Non entriamo in Bicamerale.
Dopo l'approvazione dei testi della commissione bicamerale si apre
una fase di eccezionale importanza, se si vuole dare visibilità
alla questione sociale nella ridefinizione di parti rilevanti del
patto costituzionale. E' per questo che noi, dirigenti sindacali,
che in tutta la fase di lavoro interno della Commissione abbiano
mantenuto solo un'attenzione ininfluente, abbiamo deciso ora di
scendere in campo per correggere alcuni arretramenti e favorire
altresì spazi di avanzamento e riforma che sono sembrati
preclusi.
Nel passaggio alla discussione parlamentare, un accordo
"blindato", ma sostanzialmente vulnerabile rispetto ad ulteriori
pressioni conservatrici che si sono subito manifestate nelle
prime reazioni, e che ribadisca una separatezza tra società e
stato, proprio quando in Europa si riaprono le speranze di
respingere l'attacco al diritto al lavoro che ha caratterizzato
le politiche economiche e sociali degli ultimi 20 anni, potrebbe
nuocere alla sinistra ed al sindacato confederale.
Sotto la pressione della globalizzazione dell'economia e
dell'unificazione monetaria la destra ha spinto per cambiamenti
istituzionali che indebolissero il riconoscimento formale del
valore sociale del lavoro e delle sue tutele, a vantaggio
dell'impresa e del mercato. A nessuno sfugge come il liberismo
sociale e politico respinga il concetto stesso di questione
sociale o di diritto al lavoro e punti alla separatezza tra
stato-apparato e società, restringendo così alla radice la
democrazia politica, economica, sociale.
Nuovo patto sociale
La discussione in Bicamerale non è stata immune da questo
attacco, anzi, lo ha registrato quasi in sordina, non
contrastandone a fondo il messaggio negativo.
In tutti i paesi europei è in fase di ridefinizione il patto
sociale, ma dopo una lunga tendenza al dilagare del liberismo,
oggi i popoli cominciano a proporre scelte di segno opposto,
particolarmente visibili in Inghilterra e Francia e da sempre
evidenti in Germania ed in Italia dove sono organizzati i più
forti movimenti sindacali.
La partita si fa più che mai aperta: anzi, l'affermazione di
un'Europa sociale ed il rinnovamento e rafforzamento del suo
modello di welfare, cominciano a diventare il discrimine del
confronto politico sull'identità europea nella competizione
globale.
Risulta così fuori luogo che le proposte di modifica
istituzionale che scaturiscono dalla bicamerale siano esposte
senza adeguate reazioni al rischio di una riduzione della
democrazia sociale, mentre il dibattito prevalente restringe i
nodi della democrazia politica alla sola questione della
governabilità.
Una grande discussione
Dobbiamo preoccuparci che non venga indebolita la tutela degli
interessi del lavoro mentre non ci deve sfuggire che la stessa
battaglia per la piena occupazione e per l'università dello stato
sociale risentirà delle modalità con cui si attuerà nel nuovo
contesto istituzionale il controllo politico e sociale
sull'accumulazione e sulla distribuzione della ricchezza, sia tra
i ceti sociali che tra le zone ricche e quelle povere del paese.
Le soluzioni che si sono profilate sono cariche di ambiguità e
solo una discussione a tutto campo, con una forte dislocazione di
tutto il sindacato, può ancora correggere un'impostazione che sta
invadendo nei fatti quella prima parte della Costituzione, che
invece il lavoro di riforma della bicamerale non avrebbe dovuto
toccare.
Riteniamo che la discussione in parlamento debba riconsegnare al
paese una questione sinora discussa in ambiti troppo ristretti,
con il rischio che l'unico movimento in grado di incidere e di
portare modifiche all'accordo raggiunto potrebbe paradossalmente
essere quello secessionista e che le uniche istanze sociali di
cui alla fine tenere conto siano quelle che legittimano e
giustificano l'evasione fiscale o, quelle che, sinteticamente,
reclamano la centralità costituzionale dell'interesse del privato
e dell'impresa.
