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Riforme.net  - 25 maggio 2015
 
Iniziative contro l'Italicum: prima viene la Consulta


 Franco Ragusa

Sia prima che dopo l'approvazione dell'Italicum, che più correttamente andrebbe chiamato Super Porcellum, da più parti è stata evocata la possibilità di avviare più di una iniziativa referendaria. Da chi solo interessato ad abrogare i capilista bloccati e le pluricandidature; a chi, invece, preoccupato per la tenuta democratica, anche contro l'idea di un premio di maggioranza che possa essere attribuito ad una sola lista scarsamente rappresentativa.
Premesse le ovvie difficoltà di formulazione dei quesiti per gli obiettivi sopra citati, si pone però un'altra questione, che riguarda, sostanzialmente, l'opportunità di agire, in prima battuta, per via referendaria, prima ancora, cioè, di adire al controllo di legittimità costituzionale.
Anche questa via presenta non poche difficoltà, ma è certamente la più logica da perseguire visto il recente pronunciamento della Corte Costituzionale contro il Porcellum, ora sostituito con un'altra legge elettorale che anziché risolvere le criticità precedenti, le ha addirittura peggiorate.
Se sotto il profilo dei nominati un piccolo passo in avanti è stato fatto, prevedendo un sistema misto di capilista bloccati e di preferenze, per quanto riguarda, invece, le modalità di assegnazione del premio di maggioranza, siamo ai due passi indietro.
Attraverso un trucco, infatti, l'adozione di un doppio turno senza alcun riferimento ai risultati del primo turno ai fini dell'individuazione della soglia minima di voti da dover conseguire per l'assegnazione del premio di maggioranza, l'Italicum mantiene tutta intatta la logica che sottendeva al Porcellum e fortemente censurata dalla Consulta: la maggioranza dei seggi, quale che sarà l'effettivo consenso ricevuto, verrà in ogni caso assegnata a chi otterrà un voto in più degli altri, al 40% o al 20% dei risultati del primo turno senza alcuna differenza.
Paradossalmente, chi si vedrà negare il premio di maggioranza perché al di sotto del 40% dei voti validi nel primo turno, potrà invece ottenerlo facilmente al secondo turno, anche se votato da un numero inferiore di elettori.
Esattamente come già avviene con l'elezione dei Comuni, con il sindaco vincente nei ballottaggi che porta con sé, anche, la maggioranza dei consiglieri.
Ma sono proprio alcuni risultati ultimi dei ballottaggi per i sindaci che dovrebbero farci riflettere circa la liceità di un meccanismo analogo per l'elezione del Parlamento, tanto più vista la precisazione contenuta nella sentenza della Consulta
contro il Porcellum**. per la quale la particolarità delle funzioni svolte dal Parlamento sono tali da distinguerlo dalle altre assemblee rappresentative di enti territoriali.
A Bergamo Gori vinse con 26.385 voti, contro i 28.281 ottenuti nel primo turno. De Caro prevalse nel secondo turno pur perdendo circa 14.000 voti per strada, passando da 88.371 voti del primo turno a 64.457 del secondo turno.  
Della serie: si prendono meno voti ma meglio, visto che valgono molto di più di quelli con i quali non era stato possibile vincere al primo turno.
Siamo cioè di fronte ad un ribaltamento della logica che dovrebbe sottendere allo svolgimento di un turno perfezionatorio della volontà elettorale, e cioè trasformare dei numeri insufficienti in qualcosa di superiore che possa poi legittimare l'assegnazione dell'intera posta.
Un ribaltamento della logica che potrà pure essere ritenuto sopportabile a livello di Comuni, ma che non lo è affatto, evidenziata la particolarità delle funzioni svolte dal Parlamento, per la massima espressione della sovranità popolare.

