Gli interventi di "Riforme istituzionali"

N° 105 - 06/06/97
Da il manifesto: Stefano Rodotà

LA POLITICA E' SCONFITTA


CHE DIO ce la mandi buona. Ma, per favore, che nessuno interpreti questa mia invocazione come un'eco lontana di quel "Veni, creator spiritus" evocato da Benedetto Croce nel 1947, quando l'Assemblea costituente si accingeva a discutere il progetto di Costituzione. Oggi, dopo quel che è accaduto nella commissione Bicamerale, l'unica speranza è che, per una di quelle imperscrutabili astuzie della storia, il fato, il caso o una mano divina ci diano un qualche equilibrio istituzionale non troppo lontano dalle logiche della democrazia. La politica no, perché essa è stata la grande assente dai lavori della Bicamerale, a meno che non la si voglia confondere con gli ammiccamenti, gli abboccamenti, le telefonate, le bozze multiuso, le preoccupazioni di sopravvivenza personale o di partito.
E' mancato un vero progetto politico, e così il campo è stato lasciato libero per le scorrerie di chi voleva ridicolizzare il lavoro di riforma della Costituzione, di chi voleva soltanto scompaginare le mosse della partita in corso tra Polo e Ulivo. La sinistra non esce sconfitta perché ha prevalso un progetto diverso da quello per il quale ha votato. Esce sconfitta perché in nessun momento ha espresso una identità o una cultura costituzionale. Quando la discussione sulla forma di governo nasce all'insegna del "questa o quella per me pari sono", si può pretendere tensione politica o morale nel momento delle scelte?

La contrapposizione frontale tra destra e sinistra in occasione dell'ultimo voto ha vanificato l'obiettivo che stava alla base di quell'atteggiamento di rinuncia alla ricerca di una caratterizzazione netta della posizione della sinistra: la necessità di un'ampia maggioranza per le riforme istituzionali. Si dirà che questa convergenza vi è stata sugli altri tre documenti approvati dalla Bicamerale. Ma questa considerazione non può certo cancellare il fatto che una rottura si sia determinata proprio sul punto più significativo, quello destinato a dare il tono all'intera riforma. Anzi, i pericolosi pasticci visibili negli altri tre testi, e soprattutto in quello sulla giustizia, rappresentano una controprova dell'improvvisazione e della strumentalità con le quali è stata condotta l'intera operazione di riforma costituzionale.
Ora si cercherà di recuperare qualcosa, in un clima che esalterà proprio i difetti che hanno caratterizzato tutto il lavoro della Bicamerale: la propensione alla negoziazione infinita, al "tu mi dai una cosa a me, io ti do una cosa a te". E' vero che popolari e Rifondazione annunciano battaglia. Ma questa è una tardiva, e forse inutile, dichiarazione di guerra, che arriva fuori tempo come una sorta di ritorsione, dopo che s'era rinunciato a porre con chiarezza le condizioni politiche e programmatiche per un comune progetto di riforma.
Dire che ha vinto la destra è vero, ma non basta. Hanno vinto la confusione, il puro spirito di manovra, l'approssimazione. Mai, in nessun momento, la Bicamerale ha dato la sensazione di saper andare oltre la schermaglia quotidiana, di cercare una interpretazione attenta ad un qualche spirito del tempo. Che Dio ce la mandi buona.


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