Riforme Istituzionali
 
Regione Friuli Venezia Giulia - 29 settembre 2002
Referendum confermativo su forma di governo e legge elettorale
 
Elettori aventi diritto
1.088.290 
Affluenza
250.979  -  23,1%
Voti validi
244.697  
No
178.766 - 73,05 %
65.931 - 26,95 % 
 
Il 29 settembre si svolgerà quella che avrebbe dovuto essere un'importante consultazione referendaria. In contro tendenza con l'attuale moda presidenzialista, la CdL, con anche i voti di Rifondazione Comunista, nel marzo del 2002 ha approvato una nuova legge elettorale che prevede, nei suoi punti più rilevanti:  
   l'elezione del Presidente della Regione da parte del Consiglio regionale;  
   la sfiducia costruttiva;  
   l'adozione, per l'elezione del Consiglio, del sistema elettorale di tipo proporzionale.  
  
All'approvazione della legge è poi seguita la raccolta delle firme, su iniziativa dell'Ulivo, per sottoporre  il nuovo testo elettorale al giudizio degli elettori.  
Ma come per tutte le consultazioni referendarie, non mancano, anche questa volta, le polemiche: scarsa informazione; finta partecipazione alla scadenza referendaria da parte delle forze del Polo (sul modello del referendum del 7 ottobre 2001), già pentite per aver approvato una legge in antitesi con la tradizione storica della destra.
 
Un altro Referendum fantasma 
  
Per chi non avesse ancora imparato la lezione del 7 ottobre 2001, data del fantomatico referendum istituzionale sulla riforma del Titolo V della Costituzione, c'è modo di recuperare: per il 29 settembre 2002 è prevista un'altra consultazione referendaria, per il solo Friuli Venezia Giulia, altrettanto importante (forma di Governo e legge elettorale) ed altrettanto sconosciuta . E' poi notizia di queste ultime ore (19 settembre) il totale disprezzo e disimpegno istituzionale, da parte della Giunta Galan, in Veneto, per il referendum chiesto per abrogare la legge sui "Buoni scuola".  
E' sin troppo evidente il filo comune che lega queste tre consultazioni: il colore politico degli organi di governo a capo di quelle che potremmo definire macchine per la "disinformazione istituzionale". 
Dapprima la maggioranza parlamentare dell'attuale Governo Berlusconi che, con scientifico tempismo, ritardò la costituzione della Commissione di Vigilanza RAI, per cui il primo referendum costituzionale della storia repubblicana si svolse in assenza di tribune politiche sulle reti del servizio pubblico; di seguito la barcollante (causa lotte intestine in Forza Italia) Giunta friulana; la Giunta veneta, infine.  
Ma se la matrice politica è sempre la stessa, le motivazioni sono però diverse: in alcuni casi non s'informa per perdere; in altri per vincere.  
Come dimenticare gli appelli per l'astensione al referendum del 7 ottobre da parte di larghi settori del Polo e della Lega? Lo scarso impegno nella campagna elettorale per il No?  
Furono così abili in questa loro politica di disimpegno, dissuasione al voto e di oscuramento che, per l'appunto, andò a votare soltanto un terzo degli elettori. Di fatto, però, non trattandosi di una consultazione referendaria vincolata al raggiungimento del quorum, gli unici a trarne vantaggio furono i sostenitori del Sì. 
Si disse, allora, che la consultazione aveva poco significato politico, in quanto nel giro di pochi mesi sarebbe arrivata la vera riforma federale del Polo. Il nulla che è sotto gli occhi di tutti credo confermi le previsioni di chi, in quei giorni, denunziava invece il rischio di un federalismo competitivo e non solidale che il Polo si sarebbe ben guardato dal modificare. Paradossalmente, l'assegnazione troppo spinta di competenze alle regioni, attraverso l'innovativo principio della legislazione concorrente (totalmente diversa dalla legislazione concorrente di tipo tedesco), sta creando problemi proprio ai superfederalisti del Polo; ed è soltanto la circostanza di avere un gran numero di regioni governate dal Polo che ha sinora impedito alla Riforma del Titolo V di decollare. Fosse stato l'Ulivo al Governo, avremmo visto i Ghigo, i Galan ed i Formigoni in assetto di guerra, pronti a reclamare ciò che il nuovo Titolo V della Costituzione assegna loro. Magari a colpi di referendum consultivi, questi sì "democratici" e da promuovere con grande dispiegamento di mezzi, come più volte è stato tentato nelle scorse legislature. 
  