Ad aggravare ulteriormente il quadro così realizzato, l'altro passo indietro dell'Italicum. A differenza del Porcellum, l'Italicum non prevede l'assegnazione del premio di maggioranza anche alle eventuali coalizioni di liste, ma solo ad una singola lista. Un simile tentativo di modifica del Porcellum era già stato portato avanti nel 2009 per via referendaria con i quesiti Guzzetta. Al riguardo vi è quindi solo da ricordare come quell'iniziativa venne immediatamente bollata e sconfitta: Super Porcellum.
Delle due l'una, infatti:
a contendersi i ballottaggi potrebbero essere sì liste molto più omogenee, ma inevitabilmente ancor più scarsamente rappresentative di una parte significativa del corpo elettorale;
oppure dei listoni, costituiti nel timore di non poter raggiungere l'obiettivo del ballottaggio, destinati a dividersi il giorno dopo le elezioni, così come già avveniva con il Mattarellum, ma dove la spartizione delle candidature nelle circoscrizioni, in particolare la scelta dei capilista bloccati, e quindi la futura rappresentatività di ogni singola forza politica costituente il listone, verrà decisa dal mercato delle vacche tra i capi bastone e non dal voto degli elettori.

Da aggiungere, infine, che se andasse in porto anche la riforma che cancella il bicameralismo paritario, la maggioranza così costituita alla Camera non troverebbe più alcun potere di riequilibrio sulla base dei risultati elettorali del Senato.

Di fronte a questa molta carne sul fuoco, ci si sarebbe pertanto aspettato un immediato fiorire di iniziative di tipo legale contro questo Super Porcellum, in particolar modo da parte di chi vi si è opposto in Parlamento, e non, piuttosto, un maggior interesse verso la via referendaria.
Sono in ballo diritti che, in ogni caso, non dovrebbero essere sottoposti al volere della maggioranza; maggioranza che potrebbe ben avere uno specifico interesse nel violare i diritti delle minoranze, ma correttamente protetti e garantiti secondo Costituzione.
Il dibattito intorno alla nuova legge elettorale sembra inoltre essersi molto affievolito, troppo. Il che fa dubitare circa le reali intenzioni di alcune forze politiche di opposizione.
Da non dimenticare, infatti, che l'Italicum potrebbe non dispiacere affatto al Movimento 5 Stelle: prima delle ultime elezioni politiche Grillo fece una forte polemica contro la presentazione di un emendamento tendente ad introdurre nel Porcellum la soglia minima di voti già segnalata dalla Consulta; l'assegnazione del premio di maggioranza alla sola lista, e non più, anche, alle eventuali coalizioni di liste, faceva parte dei punti sostenuti da Di Maio nella diretta streaming con Renzi.
Stesse perplessità riguardo la minoranza PD e SEL: tranne un po' di opposizione di facciata su aspetti marginali, hanno troppo spesso sostenuto varianti maggioritarie non meno esenti da vizi di incostituzionalità.
Al momento, pertanto, le uniche certezze ci giungono da quel manipolo di ostinati che, già in passato, pur se lasciato solo dalla politica, ha già combattuto il Porcellum sul terreno del rispetto della legalità costituzionale, pagando di tasca propria anche le condanne alle spese che in alcuni casi sono arrivate.
Vedremo se e quanto sostegno a queste iniziative legali giungerà dalle forze politiche di opposizione di cui sopra, se non altro a parziale smentita dei dubbi qui espressi.




** "... una illimitata compressione della rappresentatività dell’assemblea parlamen­tare, incompatibile con i principi costituzionali in base ai quali le assemblee parlamentari sono sedi esclusive della «rappresen­tanza politica nazionale» (art. 67 Cost.), si fondano sull’espressione del voto e quindi della sovranità popolare, ed in virtù di ciò ad esse sono affidate funzioni fondamentali, dotate di «una caratterizzazione tipica ed infungibile» (sentenza n. 106 del 2002), fra le quali vi sono, accanto a quelle di indi­rizzo e controllo del governo, anche le delicate funzioni connesse alla stessa garanzia della Costituzione (art. 138 Cost.): ciò che peraltro distingue il Parlamento da altre assem­blee rappresentative di enti territoriali."
   
La legge elettorale
 
La Legge Elettorale
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IV edizione - aprile 2014
 
di Franco Ragusa
 
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