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La Legge Elettorale
e i tanti modi per non farci contare

di Franco Ragusa
 

Questioni problematiche: i referendum e la legge elettorale potrebbero violare la Costituzione?
 

    Visto il pronunciamento della Consulta del 4 dicembre 2013, a porre una simile domanda, almeno per quanto riguarda la seconda parte, si rischia di fare la figura degli scemi.
La stessa figura, però, che sino a maggio 20131 avevano sempre fatto tutti coloro che, sconfitta dopo sconfitta, non erano riusciti a trovare un giudice che decidesse di sollevare la questione di incostituzionalità della legge elettorale.
Mentre, infatti, tutta la politica, i referendari di professione e i mezzi di informazione continuavano a condannare la pessima legge elettorale, nell’indifferenza più totale uno sparuto gruppo di cittadini stava li a chiedersi e a chiedere: “Ma come è possibile che nessuno ci dà una mano per risolvere il problema nel modo più corretto sotto il profilo delle garanzie costituzionali da dover tutelare?”2
Peraltro, l’iniziale tentativo del 2008 da parte di tre avvocati3 presso il Tar del Lazio, era ben supportato da quanto la Consulta aveva da poco avuto modo di affermare in sede di ammissibilità del referendum che dal Porcellum ci avrebbe condotti al Super Porcellum.

    È proprio dalle pronunce di ammissibilità dei quesiti Guzzetta, infatti, con la segnalazione al Legislatore dei problemi indivi­duati nella legge elettorale, che vennero finalmente all’attenzione altri e più inquietanti interrogativi.
Nel sistema delle garanzie costituzionali, possono insinuarsi pericolose zone d’ombra in grado di rendere vana l’enuncia­zione dei diritti fondamentali per i quali potrebbero non esservi tutele reali?

    In sede di ammissibilità del referendum abrogativo, ad esempio, tranne casi particolari legati all’esigenza di garantire che “Un organo elettivo, previsto dalla Costituzione, non può essere neppure temporaneamente privato delle norme elettorali che ne rendono costantemente possibile l’operatività4 e, quin­di, “I referendum abrogativi delle leggi elettorali degli organi costituzionali non devono paralizzare i meccanismi di rinnova­zione, che sono strumento essenziale della loro necessaria e costante operatività,5 la Corte Costituzionale ha via via confermato che in sede di ammissibilità del referendum abroga­tivo “non viene di per sé in rilievo l’eventuale effetto abrogativo del referendum”. La prospettata illegittimità costituzionale di una sua possibile conseguenza “non può essere presa in consi­derazione e vagliata al fine di pervenire a una pronuncia di inammissibilità del quesito referendario”, tanto più che la conseguente situazione normativa potrebbe dar luogo, se e quando si realizzi, ad un giudizio di legittimità costituzionale, nelle forme, alle condizioni e nei limiti previsti6.

    In altre parole, per bocca della stessa Consulta, anche se gli effetti di un referendum abrogativo potrebbero produrre una leg­ge anticostituzionale, per l’esame degli effetti concreti si dovrà attendere la nuova legge al varco, per poi, soltanto in quel mo­mento, poter mettere in moto i modi di accesso per il giudizio di legittimità costituzionale.
Con la sentenze N. 15-16/2008, sempre in sede di ammissibilità di referendum elettorali, il tutto venne infine confermato e scrit­to nero su bianco.
Nel ribadire la propria giurisprudenza circa i limiti d’intervento riguardo l’ammissibilità di quesiti anche in caso di sospetta in­costituzionalità delle leggi di risulta, la Corte Costituzionale non mancò di segnalare al Parlamento l’esistenza di aspetti proble­matici già contenuti nella legge: “L’impossibilità di dare, in questa sede, un giudizio anticipato di legittimità costituzionale non esime tuttavia questa Corte dal dovere di segnalare al Par­lamento l’esigenza di considerare con attenzione gli aspetti pro­blematici di una legislazione che non subordina l’attribuzione del premio di maggioranza al raggiungimento di una soglia mi­nima di voti e/o di seggi.”

    Appurata, quindi, l’esistenza di limiti che impediscono alla Corte Costituzionale di auto attivarsi anche quando la “questio­ne” potrebbe giungere sul suo tavolo per altri motivi, quali gli strumenti?
Quali i modi di accesso per poter far arrivare alla Consulta quelle leggi per le quali lei stessa ha ritenuto doveroso inviare un segnale d’allarme?
E qui entrano purtroppo in ballo una serie di questioni proble­matiche ben conosciute dai manuali di Diritto Pubblico.