Ciò che sta avvenendo in Friuli Venezia Giulia è l'esatta copia di quanto successo per la consultazione del 7 ottobre 2001. 
Anche in questo caso, per la validità del risultato non è richiesto il superamento di un dato quorum di partecipanti. Con quali vantaggi, quindi, fare una campagna elettorale di basso profilo? o non assolvere adeguatamente ai propri compiti istituzionali per far conoscere i contenuti della scadenza referendaria? 
Le forze politiche di destra interessate alla difesa della legge da loro votata, probabilmente perché riprese a livello nazionale (sempre con spirito federalista, s'intende), si sono via via defilate. Non esiste un comitato del No che le raccolga. Unici sostenitori della nuova legge: Rifondazione Comunista. 
Per il fronte del NO, invece, si registra un fervore d'iniziative che coinvolge i partiti dell'Ulivo sino ai massimi vertici (anche in questo caso, con forte spirito federalista?). 
Volendo fare delle previsioni: per gl'insofferenti dei ricatti bipolari, antipresidenzialisti e proporzionalisti convinti, non resta che sperare in un miracolo (con la speranza che la lezione della finta contrapposizione del 7 ottobre sia servita d'insegnamento a chi ancora si ostina a guardare alle questioni istituzionali con l'attenzione puntata sugli schieramenti, meno bipolari di quanto vogliano sembrare, piuttosto che sui contenuti). 

Diverso è il discorso per il referendum veneto, abrogativo, sui "Buoni scuola". 
Per la validità del risultato è previsto il superamento del quorum.  Si capisce bene, quindi, in questo caso, il perché di qualche "silenzio" istituzionale di troppo. Diversamente che per le altre due consultazioni, con un forte livello di astensione si può impedire che la legge venga abrogata. 
Siamo, però, di fronte ad un chiaro uso strumentale degli organi istituzionali, a tutto vantaggio di alcune forze politiche. 
Da elettore-ex presidente di un comitato per l'astensione, non mi sognerei mai di contestare la legittimità di un invito all'astensione da parte delle forze politiche; ma da Capo dell'esecutivo o da semplice rappresentante del Governo, avrei non pochi problemi nel guardarmi allo specchio. 
  
Franco Ragusa  

 
Il Messaggero Veneto - 11 settembre 2002  
   
Tribuna elettorale in tv: calendario del Corecom   
  
TRIESTE – Il Corecom del Friuli-Venezia Giulia, ottenuta la richiesta autorizzazione dalla Commissione parlamentare per la vigilanza dei servizi radiotv, sta organizzando le tribune referendarie e la messa in onda di messaggi autogestiti sulla Rai regionale in vista del referendum confermativo sulla legge elettorale regionale del 29 settembre.  
Queste le scadenze fissate: entro sabato 14 i soggetti politici legittimati alle trasmissioni potranno consegnare un messaggio autogestito (preferibilmente in formato Betacam per una migliore visione), per un minimo di un minuto e un massimo di tre minuti di durata, alla sede regionale Rai in via Fabio Severo 7 a Trieste. I messaggi potranno essere consegnati sia in italiano, sia in sloveno per la loro messa in onda su RaiTre regionale in italiano e sulla rete Rai 3 bis in sloveno nelle giornate dal 16 al 20 e dal 23 al 27.  
«Chi lo desidera - ha sottolineato il presidente del Corecom, Daniele Damele - potrà registrare il proprio messaggio in italiano e in sloveno (anche presentandosi con un proprio traduttore in sloveno) negli studi Rai di Trieste in via Fabio Severo 7 venerdì 13 settembre dalle ore 15 alle ore 18); Le Tribune referendarie andranno in onda, invece, nelle giornate del 19 e 20 e, poi, del 26 e 27 alle 12.55 su RaiTre regionale in italiano.     

