Riforme istituzionali: 
     Saggi on line


 
Dal mattarellum alla riduzione dei parlamentari
Cittadini senza rappresentanza
 
di Franco Ragusa
 
Referendum Costituzionale: il nemico da battere, il popu­lismo
 
Era scontato e facilmente prevedibile che a difesa della revi­sione della Costituzione Renzi avrebbe adottato tutto l’arsenale degli slogan anticasta.
Utilizzare le stesse semplificazioni dialettiche che avevano fatto la fortuna di più di una forza politica, queste le fondamenta sulle quali il Presidente del Consiglio decise di costruire il consenso per la sua modifica costituzionale.
Una comunicazione politica “semplificata” che, come già accen­nato, non aveva alcun interesse per un dibattito approfondito sul complesso e delicato sistema dei pesi e contrappesi.

Ma ciò che più preoccupava, è che a due mesi dal referendum e con circa il 50% di cittadini che ancora non conoscevano il progetto di revisione o che ancora risultavano indecisi, anziché cambiare registro per costringere Renzi ad entrare nel merito delle questioni, se, cioè, si era in presenza di un sistema di regole in grado di funzionare e, soprattutto, in grado di non consegnare il Paese al primo matto in grado di fare il colpo grosso, No, dalle forze di opposizione si continuava a rilanciare, opponendo altro populismo a populismo.

    Renzi affermava che si riducevano le “poltrone”, ma non era abbastanza.
Lo stesso per i cosiddetti costi della politica.
Un continuo rilanciare che non teneva conto degli effetti che già quei tagli avrebbero determinato.
Un dibattito concentrato sui costi della macchina statale come se, a fronte della tenuta democratica del sistema, 50 o 300 milioni di euro l'anno potrebbero costituire numeri importanti (quanti centesimi di risparmio, l’anno, per il singolo contri­buente?).
Del resto, alla luce della recente approvazione dell’ennesima riduzione dei parlamentari, con di nuovo al centro dell’atten­zione la riduzione dei costi, come e perché ci si poteva attendere un’opposizione più attenta agli allarmi lanciati dai costituziona­listi?
    Avrebbe avuto senso un Senato di 100 dopolavoristi, anche a costo zero, eletto indirettamente e senza neanche sapere come?
    Ma soprattutto, aveva senso un Senato che, a seconda delle competenze, sarebbe stato totalmente inutile, per modi e tempi ristretti d’intervento, o, al tempo stesso, pericolosamente troppo competente, considerati appunto i modi di composizione e la sua scarsa rappresentatività?

E sì, l’argomento molto popolare, la riduzione del numero dei parlamentari, nel caso della revisione Renzi-Boschi avrebbe comportato un Senato nel quale non vi sarebbe stato spazio per le minoranze, anche se di una certa consistenza, e questo anche se eletto direttamente, con il proporzionale puro e le preferenze. Una banale conseguenza tecnica, come già evidenziato, legata ai pochi seggi a disposizione di ogni singola Regione.
Un Senato inutile non tanto perché eletto indirettamente, ma perché non più rappresentativo.

Del resto, l’assalto al Senato altro non era che l’estensione degli stessi principi che avevano già motivato, nel giubilo generale, l’umiliazione del ruolo assegnato dalla Costituzione alle Province, definitivamente cancellate dal progetto di revisione.
Anche su questo, Renzi non doveva far altro che rivendicare per sé ciò di cui gli altri avevano sempre e solo parlato, e mai ripen­sato, purtroppo.
Un ripensamento auspicabile, vista la confusione che già regnava sovrana in conseguenza della riforma Del Rio che le aveva abolite di fatto, con funzioni da svolgere suddivise, sotto il profilo delle responsabilità certe, in maniera confusa e rispetto alle quali l’elettore non aveva più (non ha) la possibilità di eser­citare un controllo democratico dal basso con il voto.



 



Per chi volesse offrire un caffè
-