Nell'accingersi a commentare il testo
di riforma costituzionale licenziato dal Senato, viene immediatamente
spontaneo chiedersi se ne valga la pena.
Da un lato, l'impressione di un impianto
costituzionale traballante; dall'altro, la constatazione di aver già
affrontato, in meno di tre anni, l'esame di altri 3 progetti di riforma
molto diversi uno dall'altro.
Ci troveremo, tra qualche mese, a commentare
un testo profondamente modificato?
Di certo, la Camera dei Deputati dovrà
per forza trovare delle soluzioni per dotare di un minimo di coerenza interna
tutta la parte relativa ai rapporti tra le due Camere e tra il Governo
ed il Senato federale. Se la riforma del Titolo V dell'Ulivo aveva infatti
introdotto elementi d'indeterminatezza riguardo alle competenze legislative
di Stato e Regioni, quest'indeterminatezza viene ora estesa anche alle
due Camere.
C'è poi da risolvere la cosiddetta
"contestualità affievolità", per cui in nome di non si sa
bene quale federalismo, gli elettori potrebbero essere chiamati a votare
per un governo regionale che potrebbe durare anche un solo anno. E riguardo
a quest'ultimo aspetto, è netta l'impressione di trovarsi di fronte
ad una "testo suicida" che dovrà necessariamente essere cambiato,
azzerando così nuovamente il processo di revisione avviatosi con
il voto in prima lettura da parte del Senato.
- Regioni senza
"certezza del diritto"
Prima di entrare nel merito delle modifiche
apportate al "nuovo Titolo V", non si può trascurare un accenno
all'esasperata polemica politica che sulla questione ha diviso, e continua
a dividere, i due poli.
Di fronte ad un tale scontro, infatti,
lo spettatore poco informato potrebbe essere indotto a pensare all'esistenza
di due posizioni inconciliabili tra loro.
Andando a vedere nel concreto, invece,
si scopre che tra il progetto del Governo e il testo in vigore, approvato
dall'Ulivo alla fine della scorsa legislatura, le differenze sono minime:
- rimane invariato il modello
di "legislazione concorrente" (formula ambigua che non riesce a nascondere
le profonde differenze con il modello di legislazione concorrente tedesco);
- nulla cambia anche riguardo
ai limiti posti all'intervento statale al fine di garantire l'uguaglianza
dei cittadini (diversamente dalla Costituzione tedesca, che utilizza gli
strumenti della legislazione concorrente per garantire eguali condizioni
di vita, il nuovo Titolo V ha introdotto l'assurdo principio della "tutela
dei livelli essenziali");
- anche l'introduzione della
cosiddetta "devolution" di Bossi, infine, non cambia, sostanzialmente,
quanto già sancito in Costituzione a seguito della riforma ulivista:
la sanità e la scuola di serie A per le regioni ricche e di serie
B per quelle più povere sono già presenti nel nuovo Titolo
V là dove non sono previste, per l'appunto, le eguali condizioni
di vita; mentre per tutto il resto non bisogna dimenticare che "Spetta
alle Regioni la potestà legislativa in riferimento ad ogni
materia non espressamente riservata alla legislazione dello Stato"
(Art. 117, comma 4, testo cost. vigente).
Dopo oltre due anni di aspre polemiche,
quindi, si deve constatare come la maggioranza di governo sia di fatto
ritornata al punto di partenza, guardandosi bene dal mettere in discussione
i punti più deboli della riforma approvata dall'Ulivo.
