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Riforme.net  - 20 novembre 2016

Scheda 4: Referendum propositivi e quorum nella revisione Renzi-Boschi: non è affatto oro quello che luccica


 a cura di Franco Ragusa

Con un unico voto prendere o lasciare, nel minestrone che saremo chiamati a votare il 4 dicembre sono presenti importanti novità riguardanti gli strumenti di cosiddetta democrazia diretta: Referendum abrogativi e Referendum propositivi.

Per i Referendum abrogativi è infatti previsto un quorum agevolato nel caso i sottoscrittori superino le 800.000 firme.
Art. 75, comma 4: La proposta soggetta a referendum è approvata se ha partecipato alla votazione la maggioranza degli aventi diritto o, se avanzata da ottocentomila elettori, la maggioranza dei votanti alle ultime elezioni della Camera dei deputati, e se è raggiunta la maggioranza dei voti validamente espressi.

Per quanto invece riguarda i Referendum propositivi, si rimane pericolosamente nel vago e si rinvia il tutto ad una specifica legge costituzionale e ad una legge ordinaria di attuazione.
Art. 71, comma 4: Al fine di favorire la partecipazione dei cittadini alla determinazione delle politiche pubbliche, la legge costituzionale stabilisce condizioni ed effetti di referendum popolari propositivi e d’indirizzo, nonché di altre forme di consultazione, anche delle formazioni sociali. Con legge approvata da entrambe le Camere sono disposte le modalità di attuazione.

Va certamente premesso che in molti giudicano queste novità positivamente.
Peccato, però, che quella che potrebbe sembrare una cessione di potere verso il basso ("concessione" fatta per ottenere facile consenso sul progetto complessivo?), una volta ridotti gli strumenti di garanzia si manifesterà per quello che realmente è: una trasformazione degli "strumenti di democrazia diretta nelle mani dei cittadini", in uno "strumento di manipolazione subito dai cittadini".

Prima di abbandonarsi in facili slogan, infatti, del tipo "Chi partecipa decide", come non tenere conto che la riduzione del quorum, combinata con una buona organizzazione e il controllo dei mezzi di comunicazione, potrebbe aprire la strada a pericolosi colpi di mano, in modo particolare attraverso lo strumento del referendum propositivo?
Come non tenere nella giusta considerazione che fra gli elettori potrebbe esservi un'alta percentuale di disinformati e/o di indecisi rispetto ai quali non può e non deve valere il principio che a decidere per loro siano i gruppi di potere ben organizzati?
Siamo ancora molto lontani, purtroppo, dall'aver realizzato le condizioni per l'effettiva partecipazione di cui al secondo comma dell'art. 3 della Costituzione, e non è solo per una questione di controllo dei Media, ma anche di difficoltà quotidiane che di fatto non consentono alla stragrande maggioranza delle persone, i comuni mortali che si arrabattano per arrivare alla fine del mese, di trovare lo spazio e i mezzi per poter allargare o approfondire le proprie conoscenze.
 
Tenuto conto di questi possibili rischi, ciò che la revisione Renzi-Boschi realizza è altresì una miscela quanto mai infida.
Per i comuni mortali, i cittadini che senza il sostegno delle forze politiche e dei media si attivano e che con fatica riescono a raggiungere il traguardo delle 500.000 firme, il quorum per la validità del risultato rimane immutato: il 50%+1 degli aventi diritto di voto.
Per loro, che realmente esprimono un'esigenza che parte dal basso, la forma di tutela contro i colpi di mano consegnataci dai costituenti rimane integra.
Per chi può invece godere di ampi finanziamenti e il sostegno dei media, per chi può utilizzare le posizioni di potere per superare facilmente lo scoglio delle 800.000 firme, per questi no, il quorum e di conseguenza il consenso necessario per l'approvazione di un quesito potrebbero ridursi di molto.
Ma giova all'interesse generale che dei poteri ben organizzati possano, loro soltanto, promuovere dei referendum che potrebbero essere approvati dal 15-20% degli aventi diritto?
Con i dati delle ultime politiche, ad esempio, il quorum di riferimento si assesterebbe intorno al 33%.

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