Franco Ragusa

La “riforma”
truccata

Fase Costituente – Assemblea Costituente

Capitolo revisionato (novembre 1996).

Le ultime vicende e l'ulteriore approfondimento delle questioni attraverso la discussione, sempre viva ed innovativa nelle diverse aree di confronto presenti nel mondo telematico, mi hanno portato a rivedere e ad approfondire alcune parti di questo capitolo. Ho ritenuto opportuno, in primo luogo, per meglio precisare e distinguere quanto qui sostenuto dall'idea dell'Assemblea costituente portata avanti oggi con forza da Segni e, a fasi alterne, sostenuta dal Polo delle libertà, aggiungere al titolo del capitolo la voce Organo di revisione costituzionale. Argomento già presente nella prima stesura, ma che, per la brevità delle argomentazioni e per una semplificazione eccessiva dei termini usati, poteva essere facilmente equivocato.

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Fase Costituente – Assemblea Costituente – Organo di revisione costituzionale

Di fronte all'ipotesi di accordo fra D'Alema e Berlusconi, riguardo ad un progetto di revisione costituzionale nel senso del semipresidenzialismo francese, è incredibile come in pochi si siano chiesti se vi fossero le condizioni e le garanzie sufficienti per dare vita ad una Fase Costituente con il precedente Parlamento eletto il 27 marzo del 1994 (le stesse considerazioni vanno chiaramente fatte anche per l'attuale Parlamento, che si è addirittura concretamente attivato per cambiare tutta la seconda parte della Costituzione con l'approvazione, in prima lettura, di una legge Costituzionale di dubbia legittimità).
Del resto, chi voleva perseguire l'accordo aveva tutto l'interesse a non mettere in evidenza le eventuali crepe esistenti nel sistema di garanzie offerto dalla nostra Costituzione; anzi, è proprio in queste crepe che si è cercato d'incuneare tale accordo.
Certo, l'art. 138 permette l'adozione di leggi di revisione costituzionale seguendo un procedimento aggravato; ma, come altri articoli della nostra Costituzione, presenta un rovescio della medaglia ambiguo, per quello che non dice espressamente e che può essere di fatto variamente interpretato, in quanto non è ben chiaro quanto queste modifiche possano intervenire con profondità, al punto tale da riuscire a cambiare con un colpo solo la Forma di Governo (e non potrebbe essere altrimenti, non essendo concepibile un intervento per tappe in quanto si andrebbe inevitabilmente ad intervenire sulle attribuzioni di ogni singolo Potere) e quindi, di fatto, a stravolgere l'impianto generale di tutta la Parte II – andando indirettamente ad influire, con ogni probabilità, anche sulla Parte I – configurandosi così più come una revisione complessiva piuttosto che parziale.
E questa constatazione dovrebbe far riflettere coloro che ancora si ostinano, timorosi di un possibile salto nel buio, a non voler prendere in considerazione la possibilità di prevedere, regolamentandole nero su bianco, delle ipotesi di revisione costituzionale molto profonde; visto che comunque potrebbero già essere praticabili senza che però si possa disporre del giusto corredo di garanzie.
Si deve poi tenere conto che, con il passaggio dal proporzionale al maggioritario, la principale garanzia, costituita dal dover conseguire una maggioranza parlamentare qualificata, per non essere costretti a dover sottoporre le leggi di modifica costituzionale ad un referendum popolare, è praticamente venuta meno. Inoltre, la facilità con la quale l'attuale sistema elettorale permette ad una minoranza di ottenere la maggioranza parlamentare, potrebbe indurre delle risicate maggioranze parlamentari, forti dell'apparato di Governo e magari anche dei media, ad intraprendere la via plebiscitaria e trasformare così il referendum previsto dall'art. 138 da strumento posto a tutela delle minoranze a strumento pienamente asservito alle vocazioni plebiscitarie delle maggioranze occasionali.
Per attenuare la portata di questi effetti si potrebbe, è vero, riformare l'art. 138 prevedendo una maggioranza uguale o di poco inferiore ai due terzi per approvare gli interventi di revisione costituzionale. Ma nel limitare a questo provvedimento la riforma dell'art. 138, non verrebbe data una soluzione ai nuovi problemi, o per meglio dire, ai guasti introdotti dal sistema elettorale di tipo maggioritario. Primo su tutti: la totale assenza, nei sistemi di rappresentanza parlamentare di tipo bipolare, di tutte quelle forze minoritarie non in grado di trovare un'adeguata collocazione all'interno dei due schieramenti maggiori. Sia la maggioranza di Governo che l'unica opposizione presente in Parlamento, infatti, potrebbero ben trovarsi d'accordo e riuscire quindi a riformare il sistema in una data direzione forti dell'assenza delle ragioni di una diversa opposizione non rappresentata a causa degli effetti maggioritari.
E per avere chiaro questo punto, credo che basti pensare all'ipotesi di un Parlamento senza la Lega, Rinfondazione comunista, i Comunisti Unitari ed i Verdi per ritenere insufficiente una riforma dell'art. 138 che non prevedesse, per le revisioni costituzionali, l'adeguata rappresentanza, e quindi anche un'effettiva capacità d'intervento emendativo, di tutte le espressioni politiche della società. In assenza di queste forze, per tornare all'attualità dei nostri giorni, con ogni probabilità la discussione sulle riforme istituzionali subirebbe un appiattimento verso le sole questioni poste dalle ipotesi di accordo fra D'Alema e Berlusconi.

