sentenza N° 15 del 2008
...
6.
– Questa Corte ha escluso – ancora in tempi recenti ed in
conformità ad una costante giurisprudenza – che in sede di
controllo di ammissibilità dei referendum
possano venire in rilievo profili di incostituzionalità sia
della legge oggetto di referendum
sia della normativa di risulta (sentenze numeri 45, 46, 47 e 48 del
2005); «ciò che può rilevare, ai fini del
giudizio di ammissibilità della richiesta referendaria, è
soltanto una valutazione liminare e inevitabilmente limitata del
rapporto tra oggetto del quesito e norme costituzionali, al fine di
verificare se, nei singoli casi di specie, il venir meno di una
determinata disciplina non comporti ex
se un
pregiudizio totale all'applicazione di un precetto costituzionale,
consistente in una diretta e immediata vulnerazione delle situazioni
soggettive o dell'assetto organizzativo risultanti a livello
costituzionale» (sentenza n. 45 del 2005).
6.1.
– In particolare, un giudizio di ragionevolezza sulla normativa di
risulta non potrebbe essere anticipato in tale sede per varie
ragioni.
Innanzitutto,
la ricomposizione del tessuto normativo inciso dall'ablazione
referendaria è frutto dell'opera interpretativa dei soggetti
istituzionali competenti. Il giudizio di ragionevolezza è
sempre espresso da questa Corte in esito ad una considerazione dei
principi costituzionali in gioco, con riferimento ad una norma
attuale, frutto dell'originario bilanciamento effettuato dal
legislatore, e già eventuale oggetto di interpretazione, in
prima battuta, da parte dei giudici comuni. Un giudizio anticipato
sulla situazione normativa risultante dall'avvenuta, in ipotesi,
abrogazione referendaria, verterebbe su norme future e incerte, in
palese violazione delle regole del processo costituzionale italiano,
che vietano al giudice delle leggi di procedere allo scrutinio di
costituzionalità senza che la questione sia sorta in occasione
di una concreta vicenda applicativa della norma censurata.
Del
resto, l'assenza di una soglia minima per l'assegnazione del premio
di maggioranza – che renderebbe, secondo talune prospettazioni,
inammissibile il quesito, in quanto potenzialmente foriero di una
eccessiva sovra-rappresentazione della lista di maggioranza relativa
– è carenza riscontrabile già nella normativa vigente
che, giova ricordare, non impone le coalizioni, ma le rende solo
possibili. L'abrogazione richiesta dal quesito referendario avrebbe,
per esplicita ammissione dei sostenitori dell'inammissibilità,
solo l'effetto di rendere più probabile l'attribuzione dei 340
seggi ad una lista con un numero di voti relativamente esiguo. Anche
una coalizione di piccoli partiti potrebbe, ad esempio, superare con
minimo scarto liste singole corrispondenti a partiti più
consistenti non coalizzati ed accedere in tal modo, con una bassa
percentuale di voti, al premio di maggioranza.
Altre
ipotesi potrebbero farsi, ma è sufficiente, ai fini della
valutazione del quesito in sé e per sé, rilevare che la
sua ammissibilità non può dipendere da possibili esiti
futuri, molteplici e imprevedibili, tali da aggravare, o non, carenze
già esistenti nella legge vigente.
Questa
Corte può spingersi soltanto sino a valutare un dato di
assoluta oggettività, quale la permanenza di una legislazione
elettorale applicabile, a garanzia della stessa sovranità
popolare, che esige il rinnovo periodico degli organi
rappresentativi. Ogni ulteriore considerazione deve seguire le vie
normali di accesso al giudizio di costituzionalità delle
leggi.
L'impossibilità
di dare, in questa sede, un giudizio anticipato di legittimità
costituzionale non esime tuttavia questa Corte dal dovere di
segnalare al Parlamento l'esigenza di considerare con attenzione gli
aspetti problematici di una legislazione che non subordina
l'attribuzione del premio di maggioranza al raggiungimento di una
soglia minima di voti e/o di seggi.
6.2.
– Si deve escludere altresì che il quesito sia in contrasto
con il principio costituzionale dell'eguaglianza del voto. Senza
entrare nel merito della normativa di risulta, che, come detto sopra,
non può essere sindacata in questa sede, bisogna dire che ...
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