Gli interventi di "Riforme istituzionali"
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N° 147 - 08/03/98
Franco Ragusa

Referendum elettorali: una delega in bianco ai "partitocratici".

E così anche Di Pietro si è unito al gruppo dei cosiddetti referendari: tutti uniti in questa nuova crociata contro il sistema elettorale proporzionale; peraltro già ridotto ad un misero ed ininfluente 25%.
Ma cosa si propongono questi "salvatori della patria"?
Aggirare l'ostacolo costituito dalle sentenze della Consulta. Per cui, anziché abrogare la quota proporzionale residua del 25%, si fa la scelta di assegnare questa quota ai migliori secondi arrivati nell'ambito delle circoscrizioni elettorali. Se ad esempio, cioè, in una regione veniva prima recuperato un tot di candidati senatoriali sulla base del voto complessivamente preso dalla lista di appartenenza ai quali questi candidati erano abbinati; con la proposta ideata dallo sconosciuto Emilio Colombo (onore al merito, quanto meno, per un ragazzo invece ben conosciuto nell'ambito delle aree di discussione telematiche) il recupero verrà effettuato tenendo conto dei migliori secondi arrivati, indipendentemente dal voto di lista. Abbinamento di lista che, peraltro, si propone di cancellare, permettendo così anche delle candidature indipendenti e la possibilità di recupero anche per questi candidati.
Cosa cambia rispetto al vecchio sistema?
Che se la basi di partenza sono il raggiungimento di un sistema bipolare, o addirittura bipartitico ... di peggio non si poteva escogitare.
Ad esempio, questo recupero potrebbe stimolare iniziative avventurose delle piccole realtà politiche che hanno nel localismo il loro punto di forza. Già ora, con il collegio uninominale, le aggregazioni di voto localistiche hanno grandi possibilità di riuscita; figuriamoci cosa potrebbe avvenire se gli si desse pure la possibilità di un recupero non più fondato su di una presenza politica territoriale estesa. E che fine fa il bipolarismo di fronte alla possibilità di queste tante possibili microfratture potenzialmente in grado di eleggere tanti candidati localistici quanti sono i campanili d'Italia?
Ma anche il concetto di "voto utile", tanto caro ai sostenitori del maggioritario, che costringe gli elettori a votare una forza politica con concrete possibilità di vittoria nell'ambito dello scontro di collegio, che fine fa di fronte alla possibilità di tentare il "terno al lotto" del miglior secondo posto? Non ci sarà la tendenza a creare tanti terzi poli in grado d'inserirsi in questo tipo di redistribuzione, potendo prospettare ai propri elettori la possibilità di arrivare?
In altre parole, con la trovata del recupero dei migliori secondi, nella migliore delle ipotesi c'è da prevedere un'ulteriore frammentazione politica; nella peggiore, l'amplificazione dell'arma del ricatto delle formazioni minori, specie se di centro.
E in tal senso, a nulla valgono i calcoli della ricerca fatta da Mariotto Segni. Lui, o chi per lui, infatti, ha fatto dei conti applicando il nuovo modo di computo dei seggi, di quella che dovrebbe essere la nuova legge elettorale, ai risultati di una consultazione svoltasi con una diversa legge elettorale. Possibile mai che a queste menti illuminate non è venuto in mente che se cambia la legge elettorale, cambierà pure l'approccio che i partiti e le forze politiche avranno con la nuova legge?
Certo, facendo questo tipo di conti Rifondazione perderebbe dei seggi relativamente alla quota proporzionale, ma quanti seggi uninominali potrebbe invece contrattare con l'Ulivo l'eventuale unione Rifondazione+Verdi+Rete per non presentarsi in contrapposizione? Avendo infatti la speranza di conquistare qualche seggio attraverso il recupero dei secondi, ai partiti minori potrebbe venire voglia di tentare l'avventura; ma così facendo per i partiti maggiori si aprirebbe l'incognita della vittoria che conta, il "governo del Paese".
In altre parole, di fronte alla possibilità di perdere voti, i partiti maggiori potrebbero essere costretti a fare maggiori concessioni di collegi ai partiti minori. E figuriamoci allora quale ricatto potrebbero mettere in piedi le forze politiche di "centro", che già oggi godono di un forte potere di contrattuale, essendo in grado di spostare da un polo all'altro i pochi voti che servono per vincere.

Fatte queste considerazioni, viene logico pensare che l'obiettivo di questa nuova campagna referendaria sia un altro, non legato al risultato legislativo concreto raggiungibile con il "voto diretto" dei cittadini, bensì diretto ad ottenere una sorta di mandato a legiferare per cambiare l'attuale legge. Come dire: la firma su di una cambiale in bianco.
In altre parole, il risultato del referendum non è la legge che viene proposta attraverso l'abrogazione, ma l'implicita negazione dell'intera legge elettorale vigente che viene però abrogata soltanto in alcune sue parti, e quindi il mandato a legiferare che da questa negazione deriverebbe.
Ma allora, cosa diavolo andranno a votare i cittadini con questo referendum?
Il doppio turno di Di Pietro, o il turno unico di Pannella?
E chi sarà, fra i tanti, il degno rappresentante della volontà degli italiani, nel caso questi dovessero decidere di votare per l'abrogazione?
E sì, perché sta tutta qua l'anomalia di certi referendum abrogativi. Si vota per una legge di risulta (il risultato dell'abrogazione), ma poi tutti a sostenere che la volontà che si è espressa con il voto indichi ben altro. E questo è quanto avviene in ogni occasione referendaria.
Senza andare molto lontano con la memoria, basti ricordare le polemiche riguardo all'attuale legge elettorale, che ha il torto di mantenere una quota proporzionale del 25%, come però del resto veniva mantenuta dalla legge di risulta del referendum elettorale per il Senato del '93. Ma è di questi giorni l'attacco di Di Pietro che parla di referendum tradito, in quanto con le nuove leggi elettorali si sarebbe fatto entrare dalla finestra ciò che gli italiani avevano fatto uscire dalla porta.
Ma possibile mai che a Di Pietro, ai vari Segni o Pannella, non venga invece in mente che nel '93 gli italiani potrebbero aver deciso per una legge elettorale sì maggioritaria, ma comunque in grado salvaguardate un minimo di rispetto di regole democratiche, mantenendo la possibilità di rappresentanza alle forze politiche non marginali al di fuori del coro?
Che possa piacere o no ai vari salvatori della patria, nel '93 si voto per una chiara legge elettorale maggioritaria al 75% e proporzionale per il restante 25%. E' questo ciò che gli italiani votarono nel '93, e non altro!
Ma come detto, ai salvatori della patria non interessa quello che si vota concretamente, bensì che ci sia modo di avere occasione per poter rivendicare per sé la corretta interpretazione della volontà degli italiani.
Insomma, l'importante è che si voti per qualcosa, e a tutto il resto ci penseranno loro, forti del "mandato" ricevuto.


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