Gli interventi di "Riforme istituzionali"

N° 116 - 10/07/97
Franco Ragusa

Re: Sulle iniziative di modifica dell'Istituto del referendum (N. 113)

Scritto da Franco Ragusa:

>Egr. I. D.,
...
>Ed e' per questo che mi sento in dovere di chiederle un approfondimento
>riguardo all'articolo uscito a pagina 11 del 25/6/97.
>Confesso di essere rimasto molto sorpreso dal giudizio positivo da
>lei espresso riguardo alle modifiche che sarebbero state apportate, in
>sede di Commissione Bicamerale, all'Istituto del referendum.
...
>Quello che pero' non capisco, e' perche' mai si debba gioire del fatto che si
>voglia innalzare il numero delle firme e che si sia previsto un limite
>riguardo al numero di referendum che possono svolgersi in un anno.

Mi replico da solo per fare una doverosa correzione. L'ultimo periodo del terzo comma dell'art. 106 dice che la legge "Determina il numero massimo di referendum da svolgere in ciascuna consultazione elettorale".
Il limite e' cioe' riferito al numero di referendum che possono svolgersi in una singola consultazione, con questo non escludendo che possano svolgersi piu' consultazioni in un anno.
Fatta questa precisazione, ritengo di poter mantenere intatte le critiche rivolte a questo tipo di previsione; tanto piu' dopo aver letto il resoconto della seduta N. 46 della Bicamerale nella quale l'articolo in questione e' stato votato.
Che la legge possa infatti predisporre piu' consultazioni in un anno, non esclude che con le solite 800.000 firme si possa comunque ingolfare tutto il meccanismo.
E a nulla varrebbe predisporre, come prefigurato da D'alema, dei criteri di individuazione dei vari Comitati promotori al fine di turnificare equamente le diverse proposte: una volta le 5 del tal Comitato; la volta dopo le 5 di un altro Comitato. Su quale base, infatti, potrebbero essere identificati i comitati per definire i gruppi di proposte di volta in volta da sottoporre al voto? Insomma, una regolamentazione difficilmente realizzabile.
Al di la' di questo, ritengo poi grave che non si sia comunque fissato un minimo di criteri in sede di testo costituzionale, rinviando il tutto alla legge che sara'. Come dire: un film gia' visto.
La legge in questione, infatti, non esiste ed e' tutta da fare. Se quindi in ipotesi non e' escluso che, in base a questa futura legge, potranno tenersi piu' consultazioni referendarie in un anno, non e' neanche escluso il contrario; come non e' da escludere che per attendere il varo di questa legge passino diversi anni.
Mi permetto di ricordare un paio di vicende.

Prendendo ad esempio l'art. 75 dell'attuale Carta Costituzionale, che istituisce l'istituto del referendum abrogativo, nell'ultimo comma puo' leggersi: "la legge determina le modalita' di attuazione del referendum.
Si sono dovuti attendere "soltanto" 22 anni per veder realizzata questa legge; 22 anni per i quali e' cosi' venuta a mancare la possibilita' di ricorrere ad uno strumento formalmente previsto, ma sostanzialmente negato.
Stessa sorte e' toccata all'attuazione delle Regioni ordinarie. Il primo comma dell'art. 128, infatti, affida ad una legge della Repubblica "il sistema d'elezione, il numero e i casi di ineleggibilita' e di incompatibilita' dei consiglieri regionali". Legge che e' arrivata 20 anni dopo, nel febbraio del 1968.

Insomma, abbiamo passato degli anni denunciando l'inapplicazione della Costituzione, rilevando che cio' e' stato possibile non soltanto per colpa della classe politica, ma anche e soprattutto perche' nella Carta Costituzionale mancavano e mancano delle adeguate predisposizioni normative in grado di attuare i principi e i diritti formalmente sanciti; ed ora, e' proprio la sinistra (l'emendamento votato e' di Rifondazione) a ribadire il principio che, come sottolineato da D'alema: "... la Costituzione prevede una facolta', poi sara' la legge a precisare".


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