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SPECIALE LEGGE ELETTORALE

Segnalazioni - Opinioni

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Intervento al seminario sull’ammissibilità

Roma, 24 maggio 2007

Intervento al seminario sull’ammissibilità dei referendum elettorali 2007

Prof. Stefano Ceccanti

  1. Mi sembra limitativo discutere di ammissibilità, anziché di riforma elettorale. Fermo restando che possiamo discutere credibilmente di riforma solo perché è abbastanza scontata l’ammissibilità, altrimenti mancherebbe l’incentivo decisivo. Non rinuncerò quindi alla fine ad uscire dal tema per parlare di ciò che ritengo incerto rispetto a ciò che ritengo certo e quindi meno meritevole di discussione.

  2. Ho la sensazione che discutiamo di inammissibilità perché alcuni tra di noi non si rassegnano (in altri casi lo faccio anch’io) a proiettare i loro desideri sulla realtà. In particolare chi è dispiaciuto dalle precedenti sentenze di ammissibilità spera oggi di vedere un rovesciamento di giurisprudenza, sia che dichiari apertamente che si questo si tratti, sia che lo neghi. Più in generale vedo in questa avversione ai quesiti elettorali un timore eccessivo di carattere oligarchico contro elezioni-decisione, sia che si tratti di referendum, sia di sistemi elettorali selettivi, come se l’Italia fosse l’unica grande democrazia i cui elettori dovessero essere ritenuti minorenni per decidere da soli. Tranne poi magari esaltare i risultati nel recente referendum oppositivo sulla riforma costituzionale, da cui si tenta peraltro spesso di ricavare significati giuridici ulteriori rispetto agli unici reali in quel caso, trattandosi di una sorta di “quinta” lettura su quello specifico progetto nel suo insieme prima di una sua entrata in vigore. Altro discorso è su ciò che politicamente si può ritenere precluso, non giuridicamente.

  3. L’unico argomento è quello relativo agli effetti della normativa di risulta, che potrebbero essere eccessivamente disrappresentativi rispetto all’assenza di una soglia minima per il premio. Si tratta in ogni caso di un’assenza che è già tale nella legge vigente, non aggiunta dal referendum; non si vede pertanto come la Corte potrebbe dichiarare inammissibile il referendum e non porre di fronte a se stessa la questione della legittimità della legge. Partita in materia elettorale con l’intento di non creare vuoti, la Corte lo creerebbe direttamente: un po’ troppo per un overruling. Anche le due ulteriori ipotesi formulate dal prof. Lanchester, secondo cui la Corte potrebbe addirittura intervenire in chiave manipolativa, per evitare il vuoto, inserendo direttamente una soglia per il premio o eliminando il premio, non appaiono affatto convincenti. La Corte darebbe a sé stessa un potere manipolativo superiore a quello che negherebbe agli elettori.

  4. Neanche l’argomento in sé sarebbe del tutto convincente: non solo perché i sistemi uninominali producono spesso “naturalmente”, senza premio, analoghe disrappresentatività, ma perché l’assenza di una soglia retroagisce sui comportamenti e spinge in maniera decisiva all’aggregazione, al superamento della soglia che non c’è, dato che non sarebbe decisiva la collocazione di partiti di centro dopo il voto. Se chi arriva primo ha la maggioranza garantita l’incentivo alla coalizione pre-elettorale è pressoché irresistibile. Al contrario la presenza di una soglia facilita il non raggiungimento della stessa perché i partiti posti al centro non hanno a quel punto interesse a che il premio scatti: lo ha dimostrato negli anni la legge vigente a Trento sull’elezione diretta del sindaco, che subordinava in origine il premio per le liste del sindaco vincente al secondo turno a una soglia del 40% al primo turno. Il comma 9 dell’art. 27 della l.r. 30/11/1994 n. 3 è stato poi meritoriamente abrogato dall’art. 36 della legge 22 dicembre 2004, n. 7 per evitare che si presentassero “candidati civetta” che avevano lo scopo di far galleggiare il sindaco eletto un consiglio frammentato dalla proporzionale.

  5. In ogni caso la sentenza 32/1993 dichiarò ammissibile il quesito Senato che produceva direttamente effetti di scarto rispetto al principio del voto uguale” che non preesistevano nella legge; gli “inconvenienti” furono segnalati e proposti al parlamento sotto forma di monito. Tale caso risolve in via credo definitiva qualsiasi dubbio.

