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* Parlare, ancora oggi, di devolution, dopo la definitiva approvazione delle modifiche al Titolo V della Costituzione, risulta quanto meno riduttivo. 
D'altra parte, pur nel silenzio generale, la politica ufficiale ci consegna un quadro per il quale il processo di decentramento, devolution, federalismo (ognuno decida come meglio crede), conclusosi con il referendum confermativo dell'ottobre 2001, non costituirebbe che un piccolo passo. 
Chi scrive è profondamente convinto del contrario: le modifiche al Titolo V costituiscono un progetto compiuto di "federalismo competitivo" rispetto al quale c'è ben poco d'aggiungere. 
   


(intervento di apertura dell'area - 22 luglio 2000 ) 
 
   Ci siamo, l'introduzione di meccanismi di cosiddetta legittimazione diretta hanno dato voce e arroganza da vendere ai nuovi Presidenti delle Regioni. 
Era prevedibile che ciò sarebbe avvenuto, come era anche prevedibile, tanto più nel caso verificatosi di vittoria elettorale della Lega (regionali 2000), anche se soltanto attraverso delle alleanze, che ci saremmo trovati a vivere un periodo di dura (e insanabile?) contrapposizione tra la Periferia ed il Centro. 
E' il destino dei sistemi istituzionali facilmente soggetti ad entrare in fibrillazione a seconda degli equilibri politici del momento. Sistemi Istituzionali che non sono in grado di garantire armonia di rapporti istituzionali perché troppo legati ad una concezione plebiscitaria dell'azione di governo a qualunque livello essa si svolga. 

Nulla di più scontato, quindi, che In alcune Regioni si stia concretamente lavorando per realizzare dei referendum consultivi attraverso i quali esercitare un'influenza politica decisiva nei confronti del Parlamento e delle altre Regioni, e questo al fine di arrivare ad imporre la "scelta politica" di provvedimenti di cosiddetta devolution secondo uno schema di progetto federale che ha il chiaro scopo di realizzare un assetto politico-economico iperliberista. 
Una bomba in mano a degli apprendisti stregoni, tutti tesi soltanto a produrre meccanismi di delegittimazione dell'attuale ordinamento, che se non verrà disinnescata produrrà pericolose lacerazioni del tessuto sociale, in un crescendo di pronunciamenti popolari localistici, con ogni probabilità il più delle volte illegittimamente indetti, che vedranno gl'interessi degli uni contrapporsi duramente agl'interessi degli altri. 

Riguardo a questi tentativi di contrapporre "popolo" a "popolo", la Corte Costituzionale si è già espressa (sentenza n. 470, 1992) dichiarando l'illegittimità costituzionale di una delibera regionale del Veneto con la quale, già nel 1992, s'indiceva un referendum consultivo per la presentazione di una proposta di legge statale, da parte della regione Veneto, per la modifica di disposizioni concernenti l'ordinamento delle Regioni. Era ed è evidente che l'indizione del referendum consultivo aveva poco a che vedere con l'esigenza di sincerarsi se il Consiglio regionale poteva o no procedere in quella direzione (perché, allora, non avere simili remore per ogni atto deliberato?). Piuttosto, era sin troppo evidente il tentativo politico di delegittimare, sulla base di un'espressione localistica, l'intero sistema istituzionale. 
Una sorta di primo tentativo di referendum per la devolution che oggi si vorrebbe riproporre, cercando di aggirare le argomentazioni della Consulta e, "perché no?" nella convinzione che il Governo, tanto più se di analogo orientamento politico, potrebbe esimersi dal sollevare la questione di legittimità innanzi alla Consulta.  

Queste pagine hanno quindi lo scopo e l'ambizione di costituire un punto di partenza per tentare di capire le tendenze in atto, con la viva speranza di non ritrovarsi a fare la cronaca degli atti illegittimi ed anticostituzionali dei quali già ora si comincia a percepire la presenza nelle proposte di delibere presentate ai consigli regionali al fine di indire referendum consultivi su questioni che non riguardano ambiti territoriali ristretti, bensì gl'interessi dell'intero corpo elettorale della nazione che solo può decidere, nei modi e nelle forme vigenti nei momenti considerati, il come ridefinire le attribuzioni tra Stato, Regioni, Province e Comuni.   

Franco Ragusa