Gli interventi di "Riforme istituzionali"

N° 56 - 10/12/96
Da il manifesto
Rifare il codice

Luigi Ferrajoli: per uscire dall'emergenza della transizione non serve l'amnistia, ma una riforma della legislazione penale. I segnali da Brescia per giudici e politici

Di Ida Dominijanni


L'INCHIESTA di Brescia che sposta all'interno della magistratura il conflitto che prima si voleva vedere solo fra politici e magistrati; l'immagine del simbolo di Mani pulite che rischia o di frantumarsi o di ingigantirsi; la ritornante proposta di amnistia che rischia di riportare indietro le lancette del terremoto italiano. Facciamo il punto della situazione con Luigi Ferrajoli.

Inchiesta di Brescia: qual è il segnale per il presente e per il futuro della magistratura?

Un segnale di pericolo serio. Il disorientamento provocato dall'inchiesta su Di Pietro rischia di squalificare Mani pulite e tutta la magistratura, comunque l'inchiesta vada a finire. Se le accuse dovessero risultare fondate, ne uscirebbe infangata l'immagine dell'inchiesta milanese. Se si riveleranno - come spero e credo - infondate, la procura di Brescia risulterebbe coinvolta in una campagna calunniosa contro un'altra parte della magistratura.

E i segnali per il sistema politico?

Di un pericolo altrettanto serio: una delegittimazione dell'operato di Di Pietro andrebbe a vantaggio di quella parte del ceto politico che ha sempre rifiutato il controllo di legalità. E che oggi punta all'amnistia, all'abolizione dell'obbligatorietà dell'azione penale, alla riduzione del ruolo e dell'autonomia della magistratura.

La magistratura non ha le sue responsabilità nel prodursi di questa situazione?

Tutti hanno le proprie responsabilità: la magistratura, il sistema politico, i mass-media. Comincio da quelle dei media. Che hanno costruito in questi anni il mito del giudice eroe e simbolo dell'intera magistratura - e ora contribuiscono al crollo dell'eroe e al discredito dell'intera magistratura - invece di aiutare l'opinione pubblica a valutare l'operato dei singoli magistrati, atto per atto, provvedimento per provvedimento. Specularmente, la magistratura ha confermato questa immagine di se stessa come di un corpo unico, privo di dialettica interna e di cultura della critica e dell'autocritica; e ha assecondato la propria legittimazione massmediale, dimenticando che l'unica fonte certa di legittimazione del magistrato sta nel rispetto rigoroso delle garanzie e dei princìpi.

Ma in questo, e siamo alle responsabilità del sistema politico, la magistratura è stata agevolata dalla nostra legislazione, una legislazione troppo poco garantista, viziata da continue iniezioni emergenziali, che alla discrezionalità del giudice lascia troppi spazi. A questo si aggiunge il dissesto del processo penale, stravolto con misure che hanno dato un enorme potere ai pm e hanno cambiato il regime delle prove: il che è servito nel breve periodo all'efficienza delle indagini, ma alla lunga ha contribuito alla delegittimazione dei magistrati.

Massmedia, giurisdizione, sistema politico: ogni volta il cerchio di fuoco della transizione torna a chiudersi, quasi senza via d'uscita. C'è chi rivendica un nuovo primato della politica per spezzare questo cerchio: in che cosa dovrebbe concretizzarsi questo primato, per non essere sospettato di voler liquidare il controllo di legalità sul potere politico introdotto da Mani pulite?

Nell'assumersi la responsabilità della legislazione. Che vuol dire, in primo luogo, rifondare il sistema penale. Abbiamo un codice penale del 1930, e una legislazione penale ridotta a una massa incerta e incontrollabile di norme. Una situazione premoderna, di incertezza su ciò che è o non è punibile, che amplia di fatto i poteri discrezionali della magistratura (vedi la figura del reato di abuso d'ufficio) e crea un'enorme insicurezza sociale. Occorre riformare il codice, e introdurre una "riserva di codice" che limiti, per il futuro, gli interventi emergenziali del legislatore.

Chiedi garanzie legislative. Ma torniamo alle garanzie processuali. Sul piano delle procedure, l'operazione della procura di Brescia si può considerare corretta?

Ho l'impressione di no. C'è una spettacolarità sospetta. E soprattutto: le perquisizioni e il sequestro sono operazioni dirette a accertare l'esistenza di elementi pertinenti a uno specifico e determinato reato. Invece ormai, mandando in giro vagoni da riempire di carte, si inizia l'azione penaleper un'ipotesi di reato indeterminata: raccogliete tutto, qualche indizio si troverà.

Tornano le peggiori tendenze inquisitorie della più vecchia magistratura italiana?

Sì, quelle tendenze che sono sempre immanenti ai poteri d'accusa. Questi poteri vanno limitati. Ma vanno limitati rafforzando le garanzie processuali, il ruolo della difesa e quello del gip. Non riducendo l'autonomia del pm: un pm meno autonomo, sottoposto al potere dell'esecutivo, non sarebbe un pm meno inquisitorio, anzi. Invece, nel dibattito politico sento più voglia di metter mano all'ordinamento della giurisdizione (non solo con la separazione delle funzioni e/o delle carriere fra giudici e pm, che mi trova d'accordo), che di ripristinare e rafforzare le garanzie processuali.

Si torna a parlare di amnistia, come se fosse l'unica strada per il ritorno a una fisiologia del sistema....

Sono assolutamente contrario. L'amnistia si giustifica quando un fenomeno si è concluso: e in Italia la corruzione continua. E dal canto loro i processi stanno andando avanti. In queste condizioni, l'amnistia sarebbe un'abdicazione, una rinuncia. Insisto, per uscire dall'emergenza di questi anni occorre riformare la legislazione, anche con effetti retroattivi. L'amnistia ha il sapore di una assoluzione, o del famoso colpo di spugna. Ridisegnare e circoscrivere la figura del reato d'abuso d'ufficio, come pure quella del finanziamento illecito dei partiti, agevolerebbe retroattivamente anche chi ha compiuto questi reati finora, ma avrebbe tutt'altro segno: significherebbe riconoscere che i profili attuali comportano incertezza del reato e discrezionalità delle procedure e del giudizio. Ma questa riforma, per non avere il sapore di una corsia preferenziale per i soli protagonisti di Tangentopoli, dovrebbe far parte di una più generale riforma del codice penale, nella direzione di un diritto penale minimo. Il panpenalismo oggi non ha più senso. Qui c'è un'opportunità e un banco di prova per il governo dell'Ulivo: farsi propulsore della deflazione legislativa e della riduzione delle pene (a cominciare dall'eliminazione dell'ergastolo). Ma per tutti.



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