Così recita infatti il n. 5 del Considerato in diritto: “La Corte non si nasconde che la normativa di risulta può dar luogo ad inconvenienti, ad esempio per ciò che riguarda, da un lato, la diseguale proporzione in cui l'uno e l'altro sistema di elezione sarebbero destinati ad operare nelle singole regioni, dall'altro - fermi restando gli artt. 9, secondo comma, e 28 della legge n. 29 del 1948 - gli effetti che il passaggio al sistema maggioritario semplice determina in caso di ricorso alle elezioni suppletive, secondo la legge 14 febbraio 1987, n. 31, al fine di ricoprire i seggi rimasti vacanti per qualsiasi causa, e in particolare per effetto di eventuali opzioni effettuate da candidati eletti in più collegi o eletti contemporaneamente al Senato e alla Camera dei deputati. Ma questi aspetti non incidono sull'operatività del sistema elettorale, né paralizzano la funzionalità dell'organo, e pertanto non mettono in causa l'ammissibilità della richiesta di referendum. Nei limiti del divieto di formale o sostanziale ripristino della normativa abrogata dalla volontà popolare (sent. 468 del 1990), il legislatore potrà correggere, modificare o integrare la disciplina residua.”


  1. Più interessante è invece la questione se un quesito integralmente abrogativo potrebbe essere ammissibile facendo nel caso in questione rivivere il Mattarellum. Dal momento che considererei migliore come normativa di risulta tale esito rispetto al quesito Guzzetta (che comunque per me è già comunque migliorativo della legge esistente) sarei tentato di sostenerne la costituzionalità. Credo però che finirei così anch’io per ripetere l’errore di proiettare i desideri sulla realtà. In particolare mi sembra difficilmente superabile la sentenza n. 40/1997 circa l’inammissibilità del referendum sui maestri elementari, in cui la Corte esprime la sua contrarietà all’interpretazione secondo cui vi sarebbe la reviviscenza della normativa precedente.

Recita il punto 2 del Considerato in diritto:

Che tale sistema possa consistere nel ripristino dell'insegnante unico, quale mezzo per impedire la lamentata frammentazione dell'insegnamento e, quindi, la rottura del rapporto pedagogico e lo scadimento dell'attività didattica, è dubbio. La normativa che, nel decreto legislativo n. 297 del 1994, eventualmente risultasse dall'abrogazione delle parti sottoposte a referendum non giustifica tale conclusione, mancando regole o principi che possano subentrare alle norme abrogate, i quali abbiano come contenuto, appunto, il ripristino del sistema a insegnante unico. “

Ma spero appunto di essere confutato giacché in questo caso le mie opinioni provvisorie vanno contro i miei desiderata.

7- Circa le prospettive delle riforme in seguito all’ammissibilità del referendum, credo che qui occorra identificare nettamente i criteri di valutazione. Sul nodo irrisolto, anche dal referendum, della scelta dei rappresentanti, a cui allude però il quesito sulle candidature multiple, credo che sia giusto uno qualunque dei criteri delle grandi democrazie (lista bloccata corta, collegi uninominali, un misto tra i due), mentre invece è bene richiamare il dato che le soluzioni sulle formule di trasformazione dei voti in seggi non esprimono lo stesso orientamento.

Mentre il sistema scaturente dal referendum, come quello francese e quello spagnolo, nonché il Mattarellum, esprimono in forme diverse la logica della “democrazia immediata” o attraverso il pilastro di partiti a vocazione maggioritaria (Spagna, Francia) o di coalizioni guidate da candidati-Premier (sistema referendum) il sistema cosiddetto tedesco, anche laddove si adottasse un’improbabile soglia di esclusione del 5%, esprimerebbe la logica opposta di un sistema che fotografa, non che trasforma. Può essere sostenuto solo se l’obiettivo è quello di formare coalizioni post-elettorali, da democrazia mediata. Cosa che, per me, non condividendo quell’obiettivo, sarebbe regressiva, peggiorativa anche del sistema elettorale vigente. Nonostante i dubbi di altri ritengo ancora del tutto utilizzabile la distinzione tra “democrazia mediata” e “immediata”; anzi, dal 1993 ai vari livelli di governo, quella che era una distinzione teorica ci è ora evidente in tutte le sue implicazioni pratiche e in tutta la sua differenza. Insieme a noi la conoscono bene i cittadini elettori. Quelli a cui visioni “oligarchico talebane” vorrebbero negare la possibilità di esprimersi su scelte binarie. Quanto poi alle irrazionalità che da scelte binarie dirette deriverebbero, specie in materia elettorale, sia lecito replicare che l’ultimo prodotto di una decisione “mediata” parlamentare, la legge vigente, non sembra molto più razionale e convincente.





 
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