Riforme istituzionali: 
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La Legge Elettorale
e i tanti modi per non farci contare

di Franco Ragusa
 

Finalmente la Consulta

 
    Con uno scarno comunicato, il 4 dicembre 2013 la Corte Costituzionale annuncia l’incostituzionalità della legge elettorale nelle parti “che prevedono l’assegnazione di un premio di maggioranza – sia per la Camera dei Deputati che per il Senato della Repubblica – alla lista o alla coalizione di liste che abbiano ottenuto il maggior numero di voti e che non abbiano conseguito, almeno, alla Camera, 340 seggi e, al Senato, il 55% dei seggi assegnati a ciascuna Regione.
La Corte ha altresì dichiarato l’illegittimità costituzionale delle norme che stabiliscono la presentazione di liste elettorali “bloc­cate”, nella parte in cui non consentono all’elettore di esprimere una preferenza.”

Di fronte ad un annuncio di tale portata e in assenza delle moti­vazioni, il dibattito politico sulla legge elettorale prosegue, però, per quanto riguarda i contenuti,  come se nulla fosse.

Il Movimento 5 Stelle, di fronte ad un Parlamento delegittimato politicamente, chiede di tornare velocemente al voto.
Senza quindi attendere le motivazioni, propone il veloce ritorno alla legge elettorale precedente, il Mattarellum.
Dopo le motivazioni, come si vedrà, cambierà nuovamente idea.

Il segretario del PD Matteo Renzi, invece, coglie l’occasione per rilanciare ben tre modelli di legge elettorale: il modello dei sindaci; il modello spagnolo, con piccole circoscrizioni e corretto con un eventuale premio di maggioranza; il Matta­rellum, anch’esso corretto con un eventuale premio di maggioranza.
Le proposte diventano addirittura 5 con la previsione di un doppio turno eventuale nel caso di mancato raggiungimento della soglia necessaria, sia con lo Spagnolo che con il Matta­rellum corretti, per l’acquisizione del premio di maggioranza.


 
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