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Materie "trasversali" e "titoli di legittimazione per interventi
regionali diretti a soddisfare ulteriori esigenze rispetto a quelle di
carattere unitario definite dallo Stato"
Prosegue l'approfondimento degli effetti prodotti dal nuovo Titolo
V attraverso la lettura delle sentenze della Corte Costituzionale. Si tratta,
invero, di conseguenze facilmente prevedibili ma che, per la peculiarità
del quadro politico-istituzionale già descritto in un precedente
approfondimento (Nuovo
TITOLO V: dalle prime certezze alcune ipotesi per il futuro), non sembrano
godere di particolare interesse nell'ambito del dibattito politico sulle
riforme.
In tal senso, hanno dell'incredibile sia il comportamento del Governo
Berlusconi, impegnatosi in un assurdo braccio di ferro con l'opposizione
per votare in tutta fretta, in prima lettura, un inutile disegno di legge
costituzionale sulla devoluzione (a meno di altri ed inconfessabili scopi);
e sia i toni accesi usati dall'Ulivo, improvvisamente allarmato per la
possibile realizzazione di venti diversi sistemi di godimento dei diritti
su materie fondamentali quali l'istruzione e la sanità. Per tutti
costoro, sarebbe sufficiente dare un'occhiata ai pronunciamenti della Consulta
per comprendere la scarsa portata del progetto di devoluzione bossiana
e per prendere atto del processo disgregativo, sotto il profilo dell'uniformità
dei diritti di cittadinanza, per l'appunto già avviato con
il nuovo Titolo V.
Se con la sentenza 282/2002,
infatti, sono giunte certezze riguardo alla immediata possibilità,
per le Regioni, di poter esercitare appieno le competenze legislative in
ordine alle materie concorrenti, anche in assenza di norme quadro specificatamente
dedicate, con la sentenza 407/2002 è
infine giunta la conferma della possibile coesistenza di diversi livelli
di garanzie sul territorio nazionale su questioni quali la "tutela della
salute" ed il "governo del territorio". Altro aspetto non secondario, i
criteri adottati per l'individuazione della "materia" alla quale
ricondurre la legge in esame.
Come per il precedente ricorso avverso una legge della Regione Marche
(sentenza 282/2002),
il Governo ha individuato, nella legge della Regione Lombardia impugnata
(Norme in materia di attività a rischio d'incidenti rilevanti),
l'invasione di competenze esclusive: "sicurezza" e "tutela dell'ambiente"
(art. 117, secondo comma, punti h ed s).
Per il primo punto (h), la Corte ha ritenuto improprio il riferimento
alla materia "sicurezza", dovendosi con questa far riferimento alle sole
misure inerenti alla prevenzione dei reati o al mantenimento dell'ordine
pubblico.
Diversamente, per la materia "tutela dell'ambiente" la Corte ha ribadito
un concetto già espresso nella sentenza 282/2002,
precisando che non tutti gli ambiti materiali
specificati nel secondo comma dell'art. 117 possono, in quanto tali, configurarsi
come "materie" in senso stretto, poiché, in alcuni casi, si tratta
più esattamente di competenze del legislatore statale idonee ad
investire una pluralità di materie.(407/2002)
Ciò che a prima vista sembra essere un'attribuzione
in qualche modo estensiva delle competenze in capo al legislatore statale,
come per altro così veniva lasciato intendere dalla precedente sentenza 282/2002) già citata in ordine alla materia "determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale", al punto che il legislatore stesso deve poter porre le norme necessarie per assicurare a tutti, sull’intero territorio nazionale, il godimento di prestazioni garantite, come contenuto essenziale di tali diritti, senza che la legislazione regionale possa limitarle o condizionarle |
Brevemente, la normativa di riferimento statale
per la fattispecie in esame investe, a giudizio della Corte, oltre che
l'ambiente, anche la materia "tutela della salute", la quale, ai sensi
dell'art. 117 della Costituzione, rientra nella competenza concorrente
delle regioni.
Così pure rientra nella competenza
concorrente regionale la cura degli interessi relativi alla materia "governo
del territorio", cui fanno riferimento, in particolare, gli artt. 6, commi
1 e 2, 8, comma 3, 12 e 14 dello stesso decreto, i quali prescrivono i
vari adempimenti connessi all'edificazione e alla localizzazione degli
stabilimenti, nonché diverse forme di "controllo sull'urbanizzazione".
