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La Legge Elettorale
e i tanti modi per non farci contare

di Franco Ragusa
 

La nuova legge elettorale proporzionale ... con il trucco

 
    Congiuntamente alla riscrittura di buona parte della Costitu­zione, il centrodestra modificò anche la legge elettorale.
Mentre tutti gli analisti più illustri erano inspiegabilmente impe­gnati a polemizzare contro il ritorno ad un presunto proporzionale, la maggioranza tirò fuori dal cilindro il collegio unico.
Una sorta di proporzionale con il trucco che indicava il futuro Presidente del consiglio ed in grado di assicurare la vittoria alla lista o alla coalizione di liste con più voti.

    Dall’altro lato degli schieramenti, l’intero centrosinistra, sicuro di poter vincere a mani basse le vicine elezioni e convinto di poter ottenere una larga maggioranza parlamentare con il Mattarellum, alzò le barricate e la parola d’ordine fu la difesa a spada tratta del maggioritario e della legge elettorale vigente.

    Nel frattempo, inascoltato e censurato anche dai media più a sinistra, fuori dal Parlamento prese vita un appello, “La sinistra per il proporzionale”1.
In pochi giorni vennero raccolte centinaia di firme  nell’ambito della militanza attiva di quei partiti da sempre contrari al maggioritario. Gli stessi partiti, però, nella circostanza specifica, preferirono fare muro insieme ai sostenitori del Mattarellum.
    In due assemblee, i sostenitori di quell’appello misero in luce tutti i difetti della nuova legge che stava per essere appro­vata in un contesto di assurda contrapposizione fra la difesa dell’esistente e la proposizione di una variante che replicava tutti i difetti dell’esasperazione bipolare.

    Ciò che veniva infatti spacciato come ritorno al proporzio­nale, altro non era che una diversa formulazione del principio maggioritario, passando dal maggioritario dei collegi uninominali a quello di lista o di liste coalizzate su base nazionale.
Certamente, tra le intenzioni del centrodestra vi era anche quella di limitare i danni in vista della sconfitta elettorale che di lì a poco sembrava avrebbe dovuto materializzarsi.
Ma proprio per questo, di fronte ad un elemento di possibile debolezza, si doveva cogliere l’opportunità per avviare una discussione vera che mirasse a correggere una situazione che vedeva la vita politica del Paese profondamente distorta da un sistema elettorale maggioritario uninominale che, dopo oltre dieci anni di sperimentazione, aveva dimostrato tutta la sua inef­ficienza  e natura antidemocratica.

***

    Per la nuova legge elettorale, approvata nel dicembre 2005 e dichiarata incostituzionale dalla Consulta a dicembre 2013, al primo arrivato viene assegnato, al 49 o al 10% non fa differenza, un premio di maggioranza sino ad ottenere il 55% dei Deputati.
Il tutto condito da soglie di sbarramento che nel 2008 lasceranno senza rappresentanti in Parlamento oltre 3 milioni di elettori.
Analoga assegnazione del premio di maggioranza anche per l’elezione del Senato. Per un vincolo costituzionale2, però, il premio viene assegnato Regione per Regione.
    In linea, quindi, con le più pessimistiche previsioni della vigilia, nulla avrebbe potuto impedire alla nuova legge eletto­rale, in continuità con il Mattarellum, di consegnare il Paese a liste o a coalizioni di liste scarsamente rappresentative dell’elettorato o, in ogni caso, al di sotto di una soglia di consensi accettabile per poter ritenere ammissibile il regalo di una larga maggioranza parlamentare3.
È infatti sufficiente la presenza di terzi incomodi di peso, o che le forze politiche maggiori decidano di presentarsi da sole o in piccole coalizioni, per correre il serio pericolo di avere maggio­ranze parlamentari come quella che ha governato dal 2008 al 2011, sostenuta da un consenso elettorale di poco superiore al 36% degli aventi diritto di voto4.
A maggior conferma, peggio ancora è andata, in presenza del terzo incomodo costituito dal Movimento 5 Stelle, alle ultime elezioni di febbraio 2013.
Per una sorta di tiro fortunato ai dadi, per pochi voti in più, come già successo nel 2006, la Camera dei Deputati è finita appannaggio della coalizione di centrosinistra.
Ma con qualche voto in meno per il centrosinistra, il PDL sarebbe divenuto, da terzo partito votato dagli elettori, il primo partito alla Camera dei Deputati.

    Altro aspetto fortemente critico della nuova legge, infine, le liste di candidati totalmente bloccate.
Non che le cose, prima, andassero tanto diversamente, visto che anche con il Mattarellum questa possibilità era preclusa del tutto.
A tutt’oggi, peraltro, le liste bloccate continuano a rimanere l’unica arma di battaglia politica maggiormente usata da chi sostiene il ritorno al Mattarellum, al sistema, cioè, dei collegi uninominali.
Dalle parole ai fatti, però, è sin troppo evidente come questo tipo di soluzione faccia finta di dimenticare che il “Parlamento dei nominati” ha avuto storicamente origine con la nascita del primo “partito azienda”, con il passaggio, cioè, dal sistema proporzio­nale con un voto di preferenza al sistema maggioritario dei collegi uninominali.

Note

1    www.riforme.net/2005/rass05-012.htm

2    Art. 57 Cost. - Il Senato della Repubblica è eletto a base regionale, salvi i seggi assegnati alla circoscrizione Estero.

3    Sarà la Corte Costituzionale, nel gennaio 2008, in occasione del giudizio di ammissibilità di nuovi referendum elettorali (sentenze N. 15-16/2008), a segnalare al Parlamento gli aspetti problematici dell’assegnazione di un pre­mio di maggioranza senza la previsione di una soglia minima di voti o di seggi da raggiungere.
In ultimo, il pronunciamento del 4 dicembre 2013, che ha definitivamente sancito l’illegittimità costituzionale del premio di maggioranza senza soglia e le liste bloccate.

4    Da tenere in considerazione, infatti, il prevedibile rifiuto di molti elettori di votare con una legge elettorale non in grado di garantire un livello di rap­presentatività democratica degna di un paese complesso come l’Italia.
In coincidenza della scelta di Veltroni e Berlusconi di correre sostanzialmente da soli, nel 2008 vi fu un calo, tra aumentata astensione, schede bianche e nulle, di oltre il 4% di voti.


 
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