  
Il Piccolo - 14 settembre 2002  
   
Annunciati i «tour» di Fassino, di Di Pietro e forse di Rutelli, mentre il Centrodestra attende il ministro Alemanno, che però non parlerà della consultazione      
Referendum, arrivano i «big» ma solo quelli del Centrosinistra   
  
Pietro Comelli 
  
TRIESTE - La scelta del sistema elettorale in Friuli Venezia Giulia arriva fino a Roma. Non è un caso che durante la campagna referendaria giungeranno in Regione numerosi big della politica nazionale. Tutti del Centrosinistra, schierato per il «no». Il segretario dei Ds, Piero Fassino, chiuderà la campagna elettorale il 27 a Udine e sarà nella stessa giornata presente a Gorizia, per commemorare in un convegno la figura del senatore Darko Bratina. Oltre alla Quercia, certa la visita per quel giorno, anche se il programma è ancora da definire, di Antonio Di Pietro (Italia dei valori) mentre non mancheranno esponenti di rilievo della Margherita. Martedì prossimo il consigliere Franco Brussa sarà a Roma per la direzione nazionale del partito, dove concorderà alcune manifestazioni assieme ai leader del movimento. «Non è escluso che venga Francesco Rutelli, altrimenti arriveranno Franceschini o Marini. Dal Friuli Venezia Giulia parte la riscossa del Centrosinistra, giacché sarà l'unica Regione a essere chiamata al voto prima delle elezioni europee», spiega Brussa, espressione di una Margherita che vuole contare elettoralmente ancora di più sul territorio.  
Atteso a Trieste, per la fine della prossima settimana, anche il leader «storico» dei referendari, Mario Segni. La campagna per le regionali del 2003 è, di fatto, già iniziata e la consultazione del 29 settembre assume una rilevanza nazionale. Lo scontro è molto semplice: il Centrosinistra punta a bocciare una legge passata in aula con i voti (41) del Centrodestra assieme a Rifondazione comunista e autonomisti. Tutto tace in seno alla Cdl. Forza Italia, An, Lega Nord e Ccd non chiameranno alcun leader di partito. «Sto preparando i manifesti e una lettera agli elettori, cose semplici. A differenza di altri, che stanno tutti da una parte, per noi questo referendum non è questione di vita o di morte, spiega il segretario regionale della Lega Nord, Beppino Zoppolato. Nessun esponente nazionale del Centrodestra, quindi, toccherà l'argomento e anche quelli locali si limiteranno a lasciare libertà di voto con l'indicazione di scegliere il «sì» confermativo. Giovedì 19 sarà in Regione il ministro all'Agricoltura Gianni Alemanno (An), una visita che verterà esclusivamente sul tema delle politiche agricole. Nella stessa parte della barricata per il «sì», Rifondazione comunista porterà qualche parlamentare, che il segretario regionale Roberto Antonaz contatterà personalmente la prossima settimana. Nei prossimi giorni la presenza dei dirigenti nazionali Gennaro Migliore e Milziade Caprile, prevista su altri argomenti, toccherà in parte anche il referendum.    
 
La Stampa - 27 settembre 2002  
   
Referendum, il Friuli domenica vota - Illy guida l´Ulivo, il Polo al via diviso  
   
TRIESTE - Campagna elettorale inesistente, con le tribune tv in Rai incominciate da pochi giorni, scarso interesse dei media, Casa delle libertà in imbarazzo costretta a difendere una legge che ha votato ma ora disconosce, Ulivo all´attacco che usa il referendum per cercare di conquistare la Regione. Sono questi gli ingredienti esplosivi del voto che dopodomani porterà alle urne oltre un milione di elettori del Friuli. In ballo c´è la possibilità di tornare all´elezione diretta del «governatore», come nel resto d´Italia, cancellata da una legge varata dalla Cdl in marzo che ripristina anche il sistema proporzionale. Contro questa legge l´Ulivo ha chiesto il «referendum confermativo». A guidare, «da testimonial» la battaglia per il «no» (cioè per non confermare il provvedimento) c´è l´ex sindaco ulivista di Trieste (dal `93 al 2002) Riccardo Illy - oggi deputato di centrosinistra -, che non nasconde di volersi candidare alle regionali della prossima primavera per strappare la guida della Regione al centrodestra. Il Friuli è una Regione autonoma a statuto speciale, ma se dovesse passare il nuovo sistema elettorale, già altre Regioni sarebbero pronte a «scippare ai cittadini», come dice Illy, il diritto all´elezione diretta del loro presidente: Marche e Calabria, in primo luogo. Secondo l´imprenditore del caffè prestato alla politica, «il voto di domenica è un test nazionale, per impedire la nascita di statuti regionali che cancellino l´elezione diretta: sono sicuro che vinceranno i "no", i due terzi degli italiani sono d´accordo con il presidente eletto direttamente». Convinto che sarà proprio un test nazionale lo è anche il segretario Ds Piero Fassino che oggi sarà in Friuli per appoggiare la campagnia elettorale dei referendari.  
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La Stampa - 29 settembre 2002  
  
