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La Legge Elettorale
e i tanti modi per non farci contare

di Franco Ragusa
 

La prima volta del maggioritario in Italia

 
    Con la prima campagna elettorale all’insegna della logica maggioritaria, si capisce subito che c’è qualcosa che non va.
Pochi mesi prima delle elezioni, infatti, si assiste alla nascita di un nuovo fenomeno politico. L’imprenditore Silvio Berlusconi, un signore legato mani e piedi con quanto di peggio la politica aveva espresso negli ultimi anni, dal nulla crea un nuovo soggetto politico a sua immagine e somiglianza.
Tangentopoli è ben presto dimenticata e si assiste, per la prima volta nella storia repubblicana, alla nascita di un partito-azienda con a capo, indiscusso e indiscutibile, il padrone di tre reti tele­visive a carattere nazionale, giornali e, altro dettaglio non trascurabile, con ingenti disponibilità economiche da riversare sulla politica.
    Nasce e si sviluppa, in altre parole, un vero è proprio virus: il berlusconismo. Una degenerazione della politica che, nei suoi aspetti più tragicomici, di lì a poco coinvolgerà tutto il panorama politico. In breve tempo, infatti, prenderanno forma altri soggetti politici, non più di tipo partecipato, ma che faranno dell’identifi­cazione con il leader la loro ragion d’essere.
Del resto, attendersi un comportamento più virtuoso sarebbe stato da ingenui.
Con una logica elettorale che non consente agli elettori di poter selezionare la classe politica e visti i continui successi di Berlusconi, fondati sull’abile interpretazione del meccanismo elettorale maggioritario e della forzatura bipolare, non approfittarne sarebbe da matti. È d’obbligo ricordare, infatti, i tempi e i modi della prima vittoria elettorale di Berlusconi.

    Nel 1994, nel giro di pochi mesi il magnate delle TV, nell’impossibilità di tenere unite AN e Lega Nord sotto un solo simbolo, si mise a capo di due diverse alleanze elettorali con il solo scopo d’impedire la vittoria della sinistra. Una lotta del Bene contro il Male in grado di tramutare  timori e furore ideo­logico in un’investitura per governare con pieni poteri.
Senza quindi un partito consolidato, ma con alle spalle un impero mediatico-imprenditoriale, Berlusconi vince le elezioni del ‘94 con al seguito un nutrito gruppo di collaboratori che potremmo ben definire, a vario titolo, suoi dipendenti.
Dipendenti nella vita d’azienda, dipendenti nella vita politica.
È quindi con le elezioni del 1994 che inizia l’era dei nominati al servizio dei padroni delle liste, undici anni prima dell’arrivo del Porcellum.

    Ovviamente, a pagare duramente le spese del “nuovo” furono le espressioni politiche collocate al di fuori della contrap­posizione bipolare. Per molti elettori ci fu un amaro risveglio: con l’introduzione dei collegi uninominali scoprirono di avere in buona parte perso il diritto ad essere rappresentati in Parla­mento.
Vittime illustri della quota maggioritaria, oltre 6 milioni di elet­tori del Patto per l’Italia che,  con soli 4 collegi uninominali conquistati alla Camera, poterono solo constatare di  essersi recati inutilmente alle urne. Non fosse stato per i 29 seggi otte­nuti con la quota proporzionale, avrebbero contato meno di un partitino all’1% della Prima Repubblica.

Elezioni Politiche 1994 (fonte: wikipedia.org)

Camera dei Deputati – Quota maggioritaria


Polo delle Libertà

Polo del buon governo

Alleanza Nazionale
(solo nel nord)

Totale Cx-Dx

Voti

8.767.720

5.732.890

2.566.848

17.067.458

%

22,77%

14,89%

6,66%

44,32%

Seggi

164

129

8

301

% Seggi su 475

34,52%

27,15%

1,68%

63,36%

%Seggi - %Voti

+ 11,75%

+ 12,26

- 4,98%

+ 19,04%


Elezioni Politiche 1994 (fonte: wikipedia.org)

