, la sentenza 49/1998 della Consulta abbia riconosciuto
anche ad organizzazioni costituite in vista della consultazione referendaria
la possibilità di partecipare all’informazione e alla formazione
dell’opinione pubblica.
A questa forma di riconoscimento, per altro fatta propria anche dalla
Legge 22 Febbraio 2000 n. 28, da sola in grado di attribuire ai soggetti
anche soltanto occasionalmente costituiti legittimazione di fronte
al giudice amministrativo di fronte agli atti della pubblica amministrazione,
deve altresì aggiungersi l’audizione, in sede di esame di ammissibilità
per i referendum abrogativi del 2000 da parte della Consulta, nella fase
cioè precedente all’indizione dei referendum, di memorie di soggetti
diversi dal Comitato promotore e il Governo (tra i quali anche l’Associazione
Progetto Diritti e il CRED).
Sulla base del massimo accoglimento, quindi, da parte dell’ordinamento
come della giurisprudenza costituzionale, dell’interesse a garantire, in
tutte le fasi, la partecipazione ad un numero quanto più ampio possibile
di soggetti in occasione delle consultazioni referendarie, è da
ritenere fondato l’interesse specifico delle associazioni al legittimo
svolgimento del referendum.
Si conclude, infine, rilevando come la memoria difensiva della regione
non affronti minimamente la questione, sottoposta nei motivi aggiunti,
circa l’impossibilità materiale di far svolgere nei medesimi uffici
elettorali la scadenza referendaria alle elezioni politiche in quanto tale
possibilità è esclusa dai vincoli derivanti dalla normativa
regionale sullo svolgimento dei referendum e in ogni caso condizionata
dal consenso del Governo nazionale.
A conferma di ciò, si ricorda la puntuale previsione, nella
legislazione regionale, di tutte le operazioni materiali necessarie ad
accorpare referendum nazionali di tipo abrogativo e referendum regionali.
A giudizio dei ricorrenti, inoltre, la sopraggiunta legge regionale
27 marzo 2001 n. 14 (Modifiche ed integrazioni alla legge regionale
28 aprile 1983, n. 34 "Nuove norme sul referendum abrogativo della Regione
Lombardia"), i cui tempi di pubblicazione sono tra l’altro condizionati
dal parere favorevole del Governo, è da ritenere insufficiente ai
fini dell’accorpamento.
Rassegna stampa allegata
Lombardia Notizie: ag. di stampa e d’informazione della giunta
(sito web) – 5 aprile 2001
''Fuori da ogni retorica - prosegue Formigoni - possiamo dire che oggi
è una giornata storica: perché è stata affermata la
centralità del cittadino e perché si apre la possibilità
di referendum differenziati regione per regione''
La Stampa – 6 aprile 2001:
Domanda: Sul piano politico quali saranno le conseguenze di una vittoria
del "sì" in Lombardia? …
Formigoni: "E’ chiaro che il futuro governo ne dovrà tenere
conto, qualunque esso sia … ".
AdnKronos – 6 aprile 2001
''Io dico ai cittadini lombardi -ha proseguito Formigoni- che questa
è l'occasione per fare sentire alta e chiara la nostra voce al prossimo
governo nazionale, qualunque sia, perché la politica della Regione
Lombardia non cambia''.
(Tog/Lr-Rs/Adnkronos)
06-APR-01 13:23
Corriere della sera – 7 aprile 2001:
Devolution, ma che significa? Che cosa delle competenze statali dovrebbe
essere, secondo il Pirellone, trasferito alla Lombardia? L’iter possibile
della devolution lo ha spiegato il segretario della Lega Roberto Calderoli:
"La Regione proporrà un disegno di legge al Capo dello Stato e al
presidente del Consiglio. Sarà molto difficile per chiunque opporsi
a una richiesta supportata da un esito referendario positivo".
La Stampa – 7 aprile 2001:
Maroni (Lega): "Non ci interessa l’effetto traino sulle politiche,
ma tenere alta la tensione sul prossimo Parlamento. Qui è in ballo
il libero esercizio di un diritto costituzionale che loro vogliono cancellare
con una manovra di palazzo. Per questo ci appelliamo al presidente Ciampi.
Il governo si assumerebbe la responsabilità di un atto di imperio
in puro stile centralista. Sarebbe gravissimo".
In che senso il referendum sulla devolution tiene alta la tensione
sul prossimo Parlamento?
"I deputati eletti in Lombardia nello stesso giorno in cui si vota
il referendum, riceverebbero un mandato ben preciso. Tra questi anche Berlusconi.
Tutti dovranno tener fede a questo mandato e mi auguro che il numero dei
"sì" sia superiori ai voti che riceverà in Lombardia la Casa
delle libertà. Emergerebbe fortissima la priorità di una
riforma autenticamente federale".
Franco Ragusa - 9 aprile 2001