Gli Stati comunitari, infatti, per usare un concetto a suo tempo espresso
dal Commissario Monti, possono sì intervenire con soldi pubblici
per salvaguardare un'azienda, ma soltanto agendo in maniera rispettosa
delle regole della concorrenza e comportandosi come se fossero un
normale investitore in economia di mercato. E come si sa, i normali investitori
debbono tendere ad ottenere profitti.
In altre parole, per non alterare le regole della concorrenza, agli
Stati sono preclusi interventi dove non si guadagna o, più precisamente,
interventi finalizzati a salvaguardare l'erogazione di servizi pubblici
attraverso una propria attività d'impresa svincolata da logiche
di profitto.
Che ci si trovi di fronte ad un mostro giuridico è sin troppo
evidente. Basti pensare che secondo questa logica la tutela degli interessi
costituzionalmente protetti finirebbe per essere affidata ad una sorta
di divina provvidenza.
S'immagini, ad esempio, cosa potrebbe succedere nell'ipotesi che già
da domani l'Alitalia ci dica di non essere più in grado di mantenere
un numero elevato di collegamenti.
I diritti costituzionalmente garantiti che fine farebbero?
I viaggiatori oggi salvaguardati con la precettazione, come verrebbero
salvaguardati di fronte all'impossibilità dell'azienda di operare
agli attuali regimi?
Non rimarrebbe che restare in attesa che qualcuno, nel libero mercato,
trovi conveniente coprire il buco.
Oppure, per i vincoli comunitari, dovremmo assistere all'ennesimo e
costosissimo aiuto di Stato per l'intero settore, non cioè limitato
alla sola Alitalia, con la speranza (perché non è neanche
certo che i collegamenti meno convenienti possano trovare adeguata copertura)
di vedere assicurato a tutto il territorio nazionale una mobilità
degna di un paese moderno.
Insomma, l'imposizione di fatto di una sorta di sussidiarietà
soltanto orizzontale che esclude qualsiasi intervento del Pubblico svincolato
da logiche di mercato, in quanto i singoli Stati si troverebbero sempre
e comunque, nell'ambito allargato europeo, a dover fare i conti con attività
ritenute più degne di tutela secondo le regole comunitarie sulla
concorrenza.
Il caso Alitalia, quindi, bene si presta per riflettere su alcune leggerezze
compiute in passato: sia relativamente ai rapporti comunitari; sia per
la recente introduzione, anche nella nostra Costituzione, della cosiddetta
sussidiarietà orizzontale, principio per altro ulteriormente accentuato
nella versione di revisione costituzionale votata in prima lettura il 24
marzo 2004 dal Senato.
La logica per la quale lo Stato favorisce (e riconosce) l'iniziativa
dei privati per lo svolgimento di attività di interesse generale,
sulla base del principio di sussidiarietà, non può infatti
che rafforzare quel meccanismo di tutela della concorrenza per il quale
oggi l'Europa può vietare allo Stato italiano di coprire i debiti
di un'azienda di sua proprietà al fine di garantire ai cittadini
italiani l'esercizio di diritti costituzionali.
Per questo, senza nascondersi dietro improbabili foglie di fico, è
arrivato il momento di dire chiaramente se ha ancora senso parlare di diritti
costituzionali. Se non altro, un minimo di chiarezza permetterebbe di salvare
la faccia ed evitare di adottare provvedimenti tipici delle monarchie precostituzionali,
dove i cittadini erano sudditi e i sovrani erano al di sopra della legge.
Nel caso della vicenda Alitalia, infatti, o la libera circolazione
è un diritto costituzionalmente garantito da opporre in tutte le
sedi, in modo particolare in quella comunitaria; o non lo è, e pertanto
non dovrebbe essere utilizzato per motivare provvedimenti di precettazione
dei lavoratori.
Franco Ragusa