Anche le competenze relative alla materia della "protezione civile" possono
essere individuate in alcune norme del citato decreto, come, ad esempio,
l'art. 11, l'art. 12, l'art. 13, comma 1 lettera c), comma 2 lettere c)
e d), l'art. 20 e l'art. 24, le quali prevedono essenzialmente la disciplina
dei vari piani di emergenza nei casi di pericolo "all'interno o all'esterno
dello stabilimento". Infine, alcune norme, come, in particolare, i citati
artt. 5, commi 1 e 2, ed 11 dello stesso decreto, sono riconducibili anche
alla materia "tutela e sicurezza del lavoro", egualmente compresa nella
legislazione concorrente.
In definitiva quindi il predetto decreto n.
334 del 1999 riconosce che le regioni sono titolari, in questo campo disciplinare,
di una serie di competenze concorrenti, che riguardano profili indissolubilmente
connessi ed intrecciati con la tutela dell'ambiente. (407/2002)
In altre parole, l'individuazione delle possibili "materie trasversali"
nell'ambito della rigida ripartizione fissata dall'art. 117 cost. se, da
un lato, conferisce ampia competenza legislativa allo Stato al fine di
garantire standars (minimi) di tutela uniformi sull'intero territorio,
dall'altro lato realizza sino in fondo il principio della "legislazione
concorrente", così come è appunto formulato nel testo costituzionale
italiano (diverso da quello tedesco), ponendo su di un piano di perfetta
parità Stato e Regioni, senza che le competenze dell'uno, anche
in riferimento a materie di esclusiva competenza statale, possano in qualche
modo assorbire le competenze dell'altro.
Del resto, è utile ricordare che nel caso delle materie concorrenti
non ci troviamo di fronte ad un'attribuzione di competenza legislativa
regionale fondata sull'assenza di riserve a favore della legislazione statale
(art. 117, quarto comma), bensì, ci troviamo di fronte ad un elenco
di materie espressamente riservate alla competenza legislativa regionale,
e per le quali si indicano espressamente i limiti dell'intervento
legislativo statale (art. 117, terzo comma).
Accertata, quindi, nella fattispecie in esame, la possibilità
per la Regione Lombardia d'intervenire nell'ambito delle materie concorrenti,
la Corte ha infine affrontato la questione del rispetto dei principi fondamentali
relativamente al lamentato, dal Governo, maggiore livello di sicurezza
realizzato dalla normativa impugnata, mentre questi dovrebbe essere
identico sull'intero territorio nazionale. La fissazione di adempimenti
differenziati (infatti) realizzerebbe "alterazioni
sotto il profilo della concorrenza in danno di quelle imprese che si trovano
ad operare in regioni la cui disciplina più gravosa costringe ad
affrontare costi maggiori".
Nel caso specifico, è stato sin troppo agevole, per la Corte,
ripartire le competenze assegnando la determinazione degli obiettivi da
perseguire alla legislazione statale e la realizzazione degli stessi alla
competenza legislativa della Regione:
In proposito è da
osservare, indipendentemente dalla inammissibile "degradazione" della legge
regionale a regolamento regionale, che i ricordati artt. 72 del d.lgs.
n. 112 del 1998 e 18 del d.lgs. n. 334 del 1999 stabiliscono che le regioni
provvedono a disciplinare la materia con specifiche normative ai fini,
in particolare, di "garantire la sicurezza del territorio e della popolazione".
In questa ottica vanno appunto respinte le prospettate censure incentrate
sull'asserito superamento dei limiti prestabiliti dal citato decreto legislativo
n. 334 del 1999, dal momento che la Regione Lombardia può ragionevolmente
adottare, nell'ambito delle proprie competenze concorrenti, una disciplina
che sia maggiormente rigorosa, per le imprese a rischio di incidente rilevante,
rispetto ai limiti fissati dal legislatore statale, proprio in quanto diretta
ad assicurare un più elevato livello di garanzie per la popolazione
ed il territorio interessati. (407/2002)
Viene quindi confermata la possibilità di un diverso regime
di godimento di diritti. Nel caso specifico certamente in positivo, per
i residenti della Regione Lombardia, ma ugualmente allarmante in riferimento
alla possibilità, in linea di principio, che nelle Regioni più
ricche possano determinarsi livelli più elevati delle prestazioni
su materie quali l'istruzione e la sanità, con conseguente handicap
per i residenti delle Regioni con meno risorse.
7 gennaio 2003
Franco Ragusa
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