Il Friuli sceglie tra proporzionale e maggioritario 
  
Elena Marco 

TRIESTE - Sorpresa: oggi in Friuli Venezia Giulia si vota. Per che cosa in Italia non lo sa quasi nessuno. In regione ne è informata una piccola parte. A Trieste - dove ancora oggi si mangia pane, burro e politica - lo sanno in tanti, ma non tutti. Una sola scheda, un solo quesito: in ballo c´è il sistema per eleggere il presidente della Regione. Lo devono votare i consiglieri regionali come prevede la legge approvata dalla Regione nel marzo 2001 o i cittadini come avviene in quasi tutte le regioni italiane? A deciderlo saranno 1.088.131 persone chiamate alle urne nella sola giornata di oggi, dalle 7 alle 22. Non essendoci un quorum da rispettare (è un referendum confermativo) basta che un solo elettore esprima il proprio voto per rendere valida la tornata. Poco importa: su questo tema si è litigato a sufficienza in questi giorni. «Se domenica andrà alle urne meno del 30% della gente - ha detto Beppino Zoppolato, segretario regionale della Lega - chiederò a Illy di pagare i danni. Questo referendum è solo uno spreco di soldi». Replica Illy: «I sondaggi parlano di un'affluenza del 30%. Sarebbe un ottimo risultato considerato che è stato fatto di tutto per lasciare i cittadini disinformati». «Quanta parte dei cittadini del Friuli-Venezia Giulia si recherà alle urne domani? Direi tra il 20 e 30%», dice Nicola Piepoli, presidente del Cirm. Come andrà a finire lo si saprà nella notte, lo scrutinio inizia alle 22 e prosegue a oltranza. Come si è arrivati a questo referendum è presto detto. La consultazione è stata voluta dai comitati per il no alla legge, comitati che si sono costituiti appositamente e che hanno contato su un testimonial ben noto: Riccardo Illy, ex sindaco di Trieste, oggi deputato del Gruppo misto. Illy, con il sostegno di quasi tutte le forze del Centrosinistra - dai Ds alla Margherita, dall'Italia dei Valori ai Radicali italiani - ha raccolto oltre 52 mila firme. Sull'altro fronte, le posizioni sono più differenziate: mentre Forza Italia e An hanno lasciato agli elettori libertà di scelta, per il sì alla legge sono schierati Lega Nord e Udc, ai quali si aggiunge Rifondazione comunista. Tutti insieme - i forzisti di Berlusconi gomito a gomito con i compagni di Bertinotti - hanno fatto in modo che di questo referendum se ne parlasse il meno possibile. Una campagna elettorale alla rovescia, in cui lo sforzo è stato tacere invece che parlare. Nel caso in cui vincesse il «no» le conseguenze sarebbero due: la prima è la candidatura di Illy. Solo in questo caso infatti l´industriale del caffè sarebbe disposto a candidarsi per il Centrosinistra. La seconda riguarda la modalità di votazione: le prossime elezioni regionali si svolgerebbero con il cosiddetto Tatarellum, non essendovi nè l'accordo politico nè i tempi necessari per approvare in tempo una nuova legge. Nel caso in cui vincesse il fronte del «sì» lo scenario che si aprirebbe sarebbe tutto da disegnare: Illy farebbe un passo indietro e il Centrosinistra si troverebbe a dover trovare un uomo candidabile. Al Centrodestra invece si spianerebbe la strada per la riconferma dell´attuale presidente della Regione, il forzista Renzo Tondo, che guida una Giunta sostenuta da una coalizione della Cdl.

 
 
 
Ulivo
  
Il Messaggero Veneto - 14 settembre 2002  
  
Referendum, Illy in campo coi big dell’Ulivo 
L’ex sindaco presenta il suo manifesto per il no. In arrivo i leader del centro-sinistra  
  
