Riforme Istituzionali
Schede di approfondimento su Italicum e riforma costituzionale Renzi-Boschi
 
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Riforme.net  - 23 giugno 2016

  Scheda 1: Nuovo Senato ed abolizione del bicameralismo paritario


 a cura di Franco Ragusa

Con la riforma il Senato si riduce a soli 95  senatori, eletti indirettamente, provenienti dai Consigli regionali e dai Comuni (Sindaci), più 5 nominati dal Presidente della Repubblica per non più di sette anni, più gli Ex-Presidenti.
La durata del mandato dei 95 senatori eletti indirettamente coincide con quella degli Organi delle istituzioni territoriali dai quali sono stati eletti.
Sotto il profilo degli obblighi costituzionali, il nuovo art. 69 non prevede che i senatori debbano ricevere un'indennità stabilità dalla legge.
Riassumendo, un taglio complessivo di 220 membri rispetto all'attuale Senato.

Per il 95% circa il Senato sarà quindi costituito da senatori dalla permanenza incerta, essendo il mandato direttamente legato alle sorti politiche dell'ente territoriale di provenienza, nonché sostanzialmente costituito da dei dopolavoristi.
Delle due l'una, infatti: o saranno degli attenti consiglieri regionali e sindaci capaci, oppure saranno degli ottimi senatori.
Potrebbe però verificarsi anche una terza eventualità: a dividersi un po' di qua e un po' di là, il rischio è che non svolgeranno bene né l'uno e né l'altro incarico.
A poco vale la considerazione che con la riforma verrebbe meno il bicameralismo paritario, con competenze ridotte per il nuovo Senato e, quindi, meno lavoro.
Come si scoprirà più avanti, infatti, alcune competenze rimarrebbero di rilievo, con in più un rinnovato procedimento di approvazione delle leggi dai tempi, per gli interventi del Senato, molto serrati.

Quasi nessuna considerazione, purtroppo anche da parte di un buon numero di contrari alla riforma, circa gli effetti che la forte riduzione potrebbe comportare sotto il profilo dell'adeguata rappresentatività del corpo elettorale, nonché efficienza dell'Organo.
In tal senso, per questioni meramente tecniche, cioè i pochi seggi a disposizione per ogni singola Regione, a dividersi il Senato saranno le prime due-tre formazioni politiche, e questo anche se il Senato venisse eletto direttamente.
Si avranno infatti ben 8 Regioni con soli 2 senatori a disposizione; le 2 Provincie autonome con 2 senatori a testa, 2 Regioni con 3 senatori, per poi arrivare alle Regioni maggiori, dai 5 senatori per la Toscana, finendo con i 14 per la Lombardia.

Si dirà che un simile meccanismo vige anche in altri Paesi.
Ha poco senso, però, mettere a confronto realtà istituzionali diverse con diversi meccanismi di pesi e contrappesi.
Pensando ad esempio alla seconda Camera tedesca, il Bundsrat, diretta espressione dei Governi locali, come dimenticare che il Bundestag, la nostra Camera dei Deputati, viene eletto con il sistema proporzionale anziché con una legge elettorale maggioritaria ed in grado di regalare la maggioranza parlamentare a forze politiche anche scarsamente rappresentative, quale avremo invece in Italia con l'Italicum?

Altro aspetto curioso, l'aumentato peso percentuale dei senatori nominati dal Presidente della Repubblica e gli ex Presidenti: oltre il 5% del totale con il nuovo Senato, rispetto all'1,6% dell'attuale Senato.

Il venir meno, infine, dell'obbligo costituzionale circa l'indennità spettante ai membri del Senato, è da interpretare nel duplice significato di “non obbligatorio e, pertanto, vietato in assoluto”, oppure potrebbe esservi qualche successiva incertezza?

Con la riforma viene meno il bicameralismo paritario.
La Camera dei deputati è titolare del rapporto di fiducia con il Governo ed esercita la funzione di indirizzo politico, la funzione legislativa e quella di controllo dell’operato del Governo.
Il nuovo Senato della Repubblica rappresenta le istituzioni territoriali ed esercita funzioni di raccordo tra lo Stato e gli altri enti costitutivi della Repubblica.
Concorre all'esercizio della funzione legislativa nei casi e secondo le modalità stabiliti dalla Costituzione, nonché all'esercizio delle funzioni di raccordo tra lo Stato, gli altri enti costitutivi della Repubblica e l’Unione europea.
Partecipa alle decisioni dirette alla formazione e all'attuazione degli atti normativi e delle politiche dell'Unione europea.
Valuta le politiche pubbliche e l'attività delle pubbliche amministrazioni e verifica l'impatto delle politiche dell’Unione europea sui territori.
Concorre ad esprimere pareri sulle nomine di competenza del Governo nei casi previsti dalla legge e a verificare l’attuazione delle leggi dello Stato.