Ma vediamo di approfondire l'analisi partendo proprio dalla lettura dell'art. 138.

Art. 138 - Le leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali sono adottate da ciascuna Camera con due successive deliberazioni ad intervallo non minore di tre mesi, e sono approvate a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera nella seconda votazione. Le leggi stesse sono sottoposte a referendum popolare quando, entro tre mesi dalla loro pubblicazione, ne facciano domanda un quinto dei membri di una Camera o cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali. La legge sottoposta a referendum non e` promulgata, se non e` approvata dalla maggioranza dei voti validi. Non si fa luogo a referendum se la legge e stata approvata nella seconda votazione da ciascuna delle Camere a maggioranza di due terzi dei suoi componenti.

Come si vede, l'articolo non accenna nulla riguardo al tipo di revisione della Costituzione che possa essere ammessa, se cioè soltanto di tipo parziale e non anche "generale". Tra l'altro, la presenza dell'art. 139, che esclude che la forma repubblicana possa essere sottoposta a revisione, dà ampio margine di respiro a tutte quelle interpretazioni che tendono ad escludere l'esistenza di vincoli all'eventuale attività di revisione che non siano espressamente enunciati, come, per l'appunto, è il caso del 139.
Inoltre, di fronte a delle contestazioni facenti riferimento ad un'attività giuridica interpretativa, deve aggiungersi che non è affatto acquisito che le leggi costituzionali in genere possano essere assoggettate al controllo della Corte Costituzionale se non per i soli vizi formali, potendo così rimanere esclusi eventuali giudizi sul merito7.
Quindi, di fronte ad eventuali colpi di mano operati da un Parlamento "legittimo", anche se eletto con sistema maggioritario, è dubbio che si possa intervenire.
Fatta questa premessa, è forse però più opportuno provare ad esaminare dei possibili casi concreti.

Supponiamo, cioè, che seguendo la procedura descritta nell'art. 138 venga abrogato il secondo comma dell'art. 3:
È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese. Perché prendere questo articolo come esempio?
Ma perché, è forse bene ripetere, al di là delle interpretazioni giurisprudenziali tutte da verificare non sta esplicitamente scritto da nessuna parte che la Costituzione non possa essere revisionata anche relativamente a ciò che è contenuto nella PRIMA PARTE.
È evidente, allora, che in linea di principio il Parlamento potrebbe tranquillamente sentirsi pienamente legittimato ad intraprendere l'abrogazione dell'articolo in questione od anche di altri. E con questo vorrei dare una prima risposta a chi teme che, attraverso l'elezione di un apposito Organo di revisione diverso dal Parlamento, si possa correre il rischio di intendere questa elezione come un particolare conferimento di legittimità tale da permettere di mettere mano anche alla PRIMA PARTE della Costituzione.
Già ora, chi potrebbe impedirlo?
Forse un intervento del Presidente della Repubblica (vedi più avanti in Tutela dei diritti e controllo di legalità), che però potrebbe comunque non arrivare.
Gli eventuali e successivi controlli di costituzionalità?
Mi si permetta di definirla una pia illusione, e questo al di là della presa d'atto che la cosa è ancora tutta da dimostrare anche per la giurisprudenza.
Supponiamo, infatti, che l'art. in questione venga abrogato con una maggioranza inferiore ai due terzi e che, partendo da questo risultato, venga attivato, magari proprio su iniziativa della stessa maggioranza, il referendum popolare (la parola al Popolo!).
Si svolge il referendum e... e una volta che il referendum dovesse confermare le scelte della maggioranza parlamentare, ma dove la troviamo una Corte Costituzionale in grado di mettere in discussione una pronuncia popolare?
E se anche la troviamo, il giorno dopo c'è la guerra civile.