Passando ad esaminare le novità
introdotte, invece, la più rilevante e certamente costituita da
quell'interesse nazionale da porre al vaglio del Senato "federale"
che potrebbe condurre all'annullamento di una legge regionale:
Art. 127, comma 2
Il Governo, qualora ritenga che una legge regionale pregiudichi l’interesse nazionale della Repubblica, può sottoporre la questione al Senato federale della Repubblica, entro trenta giorni dalla pubblicazione della legge regionale. Il Senato federale della Repubblica, entro i successivi trenta giorni, decide sulla questione e può rinviare la legge alla Regione, con deliberazione adottata a maggioranza assoluta dei propri componenti, indicando le disposizioni pregiudizievoli. Qualora entro i successivi trenta giorni il Consiglio regionale non rimuova la causa del pregiudizio, il Senato federale della Repubblica con deliberazione adottata a maggioranza assoluta dei propri componenti, entro gli ulteriori trenta giorni, può proporre al Presidente della Repubblica di annullare la legge o sue disposizioni. Il Presidente della Repubblica può emanare il conseguente decreto di annullamento. |
Art. 120, comma 3
Il Governo può sostituirsi a organi delle Regioni, delle Città metropolitane, delle Province e dei Comuni nel caso di mancato rispetto di norme e trattati internazionali o della normativa comunitaria oppure di pericolo grave per l’incolumità e la sicurezza pubblica, ovvero quando lo richiedono la tutela dell’unità giuridica o dell’unità economica e in particolare la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, prescindendo dai confini territoriali dei governi locali. |
Art. 119
I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno autonomia finanziaria di entrata e di spesa. I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno risorse autonome. Stabiliscono e applicano tributi ed entrate propri, in armonia con la Costituzione e secondo i princìpi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario. Dispongono di compartecipazioni al gettito di tributi erariali riferibile al loro territorio. La legge dello Stato istituisce un fondo perequativo, senza vincoli di destinazione, per i territori con minore capacità fiscale per abitante. Le risorse derivanti dalle fonti di cui ai commi precedenti consentono ai Comuni, alle Province, alle Città metropolitane e alle Regioni di finanziare integralmente le funzioni pubbliche loro attribuite. Per promuovere lo sviluppo economico, la coesione e la solidarietà sociale, per rimuovere gli squilibri economici e sociali, per favorire l’effettivo esercizio dei diritti della persona, o per provvedere a scopi diversi dal normale esercizio delle loro funzioni, lo Stato destina risorse aggiuntive ed effettua interventi speciali in favore di determinati Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni. ... |
E' sin troppo evidente che ci si trova
di fronte ad un tentativo maldestro di far quadrare i conti tra le diverse
esigenze all'interno della maggioranza di governo.
Volendo cioè mantenere il quadro
di "federalismo competitivo" realizzato dall'Ulivo, la maggioranza ha pensato
bene d'introdurre ulteriori elementi d'incertezza attraverso l'introduzione
di una forma di controllo squisitamente politica, affidata agli equilibri
del momento (giudizio affidato al Senato federale), e non di legittimità
(giudizio affidato alla Corte Costituzionale), tali da aprire le porte
ad ingerenze e conflitti di ogni tipo.
- Regioni deboli per dettato
costituzionale
L'introduzione del controllo di tipo politico
sulle leggi regionali, in considerazione che in ogni caso si tratterebbe
di un intervento da modulare con la legittima pretesa delle Regioni di
poter disporre delle competenze che la Costituzione assegna loro, potrebbe
apparire, e nella sostanza probabilmente lo è, più un'enunciazione
di principio indirizzata a tranquillizzare gli elettori di AN che altro.
L'impianto complessivo della riforma,
però, con le ultime modifiche apportate dal Senato alla bozza dei
quattro saggi, risulta decisamente orientata verso un indebolimento generalizzato
delle Regioni nei confronti del Senato federale. Addirittura, si arriva
a legare e determinare la durata delle legislature regionali alle scadenze
per il rinnovo del Senato federale.
il nuovo Senato federale della Repubblica sarà composto da duecento senatori eletti in ciascuna Regione contestualmente all’elezione dei rispettivi Consigli regionali (art. 57). Inoltre, con legge ... si stabilisce, nel caso di scioglimento dei Consigli regionali ... la durata della successiva legislatura regionale in modo da assicurare la contestualità di cui all’articolo 57, secondo comma (art. 60). |
Art. 60
Il Senato federale della Repubblica è eletto per cinque anni. |
Art. 70
