Riforme.net - 13
febbraio 2020 Riduzione dei parlamentari … e poi si vedrà estratto da "Dal Mattarellum alla riduzione dei parlamentari - Cittadini senza rappresentanza" (ebook-pdf libero) Franco
Ragusa
Il 29 marzo 2020 (20-21 settembre a seguito di rinvio causa covid 19) si svolgerà il quarto referendum costituzionale confermativo della storia della Repubblica italiana. Oggetto del referendum: la conferma o meno della legge costituzionale che ha ridotto il numero dei parlamentari. Secondo gli effetti della legge sottoposta all’esame degli elettori, la Camera dei Deputati passerà dagli attuali 630 deputati a 400, di cui 8 eletti nella Circoscrizione Estero; il Senato da 315 elettivi a 200, di cui 4 eletti nella Circoscrizione Estero. Il numero minimo di senatori assegnati ad ogni Regione passerà da 7 a 3; 3 anche per le Province autonome; 2 per il Molise; 1 per la Valle d’Aosta. Il numero dei senatori a vita presenti al Senato, infine, di nomina presidenziale, non potrà più essere superiore a 5. Prima di
entrare nel merito degli aspetti più prettamente
politici della questione, sulle finalità, cioè, della
scelta operata dall’attuale Parlamento, una prima
considerazione sul metodo è d’obbligo. Ma per meglio comprendere l’importanza delle questioni che al momento rimarrebbero sospese, nulla di meglio che metterle in fila. - Una nuova legge elettorale in grado di garantire efficacemente il pluralismo politico e territoriale, nonché l’equilibrio di genere. - In considerazione della forte riduzione dei parlamentari, il necessario riequilibrio del peso dei delegati regionali che integrano il Parlamento in seduta comune in occasione dell’elezione del Presidente della Repubblica. - Riforma dei regolamenti parlamentari. - Limitazione della decretazione d’urgenza e del ricorso al voto di Fiducia. - Interventi sul procedimento legislativo. Questi sono solo alcuni degli impegni presi, i più direttamente correlati ai problemi che potrebbero sorgere a seguito del ridotto numero dei parlamentari. Per gli altri, più politici che tecnici, si rimanda più avanti. Come si può quindi facilmente intuire, siamo di fronte ad interventi che avrebbero dovuto accompagnare da subito la forte riduzione dei parlamentari, e non in un probabile futuro (quanto probabile?). Premessa la questione di metodo, che da sola da l’idea della fretta e l’impreparazione con le quali la revisione sia stata approvata, un obiettivo di bandiera da realizzare a tutti i costi, senza alcun riguardo per l’insieme dei problemi, le questioni di merito. In primo
luogo la cosiddetta lotta a “La Casta”, con da un lato
chi taglia le poltrone e chi, invece, ovviamente sul
lato sbagliato, vorrebbe mantenerle(1). Per i
cittadini disillusi, non vi sono molti dubbi in
merito, l’uno potrebbe valere l’altro, in un concetto
di Casta genericamente indirizzato nei confronti della
politica in generale, per cui 230 “papponi” in meno
alla Camera sono meglio di 230 “papponi” in più. È
evidente che le questioni sono altre. In questo lavoro si è cercato di ripercorrere tutti i momenti di snodo più significativi a partire dal 1993 ad oggi. Più volte, si è stati costretti a constatare di come gli obiettivi di riforma siano sempre e soltanto andati nella medesima direzione, con degli scopi ben precisi: - indebolire la forma di governo parlamentare; - ridurre il Parlamento ad una sorta di passacarte per decisioni prese altrove; - neutralizzare le espressioni di voto al di fuori dello schema bipolare; - in ultimo, cambiati gli equilibri e per mano dei nuovi vincitori, congelare l’attuale situazione “tripolare”. Obiettivi
che si è tentato di perseguire attraverso più
soluzioni, come abbiamo visto. A ben
vedere, certamente anche perché inseriti in articolati
con più pretese, abbiamo già votato e respinto due
progetti di riduzione dei parlamentari. Una speranza che si fonda sulla consapevolezza che c’è un elettorato sin troppo geloso dei propri diritti; un elettorato stufo di subire il ricatto del voto utile; un elettorato stufo di dover votare per determinate forze politiche perché impossibilitato a scegliere altro. Al Senato, ad esempio, come si farà a garantire il pluralismo se avremo Regioni che eleggeranno solo tre senatori invece che sette e che, quindi, i pochi seggi a disposizione saranno di esclusivo appannaggio delle prime due, forse tre forze politiche maggiori? Certo,
tra gli intenti dichiarati vi è anche quello di
modificare il sistema di voto, con il Senato eletto
non più a base regionale. Intervento che servirebbe
comunque a poco vista la forte riduzione. Apprendisti
stregoni
con la vista annebbiata, perché troppo intenti ad
escogitare formule in grado di eludere le sentenze
della Consulta a tutela della rappresentanza; perché
troppo impegnati a tutelare la posizione di privilegio
raggiunta. NOTE 1 In quest’ultimo capitolo non si dedicherà più spazio di questa nota sui presunti risparmi di spesa. Vuoi perché irrisori, 50-70 milioni di euro l’anno nella migliore delle ipotesi, cioè circa 2 euro di risparmio medio l’anno per contribuente; vuoi perché, come dimostrano anche le ingenti spese oggi sostenute dal Movimento 5 Stelle per tenere in piedi la macchina parlamentare, e questo nonostante il gran numero di eletti, la tutela del pluralismo costa! 2 Risultati analoghi in entrambe le Camere per facilitare l’assegnazione di un eventuale premio di maggioranza ad un unico vincitore. Ma con un premio nell’ordine delle due cifre percentuali come anche la sentenza della Consulta sull’Italicum consentirebbe, ci troveremmo inevitabilmente con un’ulteriore compressione del diritto alla rappresentanza.
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