I rischi per il lavoro
Non si può sottacere che una riduzione del ruolo del parlamento,
a cui sia per composizione che per attribuzioni venga lasciata
sempre di più una funzione di controllo e sempre meno di
direzione, emargini ulteriormente la rappresentanza delle
soggettività sociali più deboli, già coinvolte in inediti e aspri
vincoli dalla ristrutturazione tecnologica e produttiva.
Così il pluralismo di interessi, compresi quelli di cui si fa
carico il sindacato continuerebbe a manifestarsi nelle forme del
conflitto sociale, senza però trovare efficaci sbocchi di
composizione istituzionale, per ridursi alla sola pratica della
concertazione con un esecutivo sempre più forte.
L'autonomia del privato
Dalla lettura di alcuni testi emerge una pericolosa autonomia del
privato che fa recedere le funzioni del pubblico. Si può così
profilare una prevalenza dell'impresa sul lavoro, del tutto
estranea alla nostra Costituzione, quasi che quest'ultimo possa
inevitabilmente essere inglobato e sussunto dall'impresa.
Preoccupano al riguardo sia i tentativi confusi di
"costituzionalizzazione di Maastricht", sia i contenuti della
"bozza D'Onofrio", in cui emerge chiaramente la tendenza, sotto
la copertura formale del federalismo, di affermare il principio
della superiorità degli interessi privati rispetto a quei vincoli
sociali e a quei diritti, che invece per il testo del '48
costituiscono il limite formale e sostanziale posto al mercato ed
al profitto.
Ambiguo risulta anche il ruolo assegnato alle regioni, che
sembrano assorbire per delega un potere verticistico puramente
"deconcentrato" e soggetto a rischi di frantumazione con
implicazioni deteriori per lo sviluppo e l'integrazione del
Mezzogiorno, senza essere né soggetti della programmazione
nazionale né promotrici di quelle autonomie locali che hanno
consentito anche alle forze del lavoro di agire sul territorio
per promuovere diritti partecipazione ed uguaglianza sostanziale
di tutti i cittadini, al nord come al centro o al sud.
La rappresentanza
Alcune questioni urgenti per il sindacato, poi, non sono state
sinora neppure affrontate o indicate tra le priorità, anche se il
lavoro della bicamerale ha spesso invaso i temi della
legislazione ordinaria dalla giustizia al sistema elettorale.
La rappresentanza sul territorio e la democrazia di base,
compreso il riconoscimento per legge della rappresentanza dei
lavoratori e della validazione dei contratti, attendono un
effettivo riconoscimento. Manca un confronto sui limiti del
potere finanziario e dell'autorità monetaria, nonché sulle forme
ed i contenuti della democrazia industriale ed economica nella
fase della mondializzazione dell'economia. Mentre è evidente il
rischio di dare il via alla frantumazione del sistema
contrattuale e dei diritti, sia rispetto alla contrattazione
decentrata, sia, a maggior ragione, rispetto allo stesso
contratto nazionale mettendo così in discussione l'unità sociale
ed economica della repubblica, indispensabile a quella
politica.
Un appello
Per tutte queste ragioni riteniamo che il confronto sulle linee portanti della ridefinizione del patto costituzionale debba uscire dagli ambiti angusti e specialistici nei quali sinora è stato racchiuso. Proprio perché vogliamo che non si realizzi un surrettizio ribaltamento delle priorità sociali della Costituzione ancorata al diritto, al lavoro ed ai diritti provenienti dal lavoro, riteniamo indispensabile che il confronto sulla riforma della Costituzione divenga un grande dibattito politico e sociale e sollecitiamo quindi l'intero movimento sindacale, le organizzazioni della società, il mondo diffuso dell'impegno politico e culturale, il mondo del volontariato, le soggettività organizzate, le persone, a prendere la parola.
Mario Agostinelli, Adriana Buffardi, Giorgio Cremaschi, Michele Gravano, Mario Loizzo, Paolo Nerozzi, Fulvio Perini, Gianni Rinaldini, Claudio Sabattini
Indice Interventi (solo testo)