Riforme Istituzionali
Schede di approfondimento su Italicum e riforma costituzionale Renzi-Boschi
 
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Riforme.net  - 8 ottobre 2016

  Scheda 3: Accentramento dei Poteri nelle mani del Governo e del Presidente del Consiglio


 a cura di Franco Ragusa

È vero o no che con la revisione della Costituzione targata Renzi-Boschi si accentrano i poteri nelle mani del Governo e, in modo particolare, nelle mani del Presidente del Consiglio?

A questa domanda, il Presidente del Consiglio Renzi non solo risponde un secco NO, ma addirittura rilancia ricordando che la revisione non tocca neanche un articolo nella parte della Costituzione riguardante le prerogative del Governo e del Presidente del Consiglio, e l'invito è appunto quello di indicare dove sarebbe mai possibile leggere di poteri accentrati.

L'ovvia risposta dei costituzionalisti è che la questione non può essere ridotta a mera lettura articolo per articolo, senza cioè considerare gli effetti combinati dall'insieme normativo realizzato.
Dal confronto Renzi-Zagreblesky sappiamo già, però, quale è stata e quale ancora sarà, in seguito, la risposta a questo tipo di rilievo: si indichi l'articolo dove sta scritto che abbiamo accentrato i poteri nelle mani del Governo e del Presidente del Consiglio.
Una sorta di disco incantato grazie al quale viene eluso l'esame approfondito circa i possibili effetti che la revisione costituzionale potrebbe determinare, effetti ben diversi da quelli tanto decantati dal duo Renzi-Boschi.
Già viste, però, le difficoltà incontrate per indurre i due novelli costituenti ad avere un approccio giuridico che non butti in discarica tutti gli insegnamenti del moderno costituzionalismo democratico, un modo per accontentare il Presidente del Consiglio forse è possibile trovarlo: articolo per articolo, "Vero o Falso?"

Vero o falso che “affidando il voto di fiducia alla sola Camera dei deputati si riduce il controllo del Parlamento sul Governo”?

Vero o falso che “potendo godere di una legge elettorale che consegna la maggioranza di 340 seggi della Camera dei deputati ad un solo partito (una maggioranza peraltro scarsamente rappresentativa dell'intero elettorato), ne potrebbe derivare un Governo senza freni e senza un reale contrappeso parlamentare”?

Vero o falso che “potendo godere di 100 fedelissimi nell'ambito della maggioranza parlamentare (i capilista bloccati), il Presidente del Consiglio potrebbe neutralizzare facilmente eventuali tentativi di sostituzione da parte della sua stessa maggioranza”?

Vero o falso che “il nuovo procedimento legislativo consegna al Governo ulteriori strumenti per imporre facilmente la veloce approvazione di propri testi di legge e dettare l'agenda del Parlamento”?

Per quanto riguarda le prime due domande, pur ritenendo si tratti di evidenze difficilmente confutabili, si rimanda all'approfondimento già svolto nella "Scheda 2".

Così come risulta altrettanto evidente il potere del “Capo della forza politica” nei confronti della propria maggioranza parlamentare: con l'Italicum, dei 340 seggi assicurati dalla legge elettorale, i 100 capilista bloccati risponderanno direttamente da lui.
    "E allora?" sono soliti obiettare i difensori della riforma, "Trattandosi di solo 100 deputati su 340, difficilmente il Presidente del Consiglio potrebbe imporsi sull'intera maggioranza parlamentare".
Non è proprio così, visto che "solo 100" è un numero sufficiente per determinare tutta una serie di conseguenze.
È infatti sufficiente che solo una parte di loro rimanga fedele al Presidente del Consiglio, per impedire che chi “ha vinto le elezioni” possa avere l'autosufficienza per sostituirlo.
Altresì, diverrebbe complicato sostituire i 100 fedelissimi con l'apporto limitato di altre forze politiche.
In altre parole, grazie ai "solo 100", un'eventuale sfiducia potrebbe avere il facile epilogo dello scioglimento anticipato, a meno che non si formi un nuovo Governo che, causa il numero elevato di deputati fedeli al Presidente del Consiglio da dover integrare, non potrebbe che essere un Governo di larghe intese, sempre che l'opposizione non preferisca giungere alle estreme conseguenze dello scioglimento.
Una maggioranza parlamentare, quindi, sempre sotto ricatto di elezioni anticipate e sostanzialmente priva di un effettivo potere di controllo dell'attività di Governo e del Presidente del Consiglio.
 
Un ricatto, inoltre, in grado di determinare il totale asservimento dei lavori parlamentari ai voleri del Governo, viste anche le modifiche apportate al sistema di formazione delle leggi.
Lasciando da parte che non vi sarà più il "fastidio" del Senato per tutta una serie di leggi, un Senato peraltro messo nelle condizioni di non poter operare con efficienza (si veda la Scheda 1), con la revisione si dota il Governo di un nuovo strumento.

Con l'ultimo comma del nuovo art. 72, "il Governo può chiedere alla Camera dei deputati di deliberare, entro cinque giorni dalla richiesta, che un disegno di legge indicato come essenziale per l’attuazione del programma di governo sia iscritto con priorità all’ordine del giorno e sottoposto alla pronuncia in via definitiva della Camera dei deputati entro il termine di settanta giorni dalla deliberazione."

Non fosse per la preventiva deliberazione, ovviamente scontata visti gli equilibri tra Governo e maggioranza parlamentare di cui sopra, la similitudine con i tempi stretti dello strumento dei decreti legge è impressionante.
Una modifica che rende leciti e non più impugnabili tutti gli abusi sino ad oggi compiuti dai Governi precedenti per imporre al Parlamento, attraverso l'uso improprio della decretazione d'urgenza, l'approvazione di propri disegni di legge con iter accelerato.
Senza più il fastidio di dover dimostrare urgenze e necessità, pertanto, il Governo potrà con facilità intasare i lavori d'aula con i suoi disegni di legge da far approvare in tempi record.

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