Gli interventi di "Riforme istituzionali"
http://www.mclink.it/assoc/malcolm/riforme/interventi/indice.htm


N° 151 - 02/06/98
Franco Ragusa

Bicamerale: chi semina vento, raccoglie tempesta!

Come e perché ci sia più di qualcuno disposto a sorprendersi di fronte alla probabile fine della Fase Costituente avviata con l'istituzione della Commissione Bicamerale per le riforme, desta decisamente sorpresa!

E sì che le premesse per arrivare al punto di rottura (che sembra sì insanabile e ormai consumato... ma la politica riserva sempre delle sorprese; specie di questi tempi, dove è divenuto atto da statisti consumati smentire oggi quello che solennemente si è affermato il giorno prima) c'erano tutte.

Prima la rigidità sui contenuti. La Bicamerale nasce con un tacito accordo: se le incertezze sulla forma di governo avevano dato motivo ad AN di affossare il tentativo Maccanico, come poteva nascere un nuovo tentativo di lavoro se non dando più d'una certezza, da parte dell'Ulivo al Polo, al riguardo?
Chi continua infatti a sostenere che il semipresidenzialismo passò grazie al blitz della Lega, dimentica che, Lega o non Lega, l'Ulivo aveva i numeri per far passare la propria opzione; perse però 4 voti decisivi lungo la strada. Insomma, in un modo o nell'altro la strada della forma di governo era segnata sin dall'inizio: o il sempresidenzialismo poi passato in bicamerale; o una sorta di elezione diretta di un Premier-Presidente che, cambiata la forma, non mutava però la sostanza delle cose.

Poi l'altra condizione decisiva imposta dal Polo: il referendum unico. Vera e propria anticamera per far digerire anche l'indigeribile, vedi l'intervento sulla giustizia. Di fatto l'unico modo per poter imporre determinate scelte sulle questioni specifiche, pena il fallimento dell'intero progetto. E sì che soltanto un paio di mesi fa tutti a gridare alla scandalo per le dichiarazioni del P.M. Colombo, che denunziava il clima di ricatto nel quale si stava svolgendo la partita sulle riforme; per poi arrivare oggi a sentire dalla viva voce dei leaders ulivisti, che tanto avevano criticato Colombo, che Berlusconi rompe sul semipresidenzialismo perché non è stato accontentato sulla giustizia.

Insomma, viste le premesse, ma soprattutto i risultati, c'è da mordersi le mani per non aver agito coerentemente sin dall'inizio, rifiutando da subito la procedura adottata, tanto più che la procedura lasciava chiaramente intendere quali accordi sottobanco fossero in ballo.

Questa, chiaramente, è una critica rivolta a chi questi accordi li ha sempre rifiutati. Un rifiuto, però, che non ha mai coinciso con un'iniziativa politica di delegittimazione. Si è cioe' preferita la politica degli equilibri sottobanco alla politica dei principi. Si è cioè preferito giocare le proprie carte sul palcoscenico della politica piuttosto che lavorare nei quartieri, nei posti di lavoro, nelle scuole, per cercare di spiegare che la Bicamerale andava rifiutata perché viziata dal ricatto delle destre e perché non rappresentativa di tutte le istanze politiche del paese.

Ed oggi, i motivi che indussero anche i più contrari ad accettare l'istituzione della Bicamerale e del referendum unico si ripropongono con più forza: la destra è ora più compatta di ieri nell'invocare un'Assemblea Costituente senza vincoli di mandato.

Ma visti i risultati della precedente battaglia di ripiego, c'è ora da sperare che di fronte a tanta retorica e demagogia si riesca a trovare la forza per opporre una battaglia di principi e non di opportunità politica: le destre vanno infatti affrontate smascherando l'ipocrisia della loro proposta, opponendo all'invocazione dell'appello formale al popolo una consultazione vera, sostanziale, dell'opinione dei cittadini. Si modifichi l'art. 138 nel senso di attribuire ai cittadini il potere di eleggere le Camere o i rappresentanti dell'eventuale Organo di revisione costituzionale sulla base di progetti votati e scritti nero su bianco, da riconfermare con un voto successivo da parte dei nuovi eletti (sul modello di costituzioni come quella belga o spagnola ), e non sulla base di mere ipotesi che potrebbero voler dire tutto e il contrario di tutto.

È troppo chiedere questa banale norma che permetterebbe ai cittadini di esprimersi, in una fase intermedia del processo di revisione costituzionale, su qualcosa di concreto e non di vago?

 


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