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Leggi del Diritto Pubblico e Costituzionale: Approfondimenti 
 
Torna l'art. 56 della Bicamerale
(commento Ddl di revisione Costituzionale votato in prima lettura dal Senato il 24 marzo 2004
e Ddl di revisione Costituzionale approvato il 16 novembre 2005 in quarta lettura dal Senato)
 
    Franco Ragusa, 4 aprile 2004 (aggiornato il 23 aprile 2006)
 
Chi ricorda più l'art. 56 del progetto di revisione della seconda parte della Costituzione licenziato dalla Commissione Bicamerale per le riforme della XIII legislatura (Presidenza D'Alema)?
Come si ricorderà, si spera, con quell'articolo s'intendeva introdurre nella Costituzione la cosiddetta sussidiarietà orizzontale:
 
Art. 56 progetto licenziato dalla Commissione Bicamerale per le riforme (30 giugno 1997)
 
Le funzioni che non possono essere più adeguatamente svolte dalla autonomia dei privati sono ripartite tra le Comunità locali, organizzate in Comuni e Province, le Regioni e lo Stato, in base al principio di sussidiarietà e di differenziazione, nel rispetto delle autonomie funzionali, riconosciute dalla legge. La titolarità delle funzioni spetta agli enti più vicini agli interessi dei cittadini, secondo il criterio di omogeneità e di adeguatezza delle strutture organizzative rispetto alle funzioni medesime. 
...
 
Il principio, apparentemente innocuo, introduceva un nuovo modo d'intendere e d'interpretare il rapporto tra pubblico e privato, conferendo al primo soltanto un intervento di eventuale supplenza essendo riconosciuta al privato la titolarità delle funzioni.
Soltanto pochi mesi dopo, al primo passaggio parlamentare, l'articolo 56 venne formalmente modificato, lasciando però intatta la sostanza:
 
Art. 56 testo risultante dalla pronuncia della commissione sugli emendamenti (4 novembre 1997)
 
Nel rispetto delle attività che possono essere adeguatamente svolte dall'autonoma iniziativa dei cittadini, anche attraverso le formazioni sociali, le funzioni pubbliche sono attribuite a Comuni, Province, Regioni e Stato, sulla base dei princìpi di sussidiarietà e differenziazione. La titolarità delle funzioni compete rispettivamente ai Comuni, alle Province, alle Regioni e allo Stato, secondo i criteri di omogeneità e adeguatezza. La legge garantisce le autonomie funzionali. 
 
Ad un esame più approfondito, dopo la prima impressione di un suo affievolimento, il nuovo articolo 56 si rivelava essere molto più pericolo della versione originale che tanto era stata oggetto di aspre critiche da parte delle forze più a sinistra dell'allora maggioranza di governo (Governo Prodi).
Il nuovo art. 56, in effetti, oltre a cambiare la disposizione delle parole, riproponeva la medesima assegnazione ai privati della titolarità delle funzioni, ma con un "nel rispetto delle attività" in più.
E per quel "nel rispetto delle attività", a cosa fare riferimento?
Forse che deve essere inibita, o tutto al più reindirizzata verso i privati, tutta l'attività pubblica che potrebbe operare in cosiddetto regime di "ineconomicità", ai fini di un interesse pubblico da sostenere, laddove dovesse entrare in concorrenza "sleale" con le attività "adeguatamente" già svolte dai privati non finanziate alla stessa stregua?
Con un simile regime costituzionale, per intendersi, come rapportarsi di fronte alla scuola privata "adeguatamente" svolta secondo criteri generali ma, per logiche di mercato, onerosa?

Fortunatamente, per motivi di spicciola contigenza politica, ma soprattutto per le questioni personali del leader del centrodestra Berlusconi, all'epoca all'opposizione, con grande rammarico dell'On. Fini il progetto della Bicamerale fallì per opera della coalizione politica che ne avrebbe maggiormente raccolto i frutti politici, il Polo.

Chiusa la parentesi della Bicamerale, la sussidiarietà orizzontale venne infine riproposta, non nelle forme perentorie sopra citate, con il nuovo Titolo V approvato dall'Ulivo allo scadere della XIII legislatura.
 

Art. 118, comma 4, Cost. Vigente 

Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà.

 
L'articolo non "attribuisce" e non "rispetta" più, in maniera esplicita, l'attività dei privati, ma soltanto la "favorisce"; con ciò intendendo, in ogni caso, una sorta d'intervento in seconda battuta

Con il progetto di riforma licenziato dalle Camere, invece, si ritorna alle dichiarazioni esplicite a favore del privato contro il pubblico:
 

Art. 118, comma 4, DDL governo 
 
Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni riconoscono e favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà. Essi riconoscono e favoriscono altresì l’autonoma iniziativa degli enti di autonomia funzionale per le medesime attività e sulla base del medesimo principio.
 
In altre parole, l'intervento pubblico (attività d'interesse generale), sulla base del pricipio di sussidiarietà qui sancito, ora sì ben precisato sulla base dell'esplicito riconoscimento dell'autonoma iniziativa privata (certamente, leggere "autonoma iniziativa dei cittadini" fa un certo effetto; in pratica, però, ma chi sono questi cittadini? Persone normali?), è di chiara competenza dei privati, con il pubblico chiamato a non interferire e, se proprio deve intervenire, a favorire "l'autonoma iniziativa".
I riflessi sulla prima parte della Costituzione di una tale impostazione, chiaramente, sono tali da stravolgere l'impianto complessivo delle tutele.
Laddove la Costituzione prescrive i compiti della Repubblica, infatti, questi sono oggi da intendere, per la loro attuazione, secondo il combinato disposto degli articoli 114 (sia quello vigente o come modificato dal progetto di riforma) e 118 DDL del Governo:
 
Art. 114 
 
La Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato, che esercitano le loro funzioni secondo i principi di leale collaborazione e di sussidiarietà
 
Con un colpo solo, quindi, alla Repubblica (non si faccia l'errore di dire lo Stato), si sostituisce l'autonomia dei privati. Il tutto, come già per l'art. 56 della Bicamerale per le riforme, senza minimamente chiarire un minimo di criteri; o meglio, restringendo al massimo questi criteri.
In linea di principio, infatti, il "riconoscere e favorire" implica un obbligo a non intervenire, a meno che il privato non sia totalmente assente o manifestamente incapace (e questo chi potrebbe legittimamente stabilirlo?).
Per altro, appare sin troppo probabile che quest'obbligo a non intervenire, se non per finanziare,  debba estendersi anche a quelle situazioni dove il privato potrebbe risultare "non economico" secondo standard politici; secondo standard, cioè, di attività d'interesse generale.
 

 

 
 
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