Gli interventi di "Riforme istituzionali"
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N° 160 - 14/11/98
Da la Repubblica e il manifesto

Contro l'ingerenza del Vaticano, un appello per lo stato laico.


1) Sì all'autonomia e al pluralismo dello stato. 2) No alle ingerenze delle gerarchie ecclesiastiche. 3) Sì alla rigenerazione della scuola pubblica. 4) No al finanziamento statale diretto o indiretto delle scuole confessionali. 5) Sì alla libertà di insegnamento. 6) No a trucchi per aggirare il dettato costituzionale: "Senza oneri per lo stato". 7) Sì alla libertà di espressione di tutte le religioni. 8) No ai privilegi della chiesa cattolica. 9) Sì alla libertà delle scelte morali e culturali di ciascun individuo. 10) No a una legislazione che provoca disuguaglianza tra i cittadini.

Esiste anche un'altra Italia. E se ne deve tener conto. L'Italia laica di chi crede che la convivenza civile si fondi sullo spirito critico di ciascun cittadino. Di chi condanna ogni integralismo ideologico o religioso. Di chi è determinato a rispettare e difendere le regole della tolleranza e del dialogo. Di chi non fa confusione tra religione e ideologia politica, tra fede e posti di governo e sottogoverno. Di chi sa che la libertà dello stato si fonda sulla sua autonomia. Di chi soprattutto trova ripugnante voler imporre agli altri, soprattutto alle nuove generazioni, valori univoci e verità rivelate. Il tutto con i soldi pubblici. Di chi vorrebbe che l'individuo maggiorenne fosse padrone di se stesso e quindi libero di scegliersi le proprie relazioni e la propria morale. Di chi vorrebbe che all'individuo minorenne non fossero imposte, né dallo stato né dalla famiglia né dalle chiese, visioni del mondo univoche e totalizzanti che condizionano fortemente il suo futuro. Di chi pensa che ogni singolo debba avere effettivamente la massima libertà d'esprimersi, coltivare e realizzare la sua personalità, senza altri vincoli se non quelli derivanti sia dalla libertà degli altri sia dall'obbligo di promuoverla, garantirla, difenderla.

Siamo molto preoccupati dalle ricorrenti e sfacciate rivendicazioni clericali, dalle aperte ingerenze sui pubblici poteri, ma ancor più dall'acquiescenza e dai segnali di resa delle forze politiche e culturali che hanno, o dovrebbero avere, valori pluralistici contrapposti al fondamentalismo nostrano. Corriamo il rischio, frutto del neocinismo imperante, che sia messa sotto i piedi la nostra costituzione e i principi di laicità che fondano lo stato moderno. Soltanto concezioni ferme al medioevo possono ancora concepire l'indivifuo sottoposto a autorità ideologiche esterne e il pluralismo come la sommatoria di sistema chiusi e imposti.

Il principio dello stato moderno, quello che ha salvato l'Europa dalle guerre religiose e ha garantito la libertà di culto, è la distinzione fra diritto e morale. La gerarchia ecclesiastica cattolica non si è ancora pacificata con questo principio. Essa interviene pesantemente sia sull'attività del governo e del parlamento sia, addirittura, sulle trattative per la formazione degli esecutivi. Poiché i cattolici non hanno più (o ancora) un solo grande partito, è il Vaticano a farsi partito. Già da tempo, il papa ha lanciato ufficialmente la campagna politica contro una legge democraticamente voluta dal popolo italiano (quella che regola l'interruzione volontaria della gravidanza) e contro proposte di legge o politiche dei governi locali che riguardano la regolamentazione della fecondazione artificiale e il riconoscimento delle coppie di fatto. Oltre a continuare a battere cassa pubblica per le proprie scuole confessionali.

Ugualmente aperto è il contenzioso tra una pratica laica e gli ambienti politici cattolici che si fanno portavoce della chiesa cattolica sulla negazione della donazione dei gameti che va contro la libertà di procreazione, e sulla limitazione delle tecniche, accettate ovunque, per la terapia della sterilità. Ugualmente inaccettabile è il monopolio dei cattolici nel Comitato nazionale per la bioetica.

La chiesa interferisce - come non succede in nessuno degli stati occidentali - direttamente nelle scelte politiche della nostra repubblica, perché non accetta quello che per lo stato liberale e democratico è invece il fondamento indiscutibile: "Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono quindi uguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni pubbliche, di condizioni personali e sociali (art. 3 della costituzione).

E' chiaro che lo stato non impone, né privilegia particolari scelte morali. Secondo la chiesa romana, invece, i cittadini non dovrebbero essere trattati egualmente, ma in relazione alla loro adesione ai principi religiosi cattolici. Questa pretesa, occorre ribadirlo con forza e senza ambiguità alcuna, è in totale disaccordo con il nostro patto costituzionale e con la cultura politica nella quale i cittadini italiani si riconoscono tramite questo patto.

Confidiamo che il governo difenda questa fondamentale prerogativa di civiltà, che sia davvero il governo di tuti e non il governo dei cattolici praticanti. Invitiamo cittadini, politici, sindacalisti, amministratori, studenti, movimenti, associazioni, riviste a firmnare e far firmare questo appello. Per aderire rivolgersi alla fondazione Critica Liberale (fax 06-6867981, e-mail md1736@mclink.it, via dell'Orso 84 00186 Roma).

Giorgio Bocca, Critica Liberale, Alessandro Galante Garrone, Paolo Sylos Labini, Vito Laterza

 


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