Come si può già vedere da questa prima assegnazione di funzioni al nuovo art. 55, competenze rilevanti per nulla occasionali, forse non è stata una buona idea aver ridotto il Senato ad una sorta di dopolavoro per consiglieri regionali e sindaci.
Tanto più che l'elenco di cui al nuovo art. 55 non è per nulla esaustivo.
Il nuovo art. 70 prevede che la funzione legislativa sia esercitata collettivamente dalle due Camere per le leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali;
per le leggi di attuazione delle disposizioni costituzionali concernenti la tutela delle minoranze linguistiche;
i referendum popolari;
le altre forme di consultazione di cui all’articolo 71;
per le leggi che determinano l’ordinamento, la legislazione elettorale, gli organi di governo, le funzioni fondamentali dei Comuni e delle Città metropolitane e le disposizioni di principio sulle forme associative dei Comuni;
per la legge che stabilisce le norme generali, le forme e i termini della partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell’Unione europea;
per quella che determina i casi di ineleggibilità e di incompatibilità con l’ufficio di senatore di cui all’articolo 65, primo comma;
e per le leggi di cui agli articoli 57, sesto comma; 80, secondo periodo; 114, terzo comma; 116, terzo comma; 117, quinto e nono comma; 119, sesto comma; 120, secondo comma; 122, primo comma; e 132, secondo comma.

Nell'insieme, un complesso di competenze legislative che, per quanto circoscrivibili nell'ambito di interventi episodici sulle cosiddette leggi di garanzia, per numero e qualità esigerebbero un Senato al 100%.

Per quanto invece riguarda  le altre leggi approvate dalla sola Camera, sono previste più modalità di partecipazione da parte del Senato: una sorta di ruolo di riflessione a seguito del quale si avrà un ulteriore passaggio alla Camera. Diversamente che in Germania, però, tranne che in un caso, non sono previste maggioranze qualificate per l'approvazione definitiva a seconda del voto espresso al Senato.

Entro dieci giorni e su richiesta di un terzo dei suoi componenti, il Senato può disporre di esaminare i progetti di legge approvati dalla Camera. Ha poi trenta giorni per le eventuali proposte di modificazione sulle quali la Camera si pronuncerà in maniera definitiva.
Per i disegni di legge di bilancio (la vecchia legge finanziaria, per intendersi), l'esame da parte del Senato avviene in via automatica, senza cioè la necessaria richiesta entro 10 giorni da parte di un terzo dei senatori, ma il termine per deliberare eventuali proposte di modifica si riduce a soli 15 giorni dalla data della trasmissione del testo da parte della Camera.
Si, abbiamo capito bene: per intervenire sulla legge di bilancio, uno degli atti legislativi tra i più complessi e più sostanziosi dell'attività legislativa, il Senato dei dopolavoristi ha solo 15 giorni di tempo.
Il termine si riduce ulteriormente, a soli 10 giorni, per le leggi di cui all'art. 117 quarto comma (leggi che intervengono in materie non riservate alla legislazione esclusiva dello Stato,  a tutela dell’unità giuridica o economica della Repubblica, o a tutela dell’interesse nazionale). E qui siamo al paradosso che leggi che riguardano direttamente il ruolo del Senato, e cioè la rappresentanza delle istituzioni territoriali, per le quali un eventuale intervento di modificazione del Senato costringerebbe la Camera ad una nuova approvazione a maggioranza assoluta dei suoi componenti, ai dopolavoristi vengono appunto imposti tempi record per le eventuali modiche.

Riassumendo, è di tutta evidenza che anche nel caso dei 10+30 giorni previsti in via generale, il procedimento partecipato, tenuto altresì conto dell'anomala composizione dell'Organo (dopolavoristi, per di più in buona parte rappresentativi delle sole formazioni politiche maggiori a causa, in ogni caso, della forte riduzione del numero dei senatori), si riduce ad una mera formalità.
Da dover aggiungere, peraltro, che il nuovo procedimento legislativo all'art. 72 prevede che il Governo possa chiedere l'approvazione di un disegno di legge a “data certa”. In questi casi, i tempi per il Senato si dimezzano: 5+15. Solo 10 giorni, infine, per i decreti legge monocamerali.

Altro aspetto a dir poco bizzarro, la riforma non prevede un vero e proprio modo di risoluzione dei conflitti di competenza che potrebbero sorgere tra le due Camere, lasciando ai Presidenti delle stesse il compito di mettersi d'accordo (???)

Per concludere, il Senato scarsamente rappresentativo e per sua natura costituito da senatori a mezzo servizio, a fronte di una Camera dei deputati con una maggioranza parlamentare blindata in quanto eletta con l'Italicum, si spiega soltanto con l'evidente intenzione di rendere l'Organo un inutile orpello. Per le modalità operative di intervento di cui può infatti disporre sulle leggi monocamerali partecipate, che ci sia o non ci sia poco cambia.
Altresì, al medesimo Organo, composto come si è più volte ricordato, rimangono affidate competenze di rilievo. Non solo legislative, ma anche di nomina, come ad esempio due dei cinque giudici costituzionali di competenza parlamentare e, in seduta comune, del Presidente della Repubblica ed un terzo dei membri del Consiglio Superiore della Magistratura.
Contraddizioni di una riforma pasticciata.

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