TRIESTE – Manifesti, spot, la partecipazione alle quattro tavole rotonde programmate dalla Rai, un carnet fittissimo di appuntamenti in tutto il Friuli-Venezia Giulia, con Segni, Fassino, i leader della Margherita, ma anche con gruppi spontanei di cittadini e con pubblici dibattiti. Due settimane di full immersion nella campagna referendaria, quelle che attendono Riccardo Illy, che ieri a Trieste ha spiegato in una conferenza stampa le ragioni del suo impegno. "Ci attende una fondamentale battaglia di democrazia, che investe anche il Paese. I cittadini hanno voluto l'elezione diretta di sindaci e presidenti di Province e Regioni, dando prova di gradire gli effetti di questa innovazione", ha detto il parlamentare. "Qui si cerca di impedire l'esercizio di questo diritto, però anche altrove si colgono i segni di un ritorno al passato. Molti consiglieri vorrebbero riacquistare potere rimettendo sotto tiro il presidente - il tumulto dei Ciompi, lo chiamo io - e hanno fatto dei tentativi, come in Calabria, rinunciando solo di fronte alla minaccia di una crisi". "Ora tutti guardano al Friuli-Venezia Giulia: se di qui venissero segnali di disattenzione da parte dei cittadini, la controriforma potrebbe andare avanti. E toccare, chissà, anche i sindaci", ha detto ancora Illy. "La legge votata dal centrodestra, con l'indicazione del presidente, è un'autentica presa in giro: chi vota crede di eleggere una persona che invece può essere messa da parte il primo giorno di legislatura, com'è successo in Sardegna". "Un presidente non sotto tutela è più autorevole, e ha più possibilità di realizzare gli impegni presi nel suo programma. Questo è particolarmente importante per la nostra regione, che è l'interfaccia del prossimo allargamento dell'Europa all'est. Si tratta, come ha detto a Cernobbio Romano Prodi, di un'opportunità straordinaria, e se intendiamo governarla e non subirla, se non vogliamo essere solo un territorio da attraversare, ci serve un governo di qualità, quale solo l'elezione diretta può garantire", ha concluso Illy. "Per questo invito tutti ad andare a votare, e a votare no, contro una legge che danneggia i cittadini nei loro diritti, il sistema regione nei suoi interessi". 


  
Il Gazzettino on line - 20 settembre 2002 
  
Referendum, l'Ulivo scricchiola 
Moretton: «Non rappresentano la coalizione». Ma anche all’interno di Forza Italia scoppiano le polemiche 
  
   Loris Del Frate 
  
Il pomo della discordia è l'incontro che questa mattina alle 11 si terrà a villa Ottoboni a Pordenone. Si parlerà del referendum elettorale e gli inviti di Daniele Capezzone, segretario dei radicali italiani, rischiano di destabilizzare l'Ulivo. Già, perchè questa mattina ad incontrarsi saranno Riccardo Illy, candidato in pectore del Centro Sinistra, Michelangelo Agrusti, forzistascomunicato, Bruno Malattia, presidente del comitato referendario, il consigliere regionale diessino Alessandro Tesini, Capezzone appunto e il radicale Stefano Santarossa. Nessuno della Margherita e nessun diessino locale. Secca la replica di Fulvio Comin, portavoce della Margherita provinciale. «Non siamo stati inviati, quindi non ci saremo». Rincara la dose il capogruppo in Regione Gianfranco Moretton, lapidario, ma chiarissimo. «Evidentemente questo incontro non rappresenta il Centro Sinistra». Ma anche i diessino locali, spiazzati per non essere stati inviati, sono in subbuglio, anche se nessuno vuole parlare.  

C'è maretta insomma in casa dell'Ulivo, proprio in dirittura d'arrivo del voto referendario che avrebbe dovuto, almeno nelle intenzioni, essere il primo vero trampolino di lancio di una lunga campagna elettorale che terminerà con le prossime regionali. Se da un lato è vero - spiegano dalla Margherita - che gli inviti sono stati fatti dai Radicali è altrettanto vero che gliinvitati, in un momento così delicato per la compagine del Centro Sinistra, avrebbero potutoinsistere per ampliare la rosa. E poi -altra accusa - questa mattina a rappresentare l'Ulivo della Destra Tagliamento non c'è nessuno.  

Il radicale Stefano Santarossa, padrone di casa, non fa certo parte della compagine ulivista del Friuli Occidentale, Michelangelo Agrusti anche se da subito ha abbracciato le tesi portate avanti dall'Ulivo è ancora in Forza Italia e l'avvocato Bruno Malattia almeno per ora, non ha spostato la causa del Centro Sinistra. Un incontro dunque che - come detto - rischia di lasciare una coda polemica e al quale la Margherita ha subito risposto, visto che per sabato ha organizzato un altro meeting sempre in riva al Noncello. Alle 10 al Vendramini infatti ci saranno oltre a Gianfranco Moretton, Alberto Rossi e Fulvio Comin, anche l'udinese Flavio Pressacco e il consigliere regionale Cristiano Degano.  
  
