Ragionevoli proposte per prevenire il rischio che la Costituzione sia sfogliata come un carciofo
- ROMA
FRA LA DEMAGOGIA dell'appello al popolo e la contrattazione
tra vertici politici a cui (speriamo di no) potrebbe ridursi la bicamerale, c'è di mezzo la cura per l'opinione pubblica e il
controllo democratico sulla revisione costituzionale. Obiettivo difficile, in tempi in cui l'informazione risente di un assetto
televisivo dichiarato incostituzionale e tenuto in piedi, paradossi della politica, proprio per contrattare l'avvio delle
riforme costituzionali. C'è chi tuttavia a questo obiettivo non rinuncia, nella sacrosanta convinzione che le riforme
riguardino il patto democratico del paese e che con metodo democratico vadano impostate e discusse. Con questa
convinzione si insedia da oggi un osservatorio sulla bicamerale, per seguirne e commentarne
in tempo reale i lavori, dialogare con la commissione, informare e sollecitare l'opinione pubblica. Stefano Rodotà,
presidente dei comitati Dossetti, presenta il progetto insieme con Gianni Ferrara, Alessandro Pace e Massimo Luciani, e
snocciola i nomi degli altri giuristi che condividono l'impresa: Umberto Allegretti, Enzo Balboni, Lorenza Carlassare, Ugo De Siervo,
Mario Dogliani, Luigi Ferrajoli, Giorgio Ghezzi, Alessandro Pizzorusso, Ugo Rescigno, Ugo Spagnoli. Con una premessa
necessaria di questi tempi: contrariamente alla vulgata ormai in auge in buona parte della sinistra, non c'è nessuno
scontro fra conservatori e innovatori; ma sul che cosa e sul come di una innovazione ritenuta dai più, e da
tempi non sospetti, necessaria.
Il come dunque. Ricorderà Alessandro Pace che, quanto al metodo, già la legge istitutiva della bicamerale
l'ha strappato in più punti. Stracciando il 138. Consentendo una revisione non per
punti, come la Costituzione richiede, ma complessiva. E istituendo il referendum confermativo sul "pacchetto" delle
riforme, che per sua natura non può che assumere una valenza plebiscitaria. Ma tant'è, la commissione
così nasce. Occorre dunque farne almeno buon uso. E quattro "istruzioni per l'uso"
indica per l'appunto Rodotà. Primo, la composizione: che sia rappresentativa delle diverse posizioni che esistono in
parlamento. Secondo, i limiti del mandato: più si ampliano le materie più si amplia lo spazio della negoziazione, e in
contemporanea con la discussione parlamentare su due nervi scoperti come la proposta Flick e l'assetto televisivo. Terzo,
l'intangibilità della prima parte della Costituzione, che se non è uno slogan formale significa che le modifiche
dell'ordinamento non devono entrare in contraddizione con i principi. Quarto, la
pubblicità dei lavori: si discuta alla luce del sole e l'informazione faccia la sua parte. Quattro sono anche le virtù
del buon legislatore che Luciani raccomanda alla commissione: equilibrio nel bilanciare revisione e radicamento della Carta del
'48, coerenza e completezza del disegno riformatore a partire dalle connessioni strette tra forma di stato e forma di governo,
ragionevolezza nello scegliere soluzioni flessibili e non cadere nella trappola della rigidità, che invece che stabilizzante
potrebbe rivelarsi destabilizzante.
Il riferimento è soprattutto alla forma di governo. Sulla quale non c'è in gioco solo la decisione e la
governabilità, ma anche la rappresentanza, avverte Ferrara: una formula tutta incentrata
sulla delega e l'investitura negherebbe di fatto il carattere rappresentativo della democrazia italiana, e disegnerebbe dunque
una seconda parte della Costituzione in contrasto con la prima, con conseguenti rischi di incostituzionalità della riforma:
anche le leggi di revisione, è bene ricordarlo, sono sottoposte al controllo della Corte. Analogo problema, sottolinea
Pace, per una riforma dell'ordinamento giudiziario che negasse lo statuto dei
diritti: l'auspicio è che la materia-giustizia non entri in bicamerale, ma è un auspicio destinato a essere
smentito (Cossiga ha già presentato la sua proposta di riforma in fatto di controllo dell'esecutivo sul pm, e non
sarà l'unica).
Le assicurazioni sull'intangibilità dei principi costituzionali possono rivelarsi molto fragili. Segni e i suoi non demordono
dall'assemblea costituente, Berlusconi ha ribadito, nell'intervento alla camera di mercoledì, di voler tenere aperta
la strada della revisione della prima parte, i poteri forti lavorano a una svolta ultraliberista. Conviene immaginare fin
d'ora le prossime tappe, dice Rodotà: proprio se le riforme andranno in porto, si tornerà a votare con le nuove
regole molto presto. O la Costituzione uscirà rafforzata dalla Bicamerale, o
non è fantascienza pensare che una maggioranza diversa da quella di oggi potrebbe sfigurarla definitavamente.
Magari, per ironia della storia, con la procedura regolarissima dell'articolo 138 e senza nessuna bicamerale.
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