La Legge Elettorale
e i tanti modi per non farci contare
di Franco Ragusa
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La seconda volta del
Mattarellum Le
elezioni del 1996 segnano l’assenza di una forza di
centro autonoma.
Il Partito Popolare e il Patto Segni (Patto per l’Italia alle precedenti elezioni), lasciano il passo a tre formazioni1 che saranno presenti con un proprio simbolo solo nella quota proporzionale per la Camera. In coincidenza con la scomparsa dei simboli di centro nella contesa maggioritaria, c’è da registrare un aumento considerevole dei seggi conquistati dalle forze politiche non più in grado di sostenere, da soli, la competizione elettorale maggioritaria. I Popolari e Rinnovamento Italiano, alleati con il PDS, riuscirono entrambi a costituire un proprio gruppo parlamentare per un totale di 93 deputati, 81 dei quali eletti nella lista dell’Ulivo per i collegi uninominali. L’esatto contrario, quindi, di quanto avvenuto con le elezioni del 1994. Le forze di centro collegate al PDS, infatti, riuscirono ad ottenere questo brillante risultato in seggi, pur avendo ottenuto, facendo riferimento alla seconda scheda per il proporzionale, circa la metà dei voti ottenuti nel ’94 dal “patto per l’Italia”. Sparito il terzo incomodo di una forza autonoma di centro, la sfida bipolare verrà però lo stesso influenzata dalla presenza di una terza forza in grado di raccogliere oltre il 10% dei consensi: la Lega Nord. L’alta concentrazione di voti nella sola area del nord, permetterà alla Lega di raggiungere un risultato di tutto rispetto, con la vittoria in ben 39 collegi per la sola Camera, confermando ciò che era stato possibile intuire dai risultati del 1994. Con il sistema maggioritario basato sui collegi uninominali, la distribuzione dei voti svolge una parte determinante ai fini della definizione della rappresentanza parlamentare, permettendo così ad alcuni elettori di contare molto più di altri, esaltando le dimensioni politiche localistiche a danno delle espressioni politiche a carattere unitario. Un aspetto della questione che dovrebbe far riflettere e che spiega l’accelerazione verso le istanze leghiste, e cioè un federalismo di tipo competitivo come quello che verrà realizzato dal centrosinistra con la modifica del Titolo V nel 19982. Un’ultima annotazione prima di lasciare la parola ai numeri. A parti invertite, fu il centrosinistra a trovare il modo, attraverso gli accordi di desistenza, per far coalizzare forze politiche con differenze programmatiche in quel momento inconciliabili. L’Ulivo e Rifondazione stipularono un accordo elettorale per non presentare candidati in contrapposizione. Rifondazione presentò così propri candidati soltanto in un numero limitato di collegi con il simbolo “Progressisti”. In alcune aree vennero inoltre formate specifiche coalizioni.
Dalla lettura dei dati, infine, emergono delle
differenze sostanziali con quanto accaduto nelle
precedenti elezioni.
Come si può facilmente constatare, siamo di
fronte a risultati così lontani tra loro, in
termini di assegnazione dei seggi, che vuoi per la
diversità delle coalizioni, vuoi per la
diversa distribuzione dei voti, vuoi per la
presenza di terzi incomodi, una volta a carattere
nazionale, un’altra a carattere regionale, vuoi per
tutta una serie di motivi che di volta in volta
andrebbero considerati, di sicuro c’è solo da
constatare che gli elettori potrebbero ben dire di
aver partecipato ad una sorta di lotteria. Note 1 “Popolari per Prodi” e “Rinnovamento Italiano” all’interno dell’alleanza con l’Ulivo; “Cristiani Democratici Uniti” con il Polo per le Libertà. 2 Un federalismo non ispirato alla realizzazione di eguali condizioni di vita su tutto il territorio, ma bensì al suo esatto contrario attraverso l’introduzione dell’odioso principio della sola “tutela dei livelli essenziali delle prestazioni”. Nuovo art. 117 Cost. - Lo Stato ha legislazione esclusiva nelle seguenti materie: ... m) determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale; ...
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