... segue nella sezione Polo-Lega

 
Polo-Lega
  
Il Messaggero Veneto - 17 settembre 2002  
  
Nessun fronte del sì organizzato a centro-destra, solo iniziative di singoli partiti. In campo anche l’Udc  
Referendum, la Cdl non si schiera 
Zoppolato (Ln): manifesti autonomi. Romoli: voto libero, ma Fi informerà. An assente  
  
  Tommaso Cerno 
  
UDINE – Il fronte organizzato del sì targato centro-destra per la conferma della legge elettorale varata a marzo non ci sarà. La Casa delle libertà sceglie dunque il profilo basso e, ieri pomeriggio, in un vertice regionale a cui mancava però Roberto Menia di An, trattenuto a Roma da impegni istituzionali, decide di muoversi in ordine sparso, lasciando liberi i singoli partiti della coalizione di decidere modi e termini delle eventuali prese di posizione per il sì alla legge. 
L’impegno comune delle forze del centro-destra sarà quello di illustrare agli elettori e ai cittadini della regione le ragioni che portarono al voto favorevole alla riforma elettorale in consiglio regionale a marzo, per opporre al comitato promotore del referendum del 29 settembre i motivi che spingeranno la maggior parte degli esponenti della Cdl a votare sì. 
In prima linea la Lega Nord regionale, guidata dal segretario Beppino Zoppolato, che ha già predisposto due manifesti per chiedere ai suoi elettori di confermare col proprio voto il sistema con indicazione del presidente votato dall’aula. «Il primo manifesto che ho illustrato agli alleati - spiega Zoppolato - dirà sì all’autonomia, mentre il secondo chiederà ai cittadini del Friuli-Venezia Giulia di scegliere il proprio presidente, votando sì». In una lettera inviata a tutti gli iscritti del Carroccio, Zoppolato entra nel merito delle ragioni che spingono il movimento di Bossi a difendere l’operato dell’aula: «Per noi - continua il segretario regionale - non è una questione di vita o di morte quel referendum, come invece è per la sinistra. Credo che la legge che abbiamo fatto sia più rispondente del tatarellum alle esigenze di questa regione, per cui lo dirò ai miei elettori e cercherò di spiegarlo a tutti. Questo è un dovere, così come è giusto che si sappia che per ragioni politiche strumentali l’Ulivo ha fatto spendere per il referendum oltre 6 milioni di euro che potevano essere utilizzati in altri campi, come l’assistenza». Forza Italia resta sulla posizione ufficiale espressa prima dal coordinatore nazionale Roberto Antonione e, lo scorso venerdì, da Ettore Romoli: «Non consideriamo il referendum una cosa di vitale importanza - spiega il coordinatore regionale di Fi - Decideranno i cittadini. Per quanto ci riguarda spiegheremo alla gente le ragioni che ci portarono a sostenere la legge approvata in aula». Nessuna decisione, invece, rispetto a manifesti o possibili iniziative: «I singoli gruppi ed esponenti - continua Romoli - sono liberi di prendere posizione. Sui modi stiamo ragionando». Sul fronte di An, la posizione della federazione di Udine, che raccoglie consenso anche nell’Alto Friuli e nel goriziano è quella di difendere la legge votata dal consiglio per poi introdurre l’elezione diretta del presidente. Anche se, nel partito di Fini, le voci non sono tutte concordanti. Anche l’Udc è pronto a spiegare le ragioni della legge elettorale, anche se Enzo Cattaruzzi del Cdu chiede di attendere i congressi della nuova formazione politica per prendere decisioni comuni.  


  
Il Gazzettino on line - 20 settembre 2002 
  
Referendum, l'Ulivo scricchiola 
Moretton: «Non rappresentano la coalizione». Ma anche all’interno di Forza Italia scoppiano le polemiche 
  
... (parte dell'articolo nella sezione Ulivo) 
  
  Loris Del Frate 
  
Ma se in casa dell'Ulivo il cielo si annuvola di brutto, dove già piove è nel Centro Destra. I più feroci sono i forzisti che fanno capo a Michele Agrusti. «Noi - spiega Adriano Bomben - al referendum voteremo "No". Questa è la nostra posizione ancor prima dell'approvazione della legge regionale. Ma si tratta - a nostro avviso - della posizione naturale di Forza Italia, basti pensare che lo stesso Berlusconi è per l'elezione a suffragio universale del presidente della Repubblica. Oggi invece la Casa della Libertà è ancor più Forza Italia, non riescono a trovare una posizione con cui orientare l'elettorato. Meraviglia inoltre - conclude - che non si avverta la necessità di informare almeno dirigenti ed iscritti sul perchè si tace o sul perchè si dovrebbe votare questa o quella posizione». 