Già ora c'è la difficoltà a rendere esecutiva una sentenza della Corte, relativamente alla Legge Mammì, soltanto perché successivamente alla sentenza c'è stato un pronunciamento referendario di verso opposto; figuriamoci se la sentenza fosse stata emessa dopo: si sarebbe gridato al golpe.
In altre parole, in mancanza di limiti certi relativamente al potere di revisione (l'attuale art. 138!) tutto potrebbe essere possibile laddove dovessero venire ad intervenire tutta una serie di fattori.
E non dimentichiamo che il Polo, durante l'ultimo periodo della campagna elettorale, non si è mai fatto timore di dichiarare che, nel caso di vittoria elettorale, avrebbe proceduto alla revisione della Costituzione a colpi di maggioranza parlamentare e di referendum.

Ma c'è un altro motivo di profonda preoccupazione, che vale in generale e che le ultime vicende hanno dimostrato quanto sia fondato: con quale mandato il precedente (ma anche l'attuale) Parlamento poteva permettersi di mettere in piedi una Fase Costituente?
Nessuno! Come per il 21 aprile di quest'anno (1996), anche il 27 marzo del 1994 non venne attribuito nessun tipo di delega, da parte degli elettori, per mediare sul presidenzialismo o sul suo contrario; anche perché, sino ad oggi, nessuno si è mai espresso con chiarezza (se non ricorrendo a delle vaghe formule) riguardo al come riformare in profondità la nostra Costituzione.
Ma anche riguardo a ciò, nessun vincolo è posto dall'art. 138.

Appare allora evidente come sia necessario intervenire al più presto sull'art. 138, e questo proprio per definire con chiarezza tutte le opzioni di revisione possibili e, soprattutto, le garanzie a tutela di tutti: in primo luogo, per usare un'espressione tanto cara ai politici del nuovo che avanza, a tutela del popolo sovrano, che dovrebbe poter decidere non soltanto riguardo al risultato finale, ma anche sui possibili indirizzi che in linea di massima dovrebbero essere seguiti; in secondo luogo, per porre degli adeguati livelli di salvaguardia relativamente alle sezioni riguardanti i Principi fondamentali e la Parte I; ed infine, per permettere alle minoranze di poter essere rappresentate al meglio al fine di poter intervenire attivamente in tutte le fasi dei processi di revisione costituzionale.
E non è da ritenere un caso se la giovane Costituzione spagnola, nata dopo gli anni della dittatura franchista, preveda un particolare procedimento di revisione costituzionale, di tipo generale o riguardante alcuni Titoli, connesso ad uno specifico mandato elettorale8; come anche avviene in quella belga, dove la conferma del mandato è addirittura richiesta per qualsiasi modifica9.

