Dal mattarellum
alla riduzione dei parlamentari
Cittadini senza rappresentanza
di Franco Ragusa
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Il Sindaco
d’Italia
L’aver chiarito l’effettiva posta in palio tra due diverse modalità di voto in grado di determinare, entrambe, un “vincitore a tutti i costi”, non è però sufficiente. Il progetto renziano de “il Sindaco d’Italia” prevedeva, per l’appunto, che scorresse il sangue: da un lato un solo vincitore, dall’altro tutti i perdenti. Ma in una elezione, chi è che vince? Chi è che perde? Se la scelta dei rappresentanti costituisce la massima espressione della sovranità popolare, chi vince e chi perde sono gli elettori, non le forze politiche che li rappresentano. Ed è questo, peraltro, ciò che ci ricorda la Consulta quando afferma che non possono essere assegnati premi di maggioranza senza aver ottenuto un numero minimo di voti, o quando dice che non possono esservi liste bloccate perché impediscono all’elettore di esprimere una preferenza. La sovranità popolare che si esprime attraverso il corretto esercizio del diritto di voto non può essere manipolata oltre il ragionevole. Qual è, quindi, il limite che non dovrebbe essere travalicato?
Come si è
visto, nel giro di tre tornate elettorali le
coalizioni vincenti avevano via via
rappresentato sempre meno elettori; e questo era
avvenuto non solo per l’insorgere di terze forze
di peso, ma anche in conseguenza dell’aumentata
area del non voto1. Non si arriva
ad ottenere la maggioranza parlamentare
nonostante i premi in seggi, indirettamente
e/o direttamente previsti per le forze
politiche maggiori? Ma quali
conseguenze attendersi, nel lungo periodo, da un
simile meccanismo? L’esperienza
della legge per i Comuni, a proposito di
“Sindaco d’Italia”, è disarmante.
Siamo di fronte a dei numeri che, tranne Parma, non permetterebbero di validare neanche un’assemblea di un circolo. Sono stati invece più che sufficienti per designare un Sindaco e premiare fortemente le forze politiche a questo collegate. A Roma, con il
42,6% dei voti validi2,
le liste collegate con Marino si spartirono il
64,4% dei seggi. Certamente,
siamo di fronte a dati di partecipazione e di
effettivo consenso che, fortunatamente, al
momento riguardano soltanto l’amministrazione
dei Comuni, cioè competenze neanche
lontanamente paragonabili con quelle del
Parlamento. NOTE 1 Ricordiamoli nuovamente questi numeri: nel 2006 la coalizione vincente alla Camera dei Deputati ottenne il consenso del 40% degli aventi diritto; il 36% nel 2008; soltanto poco più del 21% nel 2013. 2 18,4% degli aventi diritto. 3 9,7% degli aventi diritto. |
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