    Come poc’anzi ricordato, per poter sollevare la questione di costituzionalità non vi è altra via che attendere la legge al varco, durante un procedimento giudiziario nel quale la legge trovi la sua applicazione, e soltanto in quella sede poterne contestare la legittimità costituzionale.
Ma come si fa a sollevare la questione incidentale nel corso di un giudizio se per alcune leggi, le leggi cosiddette autoapplicati­ve7, non c’è modo di finire davanti a un giudice?
Vi sono in effetti delle leggi per le quali i modi di accesso alla Consulta di fatto non esistono, o meglio, per le quali si fa fatica ad accettare ciò che sarebbe più logico e corretto al fine di ga­rantire un sistema di tutele costituzionali più sostanziale che for­male.
Scoraggiante, in tal senso, un passo di Zagrebelsky su “La giu­stizia Costituzionale”8 che affronta proprio questo tipo di pro­blemi.
Trattando delle difficoltà di accesso alla Consulta per alcune leggi, si fa appunto un esempio con la legge elettorale:

... si pensi ad una legge elettorale che preveda la distribuzione dei seggi in violazione del principio di eguaglianza, la quale potrebbe forse giungere alla Corte in seguito ad una questione sollevata da una delle Giunte delle Camere, in sede di contesta­zione da parte dell’interessato della proclamazione dei risultati - anche se l’ipotesi è irrealistica, dipendendo da un atteggia­mento suicida dei parlamentari eletti sulla base della legge elet­torale che si vorrebbe contestare.

    Ciò che qui Zagrebelsky mette in evidenza, non è tanto l’im­possibilità teorica di far giungere la questione alla Corte Costitu­zionale, quanto che nella realtà ciò potrebbe non avvenire per il semplice motivo che l’unico Organo titolato9 a sollevare la questione, non avrà mai l’interesse a farlo, in quanto esistente proprio grazie alla legge elettorale che dovrebbe inviare all’esame della Consulta.

    Stava tutta qui l’assurdità di un sistema di controllo di costi­tuzionalità delle leggi che faceva finta di non vedere e che, sino a pochi mesi fa, aveva solo saputo rinviare ad “altro giudice”, le giunte delle elezioni.
E bene lo sanno i tre avvocati e chi li ha seguiti, anche tentando altre strade10, che in più occasioni si sono visti opporre l’incom­petenza per difetto assoluto di giurisdizione da parte della giusti­zia amministrativa e civile.


Note

1 La Prima Sezione della Corte di Cassazione di Milano decide per l’invio del Porcellum all’esame della Consulta.

2 Impressionante, alla luce del recente pronunciamento della Consulta, le tre questioni aperte per le quali l’Avv. Aldo Bozzi tentò inutilmente di trovare ascolto presso i mezzi di informazione e tutte le formazioni politiche: http://www.riforme.net/2008/rass08-024.htm

3 Aldo Bozzi, Giuseppe Bozzi, Giuseppe Porqueddu, da subito affiancati dagli ex senatori Felice Besostri e Domenico Gallo.

4 Consulta: sentenza N° 29 1987

5 Consulta: sentenza N° 26 1997

6 Consulta: sentenza N° 26 1987

7 “in quanto non richiedono, per il raggiungimento dei propri fini, un’ap­plicazione giudiziaria” - La giustizia costituzionale, Zagrebelsky – ed. 1988

8 Ed. 1988, pag. 226

9 Così sino a maggio 2013, quando la Prima Sezione della Cassazione di Milano ha finalmente sollevato la questione a seguito del ricorso dell’avv. Aldo Bozzi ed altri.

10 Il sito Riforme Istituzionali, alla luce dei pronunciamenti negativi dei giudici amministrativi al ricorso dell’Avv. Bozzi ed altri, nel 2008 portò avanti un’iniziativa di protesta legale nei seggi. Ai sensi dell’art. 87 TU leggi elettorali, le camere pronunciano giudizio definitivo sulle contestazioni, le proteste e, in generale, su tutti i reclami presentati agli Uffici delle singole sezioni elettorali o all’Ufficio centrale durante la loro attività o posteriormente.
A seguito dei pronunciamenti negativi da parte delle Camere per le proteste presentate nei seggi (http://www.riforme.net/editoriali/ed2011-12.htm), alla vigilia delle elezioni 2013 venne nuovamente tentato il ricorso al Tar del Lazio. Ricorso giunto alla trattazione nel merito, ma dichiarato nuovamente inammissibile, sempre con la motivazione del difetto di giurisdizione. Nel frattempo, però, era già andato a buon fine il tentativo dei ricorrenti storici, l’Avv. Bozzi ed altri, avanti la Prima Sezione della Cassazione di Milano.



 
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