Camera dei Deputati – Quota maggioritaria


Progressisti

Patto per l’Italia

Progressisti +
Patto per l’Italia

Voti

12.632.680

6.019.038

18.651.718

%

32,81%

15,63%

48,44

Seggi

164

4

168

% Seggi su 475

34,52%

0,84%

35,36%

%Seggi - %Voti

+ 1,71%

- 14,79%

-13,08%


    Altro aspetto che il confronto dei dati mette in evidenza, il diverso valore dei voti sulla base della loro distribuzione sull’in­tero territorio, in modo particolare in presenza di formazioni politiche radicate in specifiche realtà locali e in presenza di una terza forza politica in grado di conquistare un buon numero di voti come fu per il Patto per l’Italia.
Avendo creato due alleanze ad hoc, una per il centro sud ed una per il Nord per evitare di lacerare l’elettorato, vista l’evidente difficoltà di far conciliare quelle che allora erano le posizioni di AN e Lega, Berlusconi riuscì ad ottenere il massimo da entrambe, e ciò si evidenzia facilmente mettendo a confronto il risultato delle singole coalizioni in riferimento alla dimensione nazionale.
Le coalizioni il Polo delle Libertà e il Polo del buon Governo vanno infatti intese come due liste separate che non sommano i propri voti ai fini dell’assegnazione dei seggi.
Prese singolarmente, per il contributo individuale di seggi che ognuna di esse riuscì a conquistare, e in ipotesi una delle due avrebbe potuto ottenere risultati insoddisfacenti, i 5,7 milioni di voti del Polo del buon Governo valgono 32 volte di più dei 6 milioni di voti del Patto per l’Italia; e sono sufficienti gli 8,7 milioni di voti conquistati nel nord per ottenere lo stesso numero di seggi vinti dai Progressisti in  tutta Italia con 12,6 milioni di voti.
In altre parole, con il maggioritario dei collegi uninominali la distribuzione del voto diventa importante quanto la necessità di ottenere consensi, in modo particolare in presenza di più liste di peso.
Pochi ma buoni, si potrebbe commentare con una battuta.
Un aspetto, questo, che risulterà più evidente analizzando i risul­tati delle elezioni politiche del 1996, quando la Lega Nord si presentò da sola.

    Per concludere, se fosse dipeso dalla sola quota maggiori­taria, alla Camera dei Deputati il Governo Berlusconi avrebbe potuto vantare una maggioranza parlamentare forte del 63,3% dei seggi. Un premio di maggioranza, quindi, di ben il 19%.
Ma anche tenendo conto del piccolo riequilibrio operato dalla quota proporzionale e dal meccanismo dello scorporo1, la prima volta del Mattarellum finì per assegnare il 58% dei seggi della Camera alle due coalizioni vincenti facenti capo a Berlusconi.

Decisamente meno bene le cose al Senato, e questo nonostante l’alto numero di seggi conquistati dalle due coalizioni di centro­destra in confronto ai voti realmente conseguiti.
Con un risultato complessivo per nulla eccezionale, il 33,6% dei voti, le coalizioni di Berlusconi, nonostante una buona parte dei voti sia andata dispersa per effetto della volontà di AN di presentare propri candidati nel nord, riescono a vincere nel  55% dei collegi uninominali; confermando così il principio che per prevalere nella quota maggioritaria dei collegi ciò che conta è avere i voti giusti al posto giusto.
Il regalo, però, non si rivelerà sufficiente per sostenere il riequi­librio operato dalla quota proporzionale.
Per il maggiore intervento determinato dallo scorporo totale dei voti ottenuti nei collegi vincenti, il 64% dei seggi assegnati attraverso il recupero proporzionale finirà nelle mani della futura opposizione. Un 5% in più se confrontato con la percen­tuale di seggi ottenuti con la quota proporzionale alla Camera dalle stesse forze politiche.
Pochi seggi. Sufficienti, però, per spaccare in due il Senato.

Senato della Repubblica – fonte: wikipedia.org
Senato 1994

Quota Proporzionale Camera dei Deputati – fonte: wikipedia.org
Camera 1994

Note
1    Per il calcolo dei seggi da assegnare nell’ambito delle quote proporzio­nali, alle liste con candidati vincenti nei collegi venivano sottratti:
- per il Senato la totalità dei voti ottenuti in quei collegi (scorporo totale);
- per la Camera i soli voti che erano stati necessari per vincere (scorporo par­ziale: voti del secondo arrivato + 1).



 
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