Perché tanta prudenza?
Sabato 6 e' uscito su "il manifesto" un buon documento
sulla questione del ritorno al proporzionale. E' a piu' firme; affronta
con cura i luoghi comuni che girano intorno al maggioritario; ma... ma
alla fine evita di assumere una posizione netta.
Anzi, c'e' pure lo spazio per una precisazione che risulta poco comprensibile:
"Non sara' l'uninominale il rischio piu' grave che corre la democrazia
italiana. Ma e' pur tuttavia un rischio non da poco".
In altre parole, quello che andrebbe senza mezzi termini definito "strappo
di democrazia" viene si' in qualche modo denunciato, ma non al punto di
arrivare ad esprimere una condanna chiara e irrevocabile.
Ci si deve purtroppo chiedere il motivo di tanta "prudenza", nella
speranza che, anche in questo caso, non si sia ritenuto opportuno far prevalere
alle ragioni dei principi quelle spicciole della politica del "giorno per
giorno".
Certo, come non rendersi conto delle difficolta', per molte forze politiche,
di arrivare ad esprimere un giudizio netto di condanna nei confronti di
chi, oggi, sta cercando di spingere per un'ulteriore accellerazione antidemocratica,
quando poi e' proprio con questi "antidemocratici" che si sono fatti e
si faranno accordi di governo, locali o nazionali che siano.
Si capiscono, quindi, anche le prudenze di Rifondazione.
Ma perche', invece, dalle colonne de "il manifesto" e da parte di tutti
coloro che non sono inseriti in questo gioco degli equilibri non giungono
delle chiare posizioni di denuncia?
Perche' mai dovremmo evitare di chiamare le cose con il loro nome?
Perche' mai non si coglie, oggi, l'occasione per una battaglia di delegittimazione
ad un processo di trasformazione che trae fondamento, in primo luogo, dalla
distorsione delle garanzie costituzionali?
Come non constatare che a furia di fare battaglie di ripiego per non
dividersi "inutilmente", ci si ritrova sempre a dover ripartire da posizioni
molto piu' arretrate?
Il non aver mai posto con forza la questione dell'illegittimita', formale
e sostanziale, di determinate iniziative politiche (dal referendum Segni
del '93 all'istituzione della Bicamerale per le riforme, per arrivare oggi
a questo nuovo referendum), anziche' salvaguardare l'esistenza e il rafforzamento
di uno schieramento favorevole ad un ritorno del proporzionale e contrario
ai tentativi di stravolgimento della Costituzione, si e' di fatto rivelato
la premessa per un'ulteriore disgregazione.
In tal senso, sono illuminanti le ultime prese di posizione dei Verdi
e dei Comunisti unitari, ormai pienamente inseriti nella logica del maggioritario.
Il tutto reso "facilmente" possibile dal fatto che nessuno ha mai posto
un'opzione che fissasse dei limiti invalicabili.
Riteniamo allora che chi fa determinate scelte debba rispondere non
soltanto in termini politici sul merito "astratto" delle questioni, ma
anche e soprattutto sullo "strappo di democrazia" che viene compiuto.
Ribadiamo per questo il nostro invito a mobilitarsi per l'astensione
al referendum elettorale.