Riforme.net - 25
giugno 2016 Scheda 2: Italicum e (nuova) Forma di Governo a
cura di Franco Ragusa
Esclusa la possibilità per il Senato di intervenire nel rapporto fiduciario che determina le sorti del Governo, la ratio costituzionale, che sottendeva al rapporto fiduciario Parlamento-Governo, non sembrerebbe aver subito altri stravolgimenti. L'esperienza però insegna che siamo di fronte a ben altro. In primo luogo è facile constatare come, negli ultimi anni, a fronte delle maggioranze parlamentari blindate della Camera dei deputati, il Senato abbia sempre avuto equilibri meno consolidati. Tutta colpa delle leggi elettorali non ben disegnate anche per il Senato, potrebbe subito suggerire qualcuno, ma non è così. Tutta colpa dei costituenti, invece, sempre se di colpa si può parlare e non, piuttosto, di lungimiranza. Per un vincolo costituzionale, i membri del Senato vengono determinati Regione per Regione. Ma non solo: possono votare per l'elezione del Senato (se la riforma passerà potevano) solo gli elettori al di sopra dei 25 anni. Siamo (eravamo) quindi di fronte ad un Organo eletto tenendo conto delle specificità territoriali, nonché eletto da un corpo elettorale diverso da quello per l'elezione della Camera dei deputati. In un simile contesto costituzionale, nessuna legge elettorale avrebbe mai potuto garantire la perfetta omogeneità di risultati elettorali tra le due Camere. Il Senato ha quindi sino ad oggi rappresentato, anche in tempi di leggi elettorali maggioritarie (Mattarellum prima, il Porcellum dopo) un Organo chiamato a svolgere una funzione di riequilibrio, non solo nei riguardi dell'attività legislativa, ma anche e soprattutto in riferimento alla funzione di controllo dell'azione di governo. Venendo perciò meno il Senato che conoscevamo, l'impalcatura dei pesi e dei contrappesi costituzionali muta profondamente. Si elimina un contrappeso senza prevederne altri, neanche per via indiretta, come ad esempio una legge elettorale in grado di garantire, in ogni caso, l'adeguata rappresentazione delle scelte degli elettori. Anzi, contestualmente alla riforma costituzionale, si è pensato bene di alterare del tutto l'assetto degli equilibri costituzionali con l'approvazione dell'Italicum. Una legge elettorale attraverso la quale, come non esiste in nessuna parte al mondo, attribuire in modo certo la maggioranza parlamentare ad una sola lista.
Ed eccolo così realizzato il sogno dei tanti apprendisti stregoni alla sudamericana. Data l'assegnazione certa del premio di maggioranza e visto il venir meno del rapporto di fiducia con il Senato, con un voto solo i sostenitori di una lista scelgono (per tutti) la Camera dei deputati ed il Governo, o meglio, visto che si tratta di liste che si candidano a governare, scelgono il Governo nella figura del capo specificatamente individuata all'atto del deposito. I passaggi successivi, la nomina da parte del Presidente della Repubblica e il voto di fiducia della Camera, divengono una pura formalità, una sorta di inutile rito a ridicolizzare una Forma di Governo parlamentare sostanzialmente neutralizzata dall'intervento combinato sulla Costituzione e la legge elettorale. Quale Forma di Governo si realizzi è peraltro difficile da individuare. Esecutivo e Legislativo ormai una cosa sola, visto l'alterato equilibrio predeterminato alla Camera e il Senato dei dopolavoristi con competenze limitate, con tutto quanto ne conseguirà, infine, a livello di nomine degli altri Organi di controllo: il Presidente della Repubblica e poi a cascata gli altri Organi di rilevo, Corte Costituzionale e Consiglio superiore della Magistratura. In nessuna democrazia avanzata esistono simili automatismi per la determinazione del capo del Governo con annessa maggioranza parlamentare al seguito, nonché la strada spianata per condizionare la composizione degli Organi costituzionali di controllo, per di più con una legge elettorale in grado di determinare questo automatismo anche con percentuali di consenso elettorale molto basse. Il turno di ballottaggio previsto infatti dall'Italicum, nel caso nessuna lista raggiunga il 40% dei voti validi, non impone il raggiungimento di alcun requisito minimo ai fini dell'assegnazione del premio di maggioranza. Viene cioè meno la necessità, individuata dalla Consulta, di dover ottenere quel numero minimo di voti soltanto attraverso il quale sarebbe stato possibile assegnare il premio di maggioranza nel turno precedente. In ipotesi, una lista al 25%, impossibilitata ad accedere al premio di maggioranza al primo turno, perché al di sotto del previsto 40% dei voti validi, potrebbe conquistare facilmente il premio dopo il turno di ballottaggio, e questo pur conseguendo un numero effettivo di voti inferiore a quello ottenuto nel turno precedente, o comunque un numero di voti effettivo inferiore a quello che sarebbe stato necessario raggiungere per accedere al premio di maggioranza nel turno precedente. E per essere chiari sino in fondo, il premio si assegna anche se a votare al ballottaggio si presentano in cinque. Non siamo cioè di fronte ad un turno di ballottaggio con lo scopo di perfezionare la volontà elettorale e di verificare con numeri veri che ciò sia avvenuto, siamo bensì di fronte ad un chiaro tentativo di aggiramento della sentenza della Consulta. Un meccanismo che se per l'elezione dei sindaci potrebbe essere ritenuto sopportabile, non lo è affatto appunto pensando alla sentenza della Consulta contro il Porcellum, vista la particolare funzione svolta dal Parlamento: “... funzioni fondamentali, dotate di «una caratterizzazione tipica ed infungibile» (sentenza n. 106 del 2002), fra le quali vi sono, accanto a quelle di indirizzo e controllo del governo, anche le delicate funzioni connesse alla stessa garanzia della Costituzione (art. 138 Cost.): ciò che peraltro distingue il Parlamento da altre assemblee rappresentative di enti territoriali.” - sentenza Consulta 1/2014. Un trucco in grado di nascondere, con le astratte rappresentazioni percentuali del turno di ballottaggio, il mancato raggiungimento del necessario consenso elettorale, senza alcun riguardo per il numero di voti effettivamente conseguito. Una sorta di Porcellum mascherato, per di più peggiorato dall'assegnazione del premio di maggioranza ad una singola lista e non più, anche, ad un'eventuale coalizione di liste. Si dice che ciò contribuirà ad avere maggioranze parlamentari più omogenee e non più coalizioni litigiose. Considerata, però, l'attuale frammentazione dell'elettorato, delle due l'una: a contendersi i ballottaggi potrebbero essere sì liste molto più omogenee, ma inevitabilmente ancor più scarsamente rappresentative di una parte significativa del corpo elettorale; oppure dei listoni, costituiti nel timore di non poter raggiungere l'obiettivo del ballottaggio, destinati a dividersi il giorno dopo le elezioni, così come già avveniva con il Mattarellum, ma dove la spartizione delle candidature nelle circoscrizioni, in particolare la scelta dei capilista bloccati, e quindi la futura rappresentatività di ogni singola forza politica costituente il listone, verrà decisa dal mercato delle vacche tra i capi bastone e non dal voto degli elettori. Quale che sarà in ogni caso la tendenza, non si sa cosa augurarsi, se liste blindate sovra-rappresentate dal premio di maggioranza, una sorta di dittatura della minoranza; oppure il solito minestrone aggregato solo per fini elettorali. 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