Gli interventi di "Riforme istituzionali"

N° 129 - 28/11/97
Da il manifesto: Pietro Ingrao

Oggi al Parlamento.

CHE COSA divertente: la destra del Polo e della Lega fa ostruzionismo alla camera contro il decreto legge sull'Iva, e Berlusconi gonfia i muscoli pomposamente contro il governo Prodi prevaricatore e contro la spoliazione dei poteri dell'assemblea parlamentare. E la stampa nostrana sghignazza sui deputati stremati che devono correre al bagno o invocano il "pappagallo", felice sempre - la stampa italiana - quando può mettere in ridicolo gli odiati parlamentari. E non si può nascondere che un elemento di ridicolo c'è in questa destra che adesso inalbera la bandiera della difesa del parlamento, essa che da anni ha fatto e fa l'esaltazione della concentrazione dei poteri in un Presidente della Repubblica carismatico e della politica chiusa nelle mani di una oligarchia.
E tuttavia - al di là della comicità involontaria - l'episodio segnala un problema non piccolo: la combinazione e l'intreccio dei decreti legge a cascata e dell'abuso della questione di fiducia: tema già emerso nella vita delle nostre assemblee sin dagli anni Settanta, e ci furono allora anche dubbi e allarmi sulla deriva cui poteva portare questo imbrigliamento del potere parlamentare di intervento sulla fattura delle leggi. Si parlò allora anche di un parlamento che si riduceva a mettere i timbri sulle leggi fatte dal governo, con uno spostamento di poteri fatale per il ruolo delle assemblee elettive e per la decisione sulle leggi. Non a caso la ideologia oggi dominante è: scegliete il leader, e a tutto penseranno lui e la sua squadra, gli altri non rompano troppo le scatole.
La cosa strana è come questa strategia così limpidamente oligarchica poi si è venuta fissando nelle decisioni della Bicamerale in tema di riforma del parlamento. Attualmente abbiamo in Italia un parlamento di quasi mille persone: una esagerazione, uno sproposito, uno sbaglio. La prima e più semplice cosa da fare sarebbe snellire questo pachiderma. Nessuno invece osa più parlare di monocameralismo: per esempio un parlamento di 200 persone, con un ricorso selettivamente rigoroso all'assemblea plenaria solo in certi casi e con una struttura di sostegno davvero capace di aiutare i parlamentari a lavorare in contatto reale con il paese. Questa idea semplice e coraggiosa (di chi crede davvero a un parlamento funzionante) è ormai "vitanda" e sta bene: darebbe troppa forza e autorità all'assemblea parlamentare.
Ma le proposte della Bicamerale sono sbalorditive. Si parla ancora di una camera dei deputati pletorica che possa essere di 500 o 400 membri (come se cento membri in più o in meno fosse un dettaglio). Si propone un senato che su molta parte della legislazione manterrebbe gli stessi poteri dell'altra camera. E infine - come se non bastasse - si avanza la proposta di una terza "Camerina" (la chiamo così per comodo), che si integri con il senato in certi casi e costituisca la rappresentanza del potere locale. Quindi niente monocameralismo, anzi un tricameralismo con un intreccio di poteri, di compiti e di soggetti che sfido chiunque a spiegare all'uomo della strada.
Domando: ma perché? Perché questa costruzione barocca che non annulla la cosiddetta "navetta" fra Montecitorio e Palazzo Madama, e che non solo renderà più contorto il funzionamento pratico ma renderà più difficile l'imputazione della rappresentanza cioè il capire chi fa le leggi?
Signori parlamentari, per favore volete ripensarci un momento? Altrimenti succederà ancora di più che il parlamento appaia un perditempo, a maggior gloria dei decreti leggi e del ricorso alla "fiducia", ammesso che anche questi non vengano - a un certo momento - considerati un impiccio insopportabile. C'è sempre il rischio di qualcuno che dica: dobbiamo fare presto, non si può perdere tempo con le litanie dei dibattiti parlamentari. E la politica sarà sempre più affidata agli oligarchi, e - perché no - al Capo.


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