 
Il Piccolo - 23 settembre 2002 
 
Ad appena sei giorni dalla consultazione referendaria sulla legge elettorale regionale, dalla «base» della Casa delle libertà arriva l’ennesimo scossone  
Pordenone, sei sindaci azzurri sostengono il «no» 
Manifesto siglato da 24 amministratori pubblici forzisti in carica: fanno riferimento al «ribelle» Agrusti  
  
  Elena Del Giudice 

PORDENONE - Il referendum sulla legge elettorale sancisce la spaccatura in Forza Italia. A muoversi, ancora una volta, è il fronte pordenonese capitanato dall’ex coordinatore, oggi commissariato, Michelangelo Agrusti. Sei sindaci, sugli otto complessivi a guida forzista nel Friuli occidentale, tre assessori e quindici consiglieri comunali si mobilitano per sostenere il fronte del «no» e sottoscrivono un documento con il quale chiariscono le motivazioni di questa decisione, annunciano la propria dichiarazione di voto, invitano i cittadini a non disertare le urne. 
Enrico Riservato (Arzene), Tommaso Olivieri (Barcis), Claudio Colussi (Casarsa), Silvano Carpenedo (Cavasso Nuovo), Alceo Della Valentina (Claut), Giuseppe Bressa (San Quirino) sono i sei primi cittadini; mentre i restanti amministratori sono equamente distribuiti tra i vari Comuni del Pordenonese. 
«Il 29 settembre – si legge nel documento divulgato ieri – si vota per un referendum importante. Si sceglierà se il presidente di questa Regione sarà eletto dai cittadini o solo indicato». Per gli amministratori forzisti «l’efficienza e la stabilità del sistema politico-istituzionale della Regione – a giudizio dei firmatari – viene garantito solo da un collegamento diretto tra la volontà degli elettori e chi viene chiamato a guidare le istituzioni». Questo già avviene per l’elezione dei sindaci, dei presidenti di Provincia e dei presidenti delle Regioni a statuto ordinario, rilevano ancora i sottoscrittori i quali, proprio per cercare di garantire anche in Friuli Venezia Giulia l’attuazione di quel collegamento, annunciano che domenica si recheranno ai seggi per esprimere la propria opinione negativa nei confronti della legge elettorale votata dal Consiglio regionale. Conseguente l’invito ai cittadini a fare altrettanto. 
Di fronte a un partito, Forza Italia, che ai suoi massimi livelli di articolazione del potere in Friuli Venezia Giulia opta per riconoscere libertà di voto, in una parte del territorio si fa vera e propria compagna elettorale, tra l’altro, per rimarcare i deficit di una legge che la stessa Forza Italia aveva voluto affermare.  
... 
 

 
Rifondazione
  
Il Piccolo - 25 giugno 2002  
  
Antonaz conferma la linea originale  
Rifondazione non molla: "Legge elettorale da salvare, anche a costo di restare soli"  
  
