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Riforme.net  -  08 febbraio 2008
 
Dietro la scelta delle liste uniche, il timore del referendum elettorale

Franco Ragusa

Ad un attento osservatore della politica italiana non dovrebbe essere sfuggita la facilità con la quale, i due maggiori partiti del centro destra, sembrano essere riusciti a ricomporre le asprezze dei mesi scorsi, tornati in breve tempo in piena salute per affrontare le vicine  elezioni.
Potenza dell'appuntamento elettorale, per l'appunto.
Ma se buoni motivi vi erano e vi sono per accelerare la riconciliazione, nulla riesce a spiegare la decisione, presa nel giro di un paio di giorni, della lista unica.
Certo, per motivare il tutto ora verremo sommersi da un lungo elenco di buoni propositi, per finire con uno scontatissimo richiamo al "nuovo che avanza".
Ma per l'appunto, da "attenti osservatori" della politica italiana, non possiamo dimenticare gl'insulti di Fini a Berlusconi di fronte alle velleità annessionistiche di Forza Italia. E sì che stiamo parlando di un paio di mesi fa.
Cosa è allora realmente cambiato?

Apparentemente nulla, nel senso che dall'altra parte il centrosinistra appare più che mai diviso e con scarse possibilità di vittoria alle elezioni.
E in tal senso, la novità costituita dal Partito Democratico che "corre da solo" non dovrebbe impensierire più di tanto.
Nessuna esigenza reale sotto il profilo del rischio elettorale, quindi, per giustificare una scelta che, al momento, è soltanto in grado di creare più problemi di quanti ne potrebbe risolvere.
Basti pensare alla probabile dipartita di Casini che potrebbe togliere voti preziosi ai fini dell'acquisizione del premio di maggioranza (Prodi ottenne una larga maggioranza parlamentare alla Camera dei Deputati con poco più di ventimila voti di differenza).
Per non dire dei problemi che sicuramente si porranno in fase di costituzione delle liste bloccate per l'assegnazione dei posti in cima all'elenco: mentre i primi della lista hanno il posto assicurato in parlamento; da una certa posizione in poi si è a rischio o con  nessuna possibilità di elezione.
Altra questione poi da non trascurare, l'impatto negativo che l'assenza di liste autonome, ben riconoscibili e nelle quali l'elettorato può avere modo di identificarsi appieno, potrebbe produrre in termini di perdita di voti. Da non dimenticare, infatti, l'esperienza con la precedente legge elettorale, con consensi di voti, per il centrodestra, sensibilmente migliori nella quota proporzionale rispetto alla quota maggioritaria.

Andando quindi per esclusione, l'unico vero motivo in grado di spiegare quest'improvvisa rincorsa alla lista unica, sia da parte del Partito Democratico che del Centrodestra, la scadenza referendaria riguardante la legge elettorale rinviata al prossimo anno; o comunque da tenersi, nell'ipotesi che la Corte Costituzionale si pronunci favorevolmente per far tenere la scadenza referendaria nell'anno in corso, dopo le elezioni.
Ovviamente, come più volte alluso da Veltroni durante il tentativo di giungere alla costituzione di un Governo istituzionale, in caso di vittoria referendaria si porrebbe immediatamente la questione della legittimità di un Parlamento eletto con una legge elettorale non gradita agli elettori.
Il referendum elettorale appena ammesso, infatti, ha come obiettivo l'eliminazione delle coalizioni, con conseguente assegnazione del premio di maggioranza ad una singola lista e non più ad un gruppo di liste presentatesi ognuna con il proprio simbolo.

Eccolo qui, quindi, il motivo che sta di fatto costringendo, da un lato il PD, dall'altro Forza Italia e AN, ad imporsi un percorso elettorale fondato sulle liste e non più sulle coalizioni.  Un'anticipazione del possibile risultato referendario in grado di mettere al riparo dalle tensioni politiche e dalle pressioni che inevitabilmente giungerebbero dal Colle nell'ipotesi, appunto, di approvazione della proposta referendaria.
Una volta ottenuto il premio di maggioranza attraverso l'unico meccanismo che la nuova legge elettorale imporrebbe, infatti, chi e come potrebbe sollevare la questione della legittimità del Parlamento appena eletto?

Nessun intento nobile, quindi, dietro la scelta di correre da soli o di unire più formazioni politiche presentando agli elettori un'unica lista ed un solo simbolo elettorale, ma solo la necessità imposta da una scadenza referendaria che è già stata in grado di fare vittime: il Governo Prodi.



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