Sarebbe inoltre auspicabile – oltre che aderire ad un tipo di previsione di revisione costituzionale che tenesse conto di uno specifico mandato costituente –, vista la natura del sistema elettorale attualmente adottato che permette a delle minoranze elettorali di poter ottenere larghe maggioranze parlamentari, investire del potere di revisione generale o per dei particolari Titoli un apposito Organo di revisione eletto con metodo proporzionale e distinto dal Parlamento ordinario.
Per essere chiari (e ci si rivolge ai sostenitori del sistema maggioritario): un conto è congegnare un sistema elettorale che possa comunque permettere alla minoranza più qualificata di poter governare; un altro conto è utilizzare gli stessi numeri per cambiare le regole del gioco, nella totale assenza di critica da parte della somma delle diverse minoranze escluse dal Parlamento dal meccanismo elettorale.
Inoltre, la previsione di un diverso Organo, per le revisioni costituzionali in genere o soltanto di un certo rilievo, dovrebbe riuscire a correggere le possibili forzature della volontà dei cittadini laddove questi fossero costretti a scegliere un candidato che potrebbe essere considerato buono per la normale attività parlamentare e di governo, ma poco affidabile per le questioni di revisione costituzionale, o viceversa.
Una delle maggiori storture dei sistemi bipolari, infatti, è che una buona parte degli elettori va a votare turandosi il naso per esigenze di coalizione... "altrimenti vincono gli altri!".
Facendo un esempio concreto relativamente alle ultime elezioni di aprile, basti pensare agli elettori di Rifondazione che si sono ritrovati ad essere determinanti nell'inviare in Parlamento molti deputati dell'Ulivo che, in tema di riforme, si sono rivelati "peggiori" dei candidati della destra che furono sconfitti nei confronti diretti.
Ed è proprio in riferimento a quest'ultima considerazione che è divenuta urgente la previsione di un Istituto correttivo relativamente ad un uso improprio, da parte dei parlamentari, dei consensi ricevuti durante le elezioni di tipo maggioritario per il governo del Paese.
E quale potrebbe essere un Istituto correttivo se non l'elezione di un diverso Organo, su base proporzionale, che possa rimettere in discussione, o confermare, le scelte operate dal Parlamento nato dal maggioritario?

Ma non basta. Una volta eletto, l'Organo in questione non dovrebbe poter deliberare una proposta di revisione "eccedente" l'oggetto per il quale i cittadini sono stati chiamati ad esprimersi attraverso la scelta dei rappresentanti.
Va quindi previsto un controllo preventivo di costituzionalità sull'oggetto e sul merito dell'oggetto.
Da un lato bisogna infatti verificare che la revisione non sia intervenuta direttamente su questioni per le quali l'Organo non era stato istituito. Dall'altro lato va verificato che non ci sia contrasto tra gli effetti della revisione e le altre norme della Costituzione non sottoposte a revisione; intendendo questo contrasto un eccesso di revisione relativamente all'oggetto per il quale l'Organo era stato istituito ed eletto.
Perché un controllo di costituzionalità preventivo?
Perché dopo il pronunciamento referendario, come già detto, sarebbe troppo tardi. Sarebbe comunque auspicabile, come obiettivo minimo, prevedere una qualche forma di controllo preventivo di costituzionalità anche senza far riferimento all'attività di un eventuale Organo di revisione, e questo relativamente al contrasto che una revisione costituzionale fatta attraverso il vigente art. 138 potrebbe avere con altri articoli non sottoposti a revisione.
Controllo preventivo per evitare che l'eventuale pronunciamento referendario su di un dato progetto di revisione possa poi essere ritenuto estendibile, relativamente agli effetti materiali, anche ad altri articoli non sottoposti a revisione e con i quali potrebbe verificarsi contrasto. Più o meno per evitare quello che è avvenuto con l'introduzione di un sistema semi maggioritario attraverso un referendum popolare, per cui da più parti si è sostenuto che la Costituzione andava interpretata ed adeguata alla luce della (presunta) volontà popolare che con quel referendum si era espressa. Ed è su questa base, infatti, che il Presidente Scalfaro fu attaccato dal Polo, non avendo automaticamente sciolto le Camere in occasione della caduta del Governo Berlusconi (va detto, però, che in questo genere di critica il Polo si è trovato, direttamente o indirettamente, affiancato da diversi settori della sinistra).