 Pietro Comelli  
  
TRIESTE - Indietro non si torna, a costo di rimanere da soli e contro tutti. È la posizione di Rifondazione comunista in merito alla legge elettorale, votata in aula assieme al Centrodestra e oggi rimasta senza padri. A difendere quel testo ("perché meno peggio del Tatarellum") resta il baluardo dei bertinottiani. Senza imbarazzi, anzi con orgoglio. "Abbiamo una linea di condotta precisa - spiega il consigliere Roberto Antonaz - e senza sbavature. Per noi proporzionalisti vale il motto ogni testa un voto, la democrazia è una conquista e non cambiamo opinione". Valeva quindi la pena votare assieme a una coalizione certamente non omologa come la Casa delle libertà, scatenando le ire feroci del Centrosinistra che, per quei due voti in più (41 consiglieri), è stato costretto a un notevole supplemento nella raccolta firme per indire il referendum contro la legge elettorale.  
Il bipolarismo? "È una forzatura che ingabbia gli elettori in percorsi coatti, che portano alla disaffezione". Il presidenzialismo? "L'inverso della partecipazione, poiché concentrato tutto su una persona. Basta pensare al berlusconismo e al modello Usa".  
Rifondazione comunista insomma non ci sta, ma soprattutto non accetta che sia il Centrosinistra a farsi paladino di queste tesi. "Che il Centrodestra fosse su queste posizioni - rileva Antonaz - lo sapevamo già, ma che l'Ulivo abbracci tutto questo è incomprensibile. In giro per l'Italia i governatori si sono montati la testa, per le candidature si cercano ovviamente personaggi dal portafogli pieno e che sappiano acquisire l'elettorato moderato. Così si snatura la politica".  
Il rifiuto al Tatarellum, che entrerebbe in vigore nel caso il referendum bocciasse la legge, è spiegato come il rigetto all'accentramento dei poteri. Una scelta democratica, che spinge affinché si svolga il referendum senza sotterfugi trasversali. "Avremmo preferito che il Centrosinistra si occupasse di sanità, assistenza e ambiente - bacchetta i "cugini" Antonaz - ma adesso, per rispetto dei cittadini, va garantita la chiamata alle urne. Noi voteremo "sì" e pensiamo che si verificheranno delle sorprese. Da una parte c'è un pezzo della Confindustria, ma la base cattolica e di sinistra non ha voluto firmare e anche i Verdi sono contrari al Tatarellum. Una norma che prevede la mostruosità del listino, pronto a falsare la rappresentanza territoriale e mette al primo posto il presidente, dopo i programmi".  
Dopo la vittoria di Gorizia, grazie anche ai voti di Rc, le intese per le regionali appaiono però un'altra cosa. "Nelle amministrative è più facile accordarsi sul programma - sostiene Antonaz - mentre per il governo del Friuli Venezia Giulia le cose sono diverse. La candidatura Illy? Ogni giorno ha la sua pena, adesso pensiamo al referendum".  
 
 
La CGIL
 
Il Messaggero Veneto - 19 settembre 2002   

Referendum elettorale, la Cgil si mobilita 
Iniziative del sindacato contro il “silenzio” del centro-destra. Illy e Cianci: massimo impegno per il 29  
 

UDINE – La Cgil in campo per portare il maggior numero di cittadini alle urne il 29 settembre. Secondo i vertici regionali del sindacato, infatti, il centro-destra sta cercando di far passare sotto silenzio la consultazione e serve la massima mobilitzazione. «Avremmo preferito modalità - spiegano i vertici del sindacato - e tempi capaci di consentire un dibattito meno sommario e maggiori possibilità, per i cittadini della regione, di approfondire una tematica dai molteplici risvolti». 
«Si è scelto invece di anticipare la data - prosegue la Cgil - secondo un disegno che sembra puntare ad una partecipazione bassa, a ridurre il peso dell'espressione dei cittadini. Una concezione opposta a quella che vede nel legame sempre più stretto tra la conoscenza delle questioni, il merito dei problemi, e dunque la partecipazione consapevole, la cifra della nostra democrazia». «Da parte nostra - conclude la segreteria regionale Cgil - sentiamo la responsabilità di sostenere scelte che aiutino la formazione di programmi chiari ed impegnativi e invitiamo cittadini, lavoratori e pensionati a partecipare al voto. 
Un appello pienamento condiviso da Riccardo Illy, che ha partecipato all’incontro promosso da Gabriele Cianci del comitato liberal-democratico per il referendum: «Abbiamo parlato solo di referendum - spiega l’ex sindaco di Trieste - anche perché in questo momento mancano solo 10 giorni alla consultazione e serve concentrare l’attenzione su questo passaggio fondamentale, che avrà un peso enorme anche sulla campagna elettorale dell’anno prossimo. Vincere al referendum significa garantire alla nostra regione non solo di allargare il significato del loro voto, ma di dare alla regione un governo autorevole e stabile». 
Secondo Illy e Cianci, ogni altro tema, alleanze comprese, deve essere rinviato a dopo il 29 settembre: «La posta in gioco è altissima - continua il deputato giuliano - perché si tratta di garantire alla regione di poter finalmente usare i poteri che ha, non come un handicap rispetto alle regioni ordinarie, ma come un fattore di vantaggio, scommessa legata alla possibilità di affrontare con un ruolo attivo anche questo momento storico, quello dell’allargamento ad est». A questo, secondo Illy, va aggiunta una seria devolution, capace di trasferire competenze reale agli enti locali e di superare i gap e i vuoti legislativi nazionali, i cui danni spesso vengono imputati ai comuni. 

 


 
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