FRANCIA: Quinta repubblica addio? 5 famosi costituzionalisti contro la monarchia repubblicana
- PARIGI - "La crisi francese non è soltanto sociale, ma anche morale e istituzionale". Mentre in Italia tutti guardano con
ammirazione al "modello francese", qui è omai chiaro che il sistema della Quinta repubblica è arrivato a
esaurimento. Lo stanco dibattito elettorale per le legislative anticipate e
l'indifferenza dei cittadini, lo dimostrano. Per rispondere a questa crisi, che mette in pericolo la stessa democrazia, che
"non sta bene", cinque eminenti costituzionalisti - Guy Carcassonne, Olivier Duhamel, Yves Mény, Hugues Portelli e
Georges Vedel -propongono delle riforme istituzionali, con modifica della Costituzione. Contro la monarchia repubblicana,
che si è costruita sul presidenzialismo, propongono la riduzione da 7 a 5 anni del mandato presidenziale, chiedono
un ricorso più frequente al referendum, la fine del cumulo dei mandati (che permette, per esempio, al primo ministro
Alain Juppé, di cumulare ben otto cariche), un riequilibrio istituzionale a favore dei poteri locali e delle misure precise
per "rendere lo stato più imparziale".
Prima che la "febbre francese" si manifesti una nuova volta, i
costituzionalisti propongono che venga deciso democraticramente
il passaggio dalla Quinta alla Sesta repubblica. "La Francia ha
già conosciuto - scrivono su "Le Monde" - dei periodi in cui un
sistema incapace di evolvere, delle classi dirigenti incapaci di
rinnovarsi, delle volontà inadatte a rinvigorirsi, l'hanno
lasciata incerta e un po' alla deriva. Tutti si sono conclusi con
dei drammi".
Oggi, i francesi sono delusi. Per la prima volta da quando è
stato istituito nel '75, il tradizionale sondaggio dell'istituto
Sofres (per dei quotidiani regionali) sul bilancio del
presidente, ha dato risultati negativi: a due anni dalla
conquista dell'Eliseo, il 7 maggio del '95, il 64% dei francesi
giudica negativamente il bilancio di Jacques Chirac. I giovani
tra i 18 e i 24 anni sono i più severi: Chirac è impopolare tra
loro al 73%. Seguono i giovani tra i 25 e i 34 anni, che lo
giudicano negativamente al 71%. Per il 71% degli impiegati e il
73% degli operai, Chirac non è un buon presidente. Soltanto la
politica internazionale, e quella europea in particolare, evitano
un po' questo giudizio negativo (la politica europea è giudicata
"piuttosto postiva" dal 45% contro un 34% di scontenti). In
questo contesto, per rianimare un po' la campagna e dare coraggio
ai suoi, con un discutibile intervento, oggi Chirac pubblica una
"tribuna" elettorale su una dozzina di quotidiani regionali.
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