Infine, nel regolare le revisioni costituzionali si dovrebbero prendere degli accorgimenti in grado di impedire i colpi di mano; ma, soprattutto, che il Paese possa essere continuamente chiamato a spaccarsi in due sulle sole proposte della maggioranza.
Non credo che ci siano molte soluzioni se non il prevedere la possibilità, laddove una maggioranza risicata volesse affidare il confronto istituzionale alla lotteria dei referendum, di sottoporre a consultazione referendaria anche una proposta di minoranza.
Spesso, infatti, delle brutte proposte di cambiamento possono facilmente avere seguito tra la maggioranza dei cittadini laddove non vi sia una diversa possibilità di scelta se non quella di lasciare tutto immutato.
Basti vedere come è stato demagogicamente utilizzato negli ultimi anni il referendum di tipo abrogativo: "Contro la conservazione eccovi qui la possibilità di cambiare!"
E dimostrare che si cambiava in peggio è stato sicuramente difficile, se non impossibile, non potendo opporre una diversa possibilità di scelta che non fosse il lasciare tutto immutato.
Il prevedere una proposta di minoranza, invece, laddove la revisione fosse approvata da meno dei due terzi dell'Organo di revisione, dovrebbe consigliare di evitare, all'eventuale risicata maggioranza occasionale, di imbarcarsi in un'avventura istituzionale che potrebbe concludersi con l'esatto opposto.
Fatta questa breve disamina dei guasti introdotti dal sistema maggioritario e delle possibili soluzioni per porvi rimedio, c'è ora l'esigenza di fare i conti con la realtà di una Fase costituente che risulta di fatto essere già stata avviata e che potrebbe trovare una sua concretezza di risultati attraverso i lavori della Commissione bicamerale ed il Referendum unico in via di istituzione dalla Legge costituzionale già votata in prima lettura i primi di Agosto.
Dopo aver fortemente criticato questa Legge, anche da parte di settori della sinistra, che in prima lettura avevano invitato ad esprimersi con voto contrario, c'è ora l'orientamento a prendere parte attiva a questa Fase costituente accettando di fatto come legittima la procedura adottata.
E paradossalmente, uno dei maggiori motivi a sostegno di questa scelta (illegittima) viene indicato nella necessità di opporsi ai tentativi illegittimi della destra di istituire un'Assemblea Costituente.
La cosa lascia a dir poco sconcertati, essendo estremamente difficile riuscire a trovare sostanziali differenze tra la Bicamerale e l'Assemblea Costituente proposta oggi con forza da Segni e Cossiga e a fasi alterne rilanciata con poca convinzione dai leader del Polo (forse perché anche loro poco sicuri di come potrebbe andare a finire; più certi, invece, dei ricatti che possono imporre ad un PDS fortemente affamato di architetture costituzionali in grado di fargli assumere una posizione egemone nell'ambito del centrosinistra).
Entrambe le procedure di revisione, infatti, verrebbero ad intervenire sulla Costituzione come momento eccezionale, una sorta di passaggio epocale. Per cui per entrambe verrebbero, anzi no, vengono(!) tollerate soluzioni eccezionali: vedi soprattutto il referendum unico, imposto dalla destra, per l'appunto previsto dalla legge costituzionale che istituisce la Bicamerale.
Ma evidentemente, ancora una volta si preferisce rischiare di cadere in errore, riproponendo il solito e controproducente atteggiamento tattico che, affrontando i problemi non dal lato dell'aderenza ai princìpi ma guardando ai risultati ottenibili in base ai rapporti di forza di volta in volta in campo, finisce per ridurre tutta l'iniziativa politica ad una sorta di vivere alla giornata le questioni che si impongono all'agenda.
Anziché guardare alla sostanza del problema politico, se sia cioè legittimo avviare una profonda fase costituente con le attuali regole e garanzie, ci si scontra su due ipotesi di lavoro sostanzialmente identiche sotto il profilo dei modi e del livello d'intervento di revisione che comunque verrebbe apportato alla Carta Costituzionale.
In altre parole, anziché affrontare la questione degli strumenti di revisione sotto il profilo del dover garantire i diritti delle minoranze nei processi di revisione, si guarda ai mezzi come a delle possibili scorciatoie e con un occhio puntato agli equilibri del momento.
La destra, da un lato, sapendo di godere di un buon consenso tra la gente riguardo al presidenzialismo (e questo anche grazie alle precedenti posizioni tattiche assunte dalla sinistra, che hanno fatto da spalla alla "semplicità" di tutte quelle possibili soluzioni tendenti a ridurre i "conflitti della democrazia" ad un più "efficiente" totalitarismo della maggioranza), spinge verso la costituzione di un'Assemblea Costituente senza alcun limite riguardo all'oggetto della revisione; e forte di questa posizione cerca di vincolare (o per meglio dire: ricattare il centrosinistra) la nascita della Commissione Bicamerale ad un progetto di revisione già precostituito ed indirizzato verso l'elezione diretta del Presidente o del Premier.
Dall'altro lato, forse perché timorosa di perdere i possibili frutti derivanti da una certa gestione del "potere contrattuale" oggi in mano, anche quella parte della sinistra, che sinora aveva posto come principio irrinunciabile il rispetto delle garanzie, ha deciso di abbandonare ogni remora e di aderire anch'essa all'idea che sia possibile avviare una Fase costituente attraverso il percorso delineato con la legge costituzionale istituente la Commissione Bicamerale ed il plebiscitario referendum unico.
I rischi di tale "rincorsa degli eventi" sono sotto gli occhi di tutti.
Una volta accettato questo percorso di revisione, infatti, non ci sarebbe più alcun modo per poterne contestare l'illegittimità.
Di più, verrebbe meno la possibilità di poter immediatamente denunziare, di fronte ai cittadini, l'illegittimità della fase costituente avviata attraverso il ricorso, laddove la legge costituzionale in questione non venisse approvata con la maggioranza dei 2/3, di un referendum che avrebbe delle chiare parole d'ordine: "No! alla Bicamerale lesiva delle garanzie e dei diritti delle minoranze; NO! all'uso plebiscitario dello strumento referendario".
Diversamente, lasciare la possibilità del ricorso al referendum ad alcuni settori della destra, significherebbe dover confrontarsi esclusivamente su altre parole d'ordine (Contro la Bicamerale delle segreterie dei partiti - per l'Assemblea costituente) ed essere così poi costretti, per l'ennesima volta, a dover difendere l'indifendibile.
Va quindi avviata una diversa riflessione riguardo alle urgenze in campo, escludendo qualsiasi coinvolgimento e subalternità alla contrapposizione che vede sia la destra che il centrosinistra uniti nel voler stravolgere la Costituzione senza prima aver delineato un giusto corredo di regole atto a garantire il diritto delle minoranze a poter prendere parte attiva ai processi di revisione costituzionale.