La Camera dei deputati esamina i disegni di legge concernenti le materie di cui all’articolo 117, secondo comma, ivi compresi i disegni di legge attinenti ai bilanci ed al rendiconto consuntivo dello Stato, salvo quanto previsto dal terzo comma del presente articolo. ... Il Senato federale della Repubblica esamina i disegni di legge concernenti la determinazione dei princìpi fondamentali nelle materie di cui all’articolo 117, terzo comma, salvo quanto previsto dal terzo comma del presente articolo. ... Entro i trenta giorni successivi la Camera dei deputati delibera e può proporre modifiche sulle quali il Senato federale della Repubblica decide in via definitiva. ... Qualora il Governo dichiari che le modifiche proposte dalla Camera dei deputati sono essenziali per l’attuazione del suo programma e tali modifiche siano approvate ai sensi dell’articolo 94, secondo comma, al disegno di legge si applica la procedura prevista dagli ultimi due periodi del terzo comma del presente articolo. La funzione legislativa
dello Stato è esercitata collettivamente dalle due Camere per l’esame
dei disegni di legge, anche annuali, concernenti la perequazione delle
risorse finanziarie e le materie di cui all’articolo 119, e dei disegni
di legge concernenti la tutela della concorrenza, le funzioni fondamentali
di Comuni, Province e Città metropolitane, il sistema di elezione
della Camera dei deputati e del Senato federale della Repubblica, nonché
nei casi in cui la Costituzione rinvii espressamente alla legge dello Stato
o alla legge della Repubblica, di cui agli articoli 27, quarto comma, 33,
sesto comma, 114, terzo comma, 117, commi quinto e nono, 118, commi secondo
e terzo, 120, secondo comma, 122, primo comma, 125, 132, secondo comma,
133, primo comma, 137, secondo comma, nonché per le leggi che disciplinano
l’esercizio dei diritti fondamentali di cui agli articoli da 13 a 21. Se
un disegno di legge non è approvato dalle due Camere nel medesimo
testo dopo una lettura da parte di ciascuna Camera, i Presidenti delle
due Camere convocano, d’intesa tra di loro, una commissione mista paritetica
incaricata di proporre un testo sulle disposizioni su cui permane il disaccordo
tra le due Camere. Il testo proposto dalla commissione mista paritetica
è sottoposto all’approvazione delle due Assemblee e su di esso non
sono ammessi emendamenti.
|
Art 88, comma 2:
Il Presidente della Repubblica non emana il decreto di scioglimento richiesto dal Primo ministro nel caso in cui, entro dieci giorni da tale richiesta, venga presentata alla Camera dei deputati una mozione, sottoscritta dai deputati appartenenti alla maggioranza espressa dalle elezioni in numero non inferiore alla maggioranza dei componenti della Camera, nella quale si dichiari di voler continuare nell’attuazione del programma e si indichi il nome di un nuovo Primo ministro. |
Art. 94, comma 3:
In qualsiasi momento la Camera dei deputati può obbligare il Primo ministro alle dimissioni, con l’approvazione di una mozione di sfiducia. La mozione di sfiducia deve essere firmata da almeno un quinto dei componenti della Camera dei deputati, deve essere votata per appello nominale e approvata dalla maggioranza assoluta dei componenti. |
Da tutto questo quadro emerge una verità
sin troppo chiara per non essere vista: nella "logica antiribaltone" c'è
qualcosa, all'origine, che non permette di conciliare le diverse esigenze
senza che tutti i rimedi ipotizzabili si rivelino peggiori del male.
Per arrivare subito al punto, il problema
da risolvere è l'esigenza stessa che ci si debba dotare di un meccanismo
antiribaltone.
Ma da dove scaturisce questa esigenza?
Dalla demagogica convinzione che nei sistemi bipolari il corpo elettorale
possa esprimere una chiara ed univoca volontà di governo.
Gli elettori, secondo i sostenitori della
logica maggioritaria, votano per un preciso programma di Governo. La cosa
è però più teorica che pratica, come ha avuto inutilmente
modo di evidenziare il professor Sartori durante l'undicesima seduta della
Commissione Bicamerale per le riforme istituita nella XIII legislatura:
«Con tutto il rispetto, mi chiedo quante cose voti un povero elettore,
quante volontà esprima e come si faccia a sapere quale abbia espresso.
Il voto è per un partito, per un programma, quello dell'Ulivo ha
cento punti: per quale di questi cento punti ha votato l'elettore? Non
esageriamo con la tesi per la quale il popolo ha espresso una certa volontà:
...»
Diversamente, è proprio a causa
del meccanismo di elezione maggioritario che gli elettori sono costretti
a subire la politica dall'alto.
Con quale criterio, infatti, si può
pensare che l'elettore eventualmente deluso da una determinata coalizione
possa votare chi determinate scelte non le fa, l'altra parte (perché:
“che bello, c'è l'alternanza!”), è un mistero ancora
tutto da scoprire.
Accertata l'esistenza di un mondo dei sogni
assunto a mondo reale, al commentatore non rimane altro che constatare
gli sterili tentativi, sia della maggioranza che dell'opposizione, assurdamente
arroccate a difesa di un bipolarismo che la realtà sociale italiana
non riesce a digerire, di trovare dei modi sotterranei, inconfessabili,
per cercare di limitare i danni e per vanificare i principi da loro ritenuti
irrinunciabili.