Bisogna riportare alla "normalità" i rapporti con le istituzioni, escludendo con forza che possano esistere motivi di eccezionalità in grado di "giustificare" le deroghe ai princìpi.
Bisogna uscire, una volta per sempre, dalla logica dell'"emergenza" per tornare alla certezza delle procedure.
Certezza delle procedure che potrebbe anche voler dire "passaggi storici possibili"; ma dove i "passaggi storici possibili" ... nel pieno rispetto, però, delle garanzie.
Sia con la Bicamerale che con l'Assemblea costituente proposta dalla destra, invece, sono proprio le garanzie a venire meno.

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Si vuole qui concludere questo capitolo facendo un elenco, per punti, di una possibile revisione dell'art. 138.

1) Nel caso di proposta di revisione della Costituzione che riguardi un complesso organico di norme o anche un solo articolo contenuto nella Prima Parte, adottata da ciascuna Camera a maggioranza dei tre quinti, si procede all'elezione di un apposito Organo di revisione costituzionale.

2) L'organo di revisione è eletto con metodo proporzionale e non prima di 6 mesi dalla data di adozione del progetto di revisione.

3) Per i tre mesi precedenti l'elezione dell'Organo di revisione debbono essere garantiti gli accessi ai media d'informazione per tutte le liste che presenteranno dei candidati.
. Tutte le liste dovranno godere del medesimo spazio informativo sui canali televisivi e radiofonici siano essi pubblici che privati. Per il mese precedente le elezioni, le TV private dovranno comunque garantire una programmazione di tribune politiche non inferiore a ... ore settimanali. Anche per la carta stampata valgono le medesime regole di cui sopra.
. Nessuna lista potrà usufruire di spazi promozionali eccedenti ....; nessun candidato di lista potrà usufruire di spazi promozionali eccedenti ...
. Un'apposita commissione di vigilanza nominata per un terzo dalla Corte Costituzionale, per un terzo dal Parlamento e per un terzo dai Consigli regionali potrà sanzionare con efficacia immediata la sospensione degli abusi relativamente ai punti precedenti.

4) L'organo di revisione potrà deliberare soltanto sul complesso di norme precedentemente fissato dal progetto di revisione adottato dalle Camere.
. I lavori dell'Organo di revisione dureranno ... (almeno 6) mesi.
. Ai lavori dovrà essere garantito il massimo di pubblicità presso gli organi d'informazione, dando pari spazio a tutte le liste presenti, indipendentemente dalla loro consistenza numerica.

5) Dopo la definitiva approvazione da parte dell'Organo di revisione della proposta di revisione è attivato un controllo preventivo di costituzionalità, con particolare riferimento all'oggetto della revisione fissato dalla proposta di revisione adottata precedentemente da ciascuna Camera e relativamente al contrasto con altre norme non sottoposte a revisione dal progetto in questione.
. Le parti del progetto di revisione rigettate dalla Corte Costituzionale decadono. In tal caso l'Organo di revisione ha un mese per ridefinire e votare una nuova proposta di revisione da sottoporre nuovamente ad esame della Corte Costituzionale. Nel caso la Corte Costituzionale rigetti nuovamente alcune parti del progetto, l'Organo di revisione potrà soltanto decidere se approvare nuovamente il progetto di revisione senza le parti rigettate dalla Corte non essendo ammessi ulteriori interventi legislativi. Nel caso l'Organo di revisione non approvi il progetto di revisione residuo, il progetto ed ogni procedura di revisione decadono.
. Per la parti della proposta di minoranza (di cui al secondo comma del punto 6) rigettate dalla Corte Costituzionale non sono ammesse modifiche ed è consentito soltanto il ritiro della proposta di minoranza.

6) Il progetto di revisione non rigettato dalla Corte Costituzionale è sottoposto a referendum per la definitiva approvazione.
. Se il progetto di revisione è stato approvato con meno dei due terzi, è permessa la presentazione di una sola proposta di minoranza da sottoporre anch'essa a referendum. Anche questa proposta di minoranza deve aver prima ricevuto il via libera (di cui al terzo comma del punto 5) da parte della Corte Costituzionale.
. Per i progetti di revisione approvati con i due terzi non è ammessa proposta di minoranza da sottoporre a referendum.
. I cittadini, contestualmente al voto dato alle proposte di revisione dell'Organo di revisione (nel caso cioè debbano esprimersi anche sulla proposta di minoranza), si pronunciano anche sulle vecchie norme. Laddove le vecchie norme non vengano abrogate a maggioranza dei voti validi espressi dalla maggioranza degli aventi diritto, non si procede all'ulteriore spoglio riguardante le proposte di revisione dell'Organo di revisione.


Note La "riforma" truccata

7 Non esiste un'uniformità di vedute su questo delicato aspetto. Per alcuni, infatti, non esisterebbe una possibilità vera e propria di limitare il potere, espressamente attribuito al Parlamento dalla Costituzione, di adottare delle leggi di revisione Costituzionale e le altre leggi costituzionali. Lo stesso art. 134 cost., del resto, non fa dei riferimenti espliciti, limitandosi ad una generica enunciazione: La Corte costituzionale giudica: sulle controversie relative alla legittimità costituzionale delle leggi e degli atti, aventi forza di legge, dello Stato e delle Regioni.
Tra l'altro, come sembra essere costretto a rilevare G. Zagrebelsky (pag. 119 “La giustizia costituzionale” - Ed. il Mulino, ottobre 1990): La Corte costituzionale ha sempre evitato finora la formale dichiarazione d'incostituzionalità di leggi costituzionali, anche quando sarebbe stato possibile.

8 Art. 168 - Costituzione spagnola
1) Qualora si intenda promuovere la revisione completa della Costituzione o una revisione parziale riguardante: il Titolo preliminare; il Capitolo II, Sezione I, del Titolo I; o il Titolo II, si procederà all'approvazione di tale delibera a maggioranza dei due terzi di ciascuna Camera, e allo scioglimento immediato delle Cortes.
2) Le Camere elette dovranno ratificare la decisione e procedere allo studio del nuovo testo costituzionale, che dovrà essere approvato a maggioranza dei due terzi di entrambe le Camere.
3) Una volta approvata dalle Cortes, la revisione sarà sottoposta a referendum per la sua ratifica.

9 Art. 131 - Costituzione belga
Il potere legislativo ha il diritto di dichiarare la necessità di revisionare una particolare disposizione costituzionale, esattamente specificata.
Dopo questa dichiarazione le due Camere sono sciolte di pieno diritto.
Ne saranno convocate due nuove in conformità all'art. 71.
Tali Camere delibereranno, d'accordo col Re, sui punti sottoposti